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Omicidio Desiree: giudici, assoluta indifferenza per sua vita

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I giudici, nell’ambito del processo bis di secondo grado, hanno inflitto 22 anni a Gara, condannato all’ergastolo nel primo processo appello. Condannato a 26 anni Chima, a cui erano stati inflitti 27 anni, e a 18 anni Minthe già condannato a 24 anni. I tre, tutti cittadini di origine africana, sono accusati, a seconda delle posizioni, di omicidio, violenza sessuale e spaccio. Per i giudici “era prevedibile, nel caso concreto, il rischio di overdose (e di conseguente morte) per Desirée, rischio da ritenersi tanto più sostanziale e tuttavia colposamente ignorato dal Gara, interessato esclusivamente ad abusare sessualmente della ragazza in ragione del progressivo e ingravescente stato di malessere dalla minore palesato in evidente stato di minorata difesa”. I magistrati di appello aggiungono che Gara della condizioni in cui versava Desirèe ne approfittò nella fase iniziale in cui si manifestarono per poi allontanarsi dallo stabile “biasimevolmente trascurando, per incuria, ignavia, trascuratezza, insipienza o, più semplicemente, indifferenza, quei segnali, disinteressandosi completamente della ragazza e neppure allertando i presenti nella ‘sala del crack’ (sottovalutando o neppure soppesando lo stato di salute Desirée), ponendo così in essere – scrivono i giudici – una condotta che era da lui da attendersi in base alle norme cautelari cui ci si doveva attenere”. Nelle motivazioni si afferma, infine, che “risulta ormai definitivamente e irrevocabilmente accertato che Gara ebbe a concorrere, con Salia e con Alinno, nella cessione reiterata di sostanze stupefacenti e psicotrope a Desirèe, la quale, quella mattina, si presentava nello stabile in conclamato stato di astinenza, alla disperata ricerca di droghe”.
Mamadou Gara, Alinno Chima e Brian Minthe hanno posto in essere volontariamente “l’azione criminosa” ai danni di Desirée Mariottini, la 16enne di Cisterna di Latina deceduta il 19 ottobre del 2018 in uno stabile abbandonato in via dei Lucani nella zona di San Lorenzo a Roma. Parlando di Alinno, Minteh e Salia (per lui è definitiva la condanna all’ergastolo) – scrivono i giudici della Corte d’Assise di appello di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui, il 29 maggio scorso, hanno ridotto le condanne per la morte della 16enne -, “a fronte della ormai gravissima condizione di debilitazione psico-fisica in cui versava la minore, che a quel punto già appariva in stato di incoscienza, non solo non prestavano il soccorso dovuto alla persona offesa, mostrando un’assoluta indifferenza verso la vita della giovane vittima, ma si opponevano fermamente e minacciavano chi suggeriva l’intervento di un’ambulanza che avrebbe impedito la morte della ragazza”. (AGI)