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Palermo ritrova la Vucciria, e Guttuso l'amico Sciascia

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AGI – Palermo ritrova la sua ‘Vucciria’, e Renato Guttuso riprende a ‘dialogare’ a palazzo Steri, l’edificio che fu sede dell’Inquisizione, con Leonardo Sciascia, che nel pittore di Bagheria aveva colto “il conterraneo, l’amico – la sua irresistibile vitalita’ e simpatia, la sua parola, il suo gesto – il suo gesto che dalla vita sconfina nell’arte senza soluzione di continuita’…”.

Lo scrittore di Racalmuto, che anche dopo la rottura maturata tra i due sul caso Moro non ha mai smentito queste parole, trasse proprio dai graffiti dei detenuti allo Steri materia per il suo “Morte dell’inquisitore”, in cui racconta l’omicidio di Juan Lopez de Cisneros ad opera di Diego La Matina, eretico in cui Sciascia trovo’ il proprio antenato spirituale. Fu l’amico Guttuso a disegnare, con il tratto nero della morte, il momento in cui quella ribellione era sfociata nel sangue in un attimo liberatorio e feroce; fu lui che nella tela indovinò, in modo stupefacente, ciò che sarebbe stato scoperto dai ricercatori anni dopo: il luogo dello Steri in cui Diego La Matina uccise il suo persecutore (un vano sul cui sfondo c’è una scala).

Il rimando fra i due intellettuali

Il rimando fra i due grandi intellettuali siciliani è stato continuo negli anni, fecondo, e sembra destinato a proseguire. La ‘Vucciria’, il dipinto più famoso di Renato Guttuso, è, infatti, tornata allo Steri, a pochi metri dai graffiti che inquietarono Sciascia. Percorrendo pochi passi è possibile stabilire un asse – quasi impossibile, quasi incredibile – tra i due versanti dell’anima: la passione, che emerge prepotente dalle pennellate del bagherese, e la ragione, incarnata dalla scrittura dell’autore di Racalmuto.

Prima di rientrare a Palermo, la Vucciria, che racconta il mercato ormai leggendario della città, era stata in trasferta nella Sala della Lupa a Montecitorio. Oggi, sottolinea l’Università di Palermo, è visibile in “un involucro nuovo di zecca, immersivo, struggente, cuore del nuovo percorso di visita che restituisce lo Steri alla citta’”.

Un’opera dipinta in due mesi nel 1974

Guttuso dipinse la tela nell’arco di alcuni mesi, nel 1974, facendo arrivare nel suo studio di Velate frutta e verdura di giornata per ricreare e poter così riprodurre, i colori del mercato palermitano. Oggi il quadro ha ripreso posto nell’antica sala delle Armi del palazzo medievale, a piano terra, dove era stato sistemato nel 2004 su iniziativa dell’allora rettore Giuseppe Silvestri. Qui la ‘Vucciria’ – 3metri x 3metri, Guttuso per dipingerla si servì di un elevatore per lavorare in quota – è stata collocata in una nicchia che “la accoglie come un abbraccio”. “Le figure sbozzate – spiegano i curatori della collocazione – si muovono tra pesci, frutta, verdura, quarti di carne”. “Una grande natura morta – scrisse Guttuso – con in mezzo un cunicolo entro cui la gente scorre e si incontra”.

La vista è immersa nei colori e nei movimenti delle figure (“Di tutti i personaggi del quadro possiamo infatti chiederci: stanno comparendo o scomparendo?”, si interrogò Andrea Camilleri); l’orecchio e’ teso ad agguantare le voci del mercato – le tipiche “banniate” – registrate e conservate negli archivi del Cricd, il Centro regionale del Catalogo. L’allestimento, curato da Marco Carapezza, Paolo Inglese e Maria Concetta Di Natale e realizzato dall’architetto Maria Carla Lenzo, e’ completato da alcuni pannelli con biografia, note critiche, scritti di colleghi e intellettuali, uno schizzo pubblicato dal Villabianca dell’antica Bocceria; sui monitor scorrono contributi video dalle Teche Rai, dal “Diario di Guttuso” realizzato da Giuseppe Tornatore nel 1982 e dal documentario del 1975 “Come nasce un’opera d’arte”.

