Bologna 1916 – L’Aquila 2006
«Di Berlino rammento la grandiosità dell’apparato. Di Hitler, invece, ho un ricordo confuso. Mi volle conoscere e stringere la mano. Mi disse qualcosa ma parlava in tedesco e io non ci capii nulla. Poi non ho dimenticato le feste, il sindaco e la banda alla stazione di Bologna e il prefetto che fa trasferire il suo segretario perché aveva preparato un mazzo di fiori piuttosto mosci. Avevo vent’anni, allora, e avrei dovuto partecipare anche all’Olimpiade precedente, quella del 1932 a Los Angeles. Ma sarei stata l’unica donna della squadra di atletica e così mi dissero che avrei creato dei problemi su una nave piena di uomini. La realtà è che il Vaticano era decisamente contrario allo sport femminile».
Sono le Olimpiadi di Berlino, immortalate come evento mediatico da Leni Riefensthal.
La prima donna italiana a conquistare un oro olimpico è lei, Ondina Valla, che il 6 agosto 1936 vince l’oro nella gara degli 80 metri ostacoli. Il giorno prima, in semifinale, aveva stabilito il record mondiale in 11″6, omologato come primato mondiale. All’età di 20 anni sarà la più giovane atleta italiana a vincere un oro olimpico, con un record rimasto imbattuto fino al 2004. Sul traguardo dell’Olympiastadion sono in quattro ad arrivare quasi simultaneamente. L’ordine d’arrivo viene stabilito ricorrendo alla Zielzeitkamera, ovvero la foto d’arrivo. Claudia Testoni, l’amica rivale, si piazza soltanto al quarto posto.
Ondina nasce a Bologna il 20 maggio 1916 da una famiglia benestante, ultima di cinque fratelli ed unica femmina. Battezzata Trebisonda, nome che il padre volle darle per l’ammirazione che nutriva nei confronti dell’antica Trapezunte: la città che possedeva tutte le meraviglie, così come avrebbe dovuto averle la figlia.
Il fratello Rito, divenuto un noto scultore, celebrò la sua vittoria con la statua l’Ostacolista (1936-1938). In quegli anni, ispirato dall’attività agonistica della sorella, il tema prevalente delle sue opere è lo sport, in sintonia con il diffondersi del mito dell’atleta-eroe. L’opera fu collocata davanti alla sede della Gioventù Italiana, poi, con la caduta del regime fascista, fu spostata nel cortile di casa, dove fu notata dall’industriale Carpigiani che la acquistò per collocarla davanti alla sua fabbrica. Ancora oggi la statua si trova all’ingresso dell’azienda a simboleggiare lo slancio del progresso verso il futuro.
Nel 1943 Ondina incontra Guglielmo De Lucchi, medico ortopedico del Rizzoli ed ex atleta. Dalla loro unione nasce Luigi. Per motivi di lavoro si trasferiranno prima a Perugia e poi a L’Aquila, dove Ondina muore nell’ottobre 2006.
Ondina Valla rompe lo schema della popolarità sportiva legata al modello maschile e si impone come esempio della sana e robusta gioventù nazionale. Nei filmati dell’epoca si vede il suo saluto romano dal gradino più alto del podio. La Valla fu poi ricevuta con tutti gli onori a Piazza Venezia da Mussolini. Nel 1937 le verrà riconosciuta una medaglia d’oro al valore sportivo ed un assegno di cinquemila lire. La vittoria olimpica le regalerà anche una foto della regina Elena, firmata semplicemente “Elena”, privilegio di pochi.
Sono le parole del peso piuma Valentino Borgia, concittadino di Ondina e compagno della spedizione azzurra a Berlino, a restituirci un altro spaccato di quella Olimpiade: «Gli uomini erano separati dalle donne, quindi non fu possibile avere contatti con la Valla e la Testoni né prima né dopo la gara degli 80 ostacoli. (…) Tornati a Bologna, tutti gli olimpionici della città furono invitati all’Hotel Corona d’Oro per una cena di festeggiamento. C’erano naturalmente la Valla e la Testoni e i reduci di quella spedizione. Ci premiarono con un cronometro».
La Valla, grande tifosa del Bologna, fu premiata anche con un abbonamento allo stadio.
Ondina Valla aveva esordito a 13 anni con la vittoria ai campionati interscolastici bolognesi, poi a 14 anni veste anche la maglia azzurra ed è campionessa italiana assoluta.
In Nazionale, dove fu allenata da Vittorio Costa e poi da Boyd Comstock, collezionò 18 presenze.
Fu una atleta eclettica, qualità che le permise di gareggiare per quindici anni sia nelle corse piane che nei salti e sugli ostacoli. Una spondilosi vertebrale la costringerà a rallentare il suo impegno. Nel 1937 stabilì con la misura di 1,56 m il primato nazionale nel salto in alto, che mantenne fino al 1955. Continuò a gareggiare fino ai primi anni Quaranta, ottenendo tre vittorie ai giochi mondiali dello sport universitario di Tokyo e 15 titoli nazionali. Nel 1943 abbandona l’agonismo e inizia ad allenare, prima alla Parioli Roma e poi a Ferrara. Conquista la sua ultima medaglia nel 1950, quando, a 34 anni, diventa campionessa regionale di lancio del peso.
Come ogni buona storia di sport che si rispetti anche in quella di Ondina Valla c’è una amica con la quale condividerà una rivalità agonistica che le accompagnerà per sempre. È Claudia Testoni, anche lei bolognese, grande sconfitta di quell’Olimpiade.
Ondina longilinea e con un gran temperamento agonistico, Claudia più bassa e scattante. La gara tra le due inizia nel cortile delle Regina Margherita, la scuola media che frequentavano entrambe.
Valla e Testoni, tesserate con la Virtus-Bologna-Sportiva, a quel tempo fucina di grandi campioni, collezionano vittorie.
Nel 1936 il duo Valla-Testoni si rompe. Valla rimane nella società d’origine, mentre Testoni opta per una società più ricca di trofei: la Venchi Unica di Torino. La rivalità fra le due fu uno dei motivi dominanti della spedizione azzurra. La vittoria di Ondina segna la rottura definitiva tra le due.
Appresa la notizia della morte della Testoni, Ondina Valla dirà che «Pensare a Claudia è pensare alle cose più belle della mia vita».
Di Maria Cinquepalmi – fonte: https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/ondina-valla/