Centinaia di persone hanno affollato ieri Palazzo Ripetta, a Roma, e con l’occasione molti di loro hanno goduto di una mostra dedicata a Giacomo Manzù. Nell’ambito di Open House, la tradizionale rassegna, che ormai da 12 anni apre per una settimana luoghi di solito chiusi al pubblico (dimore, ambasciate, giardini), Palazzo Ripetta ha messo a disposizione del pubblico gli spazi di quello che nel Seicento era un antico convento e le opere della collezione d’arte aziendale. E contemporaneamente ha aperto una mostra dedicata allo scultore, una mostra costruita attorno a uno dei ‘pezzi’ nella collezione, un Cardinale, e presentata insieme a Giulia, la figlia dell’artista. Proprio Giulia Manzù ha annunciato “importanti novità” inerenti la Fondazione voluta dalla famiglia per tutelare e conservare il patrimonio di documenti e opere dell’artista: non ha reso noto la natura dei cambiamenti avvenire ma ha anticipato che saranno presto resi pubblici e che garantiranno “passi in avanti costruttivi”, probabilmente la sistematizzazione dell’archivio documentale e del patrimonio artistico.
La rassegna dedicata allo scultore che ha creato le famose Porte (quella di Salisburgo, dedicata all’Amore; quella di Rotterdam sulla Pace e la Guerra, quella celeberrima della Morte, per la Basilica di San Pietro) ruota attorno ad alcuni dei temi iconici della sua produzione artistica. Sono esposti bronzi, una rara acquaforte, uno straordinario ‘Busto di Inge’ in resina e gesso, ritratto della musa ispiratrice, la moglie tanto amata, Inge. “E’ pezzo mai uscito di casa”, ha raccontato Giulia Manzù, che ha ricordato anche la fatica di posare quando era bambina, insieme al fratello (bellissima la serie che Manzù dedicò a Giulia e Mileto che giocano in carrozza). “Era rigoroso, esigente, anche burbero e per noi non era facile comprendere il significato di quello che chiedeva”, ha detto.
La mostra, realizzata anche grazie alla sponsorship di Credem Euromobiliare, sarà aperta al pubblico anche nel prossimo week-end di aprile; ed è stata presentata con un vernissage, ospiti Barbara Cinelli, storica dell’arte e Miriam Mirolla, docente di psicologia dell’arte alla vicina Accademia di Belle Arti. Proprio Cinelli ha ricordato il tortuoso cammino che portò Manzù a creare la Porta della Morte: prima le difficoltà con la Commissione dei Vaticano, che non digeriva temi giudicati scandalosi nella sua produzione artistica; poi lo sprone e l’incitamento arrivato da Giovanni Paolo XXIII, grande amico dell’artista e suo conterraneo (erano entrambi originari di Bergamo).
La mostra si accompagna a un concorso aperto agli studenti dell’Accademia di Belle Arti di via di Ripetta e delle università La Sapienza e Roma Tre: un ‘contest’ per giovani artisti che potranno esprimersi liberamente reinterpretando il Cardinale attraverso qualsiasi media (fotografico/tool digitale). L’opera prescelta sarà esposta temporaneamente al museo Giacomo Manzù: un’occasione per gli studenti ma anche un modo efficace di declinare il mecenatismo, come ha osservato Miriam Mirolla. (AGI)
BIA