“Un’icona della città”

“Quello di oggi è un momento molto atteso – ha sottolineato il Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, Fabrizio Micari – Lo Steri, che in ogni sua pietra custodisce un pezzo della storia di Palermo, e la Vucciria di Guttuso, un’icona rappresentativa della nostra città con i suoi colori e le sue luci ma anche con le sue ombre, tornano visitabili (dal 5 giugno) in una veste che ancora maggiormente esalta la realtà di un contesto storico e di un’opera semplicemente straordinari”. “La Vucciria di Guttuso diventa protagonista a tutto tondo della Storia plurisecolare del Palazzo Chiaromonte, con un allestimento molto curato, ricco di suoni, luci, immagini e descrizioni critiche che rendono straordinaria l’esperienza della visita in un contesto, quello della Sala delle Armi dello Steri, assolutamente unico”, sottolinea Inglese, direttore del Sistema museale di Ateneo Simua.

La ‘Vucciria’ è sicuramente il quadro più famoso di Renato Guttuso. “Lo è – spiega all’AGI Marco Carapezza, vice presidente degli Archivi Guttuso – per due ragioni: forse la Crocefissione è la sua tela più bella, ma questo è un quadro unico perchè coglie l’anima di Palermo, che l’ha adottato come cifra identitaria. Palermo considera questa tela la sua rappresentazione più forte: ce ne accorgiamo vedendo in giro la quantità di riproduzioni di questo quadro nelle botteghe, nelle case private; è stato adottato, insomma, dalla gente comune. Qui risiede, oltre che nella fama internazionale che lo circonda, la sua unicità. La città vi si riconosce: esso mostra le passioni forti, come il cibo, la sensualità, la socialità del mercato. E la morte. E’ quel senso di morte che permea Palermo: guardi il coltello che infilza la carne del bue, quel pesce spada mozzato. Brandi parlava di un ‘quadro nero’, in cui il nero profila tutte le cose e accompagna questo senso di morte. Palermo, che soggioga per la sua bellezza, per il suo fascino e la sua ricchezza, è una città di morte”.

Proprio qualche giorno fa la Vucciria, quella ‘fuori’ dalla tela, è stata scenario di un omicidio: “Esattamente. Palermo – sottolinea Carapezza – vede la morte continuamente presente. Questa tela è una natura viva, ma al tempo stesso è un quadro nero. La capacità di rendere il corto circuito tra queste due cose è la ragione del suo successo popolare”.

La Vucciria non esiste più

La Vucciria che Guttuso dipinse, in realtà, non esiste più, inghiottita in una movida che ha reso quei luoghi uguali a quelli di decine di città nel resto del pianeta. “In un certo senso, dicono alcuni – aggiunge Carapezza – il quadro ha ‘ucciso’ la Vucciria. Dopo la sua composizione, la Vucciria entra nel mirino di una particolare attenzione. Il cinema, ad esempio: fino agli anni Settanta i film girati a Palermo non hanno al centro quel mercato. Dopo il quadro nasce un’attenzione particolare: nessun film ambientato a Palermo può fare a meno del mercato della Vucciria. Il tipo di attenzione, però, ha trasformato quel mercato, facendolo diventare il luogo in cui sono andati ad abitare artisti, anche di linee completamente diverse tra loro”.

Se sono le “passioni forti” a muovere il pennello di Guttuso, la ragione torna, con l’amico Sciascia, a riprendere il proprio filo. “A Palermo un mercato è qualcosa in più di un mercato, cioè di un luogo dove si vendono vivande e dove si va per comprarne. E’ una visione, un sogno un miraggio. Un mangiar visuale“, scrisse quest’ultimo, prima che si spezzasse l’amicizia tra i due. “Il dialogo tra i due si interruppe, ma al tempo stesso non si interruppe mai. Sciascia – sottolinea Caraprezza – ripubblica il suo testo su Guttuso, e a quest’ultimo resta profondamente legato. Uomo meraviglioso, ma non passionale, Sciascia pianse quando gli raccontammo che Guttuso stava male. Siamo alla fine del 1986-inizio del 1987. Questo dialogo si era interrotto bruscamente perchè l’amicizia era stata forte e Guttuso era stato ‘il pittore di Sciascia. Erano stati l’uno la rappresentazione della Sicilia che l’altro voleva“.

Nel palazzo che fu sede di un potere brutale e arbitrario, oggi i due grandi siciliani raccontano le loro verità, le due diverse ribellioni: “La Vucciria e’ un mercato – conclude Carapezza indicando le foto alle pareti – e non a caso qui accanto c’è piazza Caracciolo, sullo sfondo, dedicata al vicerè che abolisce per sempre l’Inquisizione. Nel mercato tutto è a vista, nell’Inquisizione tutto e’ coperto”. L’Inquisitore, da una stanza all’altra di palazzo Steri, e’ stato sconfitto.

Source: agi


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