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Papa: governi non temano, Chiesa non fa politica

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(dall’inviata Eliana Ruggiero) –

Dalla Mongolia Papa Francesco rivolge uno sguardo alla Cina. Incontrando il clero nella Cattedrale di Ulan Bator (la comunità cattolica conta circa 1.500 fedeli nel Paese) il Pontefice rimarca che “il Signore Gesù, inviando i suoi nel mondo, non li mandò a diffondere un pensiero politico”, “ecco perché i governi e le istituzioni secolari non hanno nulla da temere dall’azione evangelizzatrice della Chiesa, perché essa non ha un’agenda politica da portare avanti, ma conosce solo la forza umile della grazia di Dio e di una Parola di misericordia e di verità, capace di promuovere il bene di tutti”. Le parole del Pontefice risuonano forti dopo che proprio il governo di Pechino ha vietato ai vescovi di recarsi a Ulan Bator per la visita papale.
E alle autorità mongole, nel suo primo incontro pubblico, Francesco lancia un appello a costruire insieme un “avvenire di pace” ricordando anche quanto sia “urgente” e “non più rimandabile” l’impegno per la tutela del paneta Terra.

A Ulan Bator sono presenti fedeli cinesi, arrivati con gli unici vescovi, cinesi sì ma giunti da Hong Kong e da Macao: il cardinale John Tong Hon, emerito di Hong Kong e l’attuale vescovo, il cardinale designato Stephen Chow; e il vescovo di Macao Stephen Lee Bun-sang.
L’ordinanza che vieta a vescovi e cattolici di recarsi in Mongolia per raggiungere il Pontefice è del Dipartimento del Lavoro del Fronte Unito del Partito comunista cinese. La disposizione sembra riflettere non solo il difficile stato attuale delle relazioni sino-vaticane, ma anche la paura del Partito comunista cinese nei confronti della religione, in generale, e del cristianesimo, in particolare.
Come si ricorderà la Cina e la Santa Sede hanno firmato il 22 settembre 2018 un accordo provvisorio (rinnovato due volte, nel 2020 e nel 2022) sulla nomina dei vescovi. Tra le parti è in corso un dialogo, anche se il rapporto non è privo di difficoltà.
Nel suo primo incontro con le autorità mongole, Francesco ha invece lanciato un appello a “costruire un avvenire di pace”. Il Pontefice ha lodato il Paese per “il suo impegno per i diritti umani”, per la “determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo” senza armi
nucleari e per aver abolito la pena di morte. “La Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale”, ha detto.

“Voglia il Cielo che sulla terra, devastata da troppi conflitti, si ricreino anche oggi, nel rispetto delle leggi internazionali, le condizioni di quella che un tempo fu la pax mongolica, ossia l’assenza di conflitti”, “passino le nuvole oscure della guerra, vengano spazzate via dalla volontà ferma di una fraternità universale in cui le tensioni siano risolte sulla base dell’incontro e del dialogo, e a tutti vengano garantiti i diritti fondamentali! Qui, nel vostro Paese ricco di storia e di cielo – ha aggiunto -, imploriamo questo dono dall’Alto e diamoci da fare insieme per costruire un avvenire di pace”.
A un mese dalla pubblicazione della seconda parte dell’enciclica Laudato si’, Francesco non manca, nel suo discorso di richiamare l’importanza della cura ambientale. Il Papa ricorda la sapienza “sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non
rompere i delicati equilibri dell’ecosistema” che “ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente e feconda”. “La visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per
ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente
e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra”, rimarca. “Voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile”, aggiunge indicando le tradizionali ger, “spazi abitativi che oggi si potrebbero definire ‘smart’ e ‘green'”, a impatto zero sull’ambiente. (AGI)
ELI