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Orlandi: 40 anni di misteri, due procure al lavoro

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Quaranta anni fa, Emanuela Orlandi, la 15enne figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia, scomparve in circostanze misteriose. Un giallo senza soluzione con il fratello Pietro che da allora non smette di bussare a tutte le porte possibili pur di avere una risposta. In questi 40 anni, infatti, si è assistito a una sequela di piste false e di inchieste giudiziarie aperte e concluse con un nulla di fatto, in un’alternanza quasi crudele di speranze e delusioni per la famiglia Orlandi. Nessuno sa che fine abbia fatto Emanuela, e chi lo sa non parla o non può più parlare. Il Vaticano, che dallo scorso gennaio ha deciso di indagare per davvero su chiaro input di Papa Francesco, sta provando a rileggere la mole di atti, documenti, testimonianze raccolte in tutto questo arco di tempo. E anche la procura di Roma è tornata ad approfondire alcuni capitoli della vicenda.
E il tutto si svolge, mentre in Parlamento si dibatte sull’opportunità o meno di istituire una commissione d’inchiesta, una ipotesi già bocciata senza mezzi termini dal promotore vaticano, Alessandro Diddi, e dal procuratore Francesco Lo Voi.Queste, comunque, le fasi più significative dell’iter giudiziario sul caso di Emanuela Orlandi dalla riapertura dell’inchiesta nel 2005.
– LUGLIO 2005 Una prima (apparente) svolta investigativa si registra in occasione di una puntata del programma ‘Chi l’ha visto?’ quando giunge una telefonata di un anonimo che invita a vedere chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare: il defunto è Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei boss della Banda della Magliana, ucciso nel febbraio del 1990. Sabrina Minardi, per qualche anno amante proprio di De Pedis, rivela agli inquirenti che Emanuela Orlandi era stata uccisa e che il suo corpo, rinchiuso in un sacco, era stato gettato in una betoniera a Torvaianica. Secondo la donna, la 15enne sarebbe stata tenuta prigioniera in un’abitazione vicino a piazza San Giovanni di Dio. Pur con tutte le perplessità del caso, i magistrati, che procedono per sequestro di persona a scopo di estorsione e omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla minore età della vittima, si attivano per cercare i dovuti riscontri. Ma i risultati sono scarsi. Minardi viene sentita più volte dagli inquirenti, cade in contraddizione, smentisce precedenti sue ricostruzioni del fatto finendo lei stessa sotto indagine.

MARZO 2010 Gli accertamenti della procura vengono estesi anche ad altri soggetti vicini a De Pedis: l’autista Sergio Virtù, i due stretti collaboratori Angelo Cassani, detto ‘Ciletto’ e Gianfranco Cerboni, detto ‘Gigetto’, e poi monsignor Pietro Vergari, fino al ’91 rettore della basilica di Sant’Apollinare, dove si trova la tomba dello stesso De Pedis.
– MAGGIO 2012 Viene aperta la tomba di De Pedis: il corpo del boss viene identificato, ma null’altro di utile dal punto di vista investigativo emerge dall’esame dei reperti ossei ritrovati all’interno della cripta della basilica. Altra novità istruttoria: le dichiarazioni rese da Marco Fassoni Accetti, di professione fotografo, per il quale il sequestro della Orlandi ha a che vedere con l’esistenza di trame internazionali ordite alle spalle dell’allora Pontefice. Ma Accetti viene liquidato da chi indaga come inattendibile e non credibile, tanto che la sua posizione finisce in archivio a seguito di una consulenza psichiatrica che ne certifica forti disturbi della personalità.DICEMBRE 2014 L’ultima speranza dei familiari di Emanuela Orlandi è legata ad Alì Agca: l’ex Lupo Grigio, che aveva sparato a Papa Wojtyla nel 1981, si presenta a sorpresa a piazza San Pietro per portare dei fiori sulla tomba di Giovanni Paolo II. La famiglia si attiva immediatamente per presentare un’istanza alla magistratura affinché l’ex terrorista turco venga interrogato. Richiesta respinta: anche Agca è ritenuto “soggetto inattendibile” per aver reso più volte dichiarazioni sul caso Orlandi, sia pubbliche che in sede processuale, che si sono rivelate “infondate” e “scarsamente credibili”. Da qui la richiesta di archiviazione inoltrata dalla procura secondo cui “da tutte le piste seguite e maturate sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, di risultanze di inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati”. Una conclusione recepita prima dal gip e confermata poi dalla Cassazione. In occasione del 34esimo anniversario della scomparsa di Emanuela, la famiglia Orlandi chiede alle autorità vaticane di accedere agli atti conservati sul caso. Ma l’istanza cade nel vuoto.

– OTTOBRE 2018 Durante alcuni lavori di ristrutturazione di un locale annesso alla Nunziatura Apostolica in via Po 27 vengono trovati alcuni frammenti ossei umani. Il pensiero va subito a Emanuela Orlandi e a Mirella Gregori, l’altra 15enne scomparsa nel 1983. Le analisi diranno che si tratta di reperti di epoca romana.
– MARZO 2019 Una istanza viene presentata dal legale della famiglia Orlandi al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per avere informazioni su una tomba del cimitero teutonico all’interno della Santa Sede. Nell’istanza si reputa “opportuna una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso si chiede l’apertura della tomba” per fugare ogni dubbio sulla vicenda. – APRILE 2019 La Segreteria di Stato vaticana autorizza l’apertura di un’inchiesta per avviare accertamenti sulla tomba del cimitero Teutonico.
– LUGLIO 2019 Il Vaticano dispone l’apertura delle due tombe presenti nel cimitero Teutonico. Dopo l’apertura, sono previste le operazioni di repertazione e catalogazione dei resti. Si dovranno attendere poi le perizie per stabilire la datazione dei reperti e per il confronto del Dna.
– APRILE 2020 Il procedimento relativo alla presunta sepoltura nel cimitero Teutonico viene archiviato dal Giudice Unico del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Le verifiche sui reperti trovati concludono che i frammenti rinvenuti sono databili a epoca anteriore alla scomparsa della ragazza. E i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.
– GENNAIO 2023 Il Vaticano annuncia l’apertura di una indagine. Pietro Orlandi, in un sit-in organizzato pochi giorni dopo vicino a piazza San Pietro, si dice fiducioso: “Mi aspetto che si faccia chiarezza una volta per tutte. Per me Emanuela non è morta e non mi rassegnerò finché non saranno trovati i resti. È un dovere continuare a cercarla”.
– APRILE 2023 Comincia in salita il rapporto tra il Vaticano e la famiglia Orlandi. Convocato dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, l’avvocato Laura Sgrò, che tutela gli interessi di Pietro, oppone il segreto professionale. Diddi commenta così: “E’ una battuta di arresto enorme nel cammino per la verità. C’è poco da pensare: in questi mesi abbiamo lavorato sulle piste da approfondire e ora, dopo quanto successo, io non so come andare avanti”. Immediata la replica dell’avvocato: “La richiesta di un confronto, che risale all’11 gennaio, era riferito alla persona di Pietro Orlandi e non a me, tenuta al segreto professionale. Non potevo chiedere per me la deposizione. Non c’entra con il volere specificare elementi forniti da Pietro. Non stiamo ostacolando nulla, abbiamo dato una lista con 28 persone da interrogare. Mi sento aggredita e oggi non avrei dovuto dire nulla: Pietro è stato ascoltato e ha fornito tutti gli elementi che erano in nostro possesso”. Sulla questione pesa, soprattutto, che Orlandi abbia chiesto approfondimenti su fatti riferiti alla persona di Giovanni Paolo II. Nemmeno 24 ore, ed ecco le parole di Papa Francesco: “Certo di interpretare i sentimenti dei fedeli di tutto il mondo rivolgo un pensiero grato alla memoria di San Giovanni Paolo II, in questi giorni oggetto di illazioni offensive e infondate”. (AGI)