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Nuovo corso di laurea in Giurisprudenza

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Ricordate i titoli “Giurisprudenza 2023-2024: un passo verso le soft skills”, “Giurisprudenza: eppur si muove” e “Giurisprudenza 2020-2021: la formazione universitaria del giurista 4.0”?
In tutti e tre gli articoli, dedicati al progetto formativo universitario per le professioni giuridiche tradizionali, lamentavamo il fatto che- nonostante gli sforzi dei Dipartimenti di Giurisprudenza nell’innovare il percorso a ciclo unico per settarlo in sintonia con la digital trasformation – poco si potesse fare in mancanza di una riforma. Ebbene, pare che stia arrivando…
Buona lettura.
Si è mosso! Il corso di laurea magistrale a ciclo unico di Giurisprudenza si rinnova, complice il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR). La ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha inviato in parlamento lo schema di decreto ministeriale che reca Disciplina delle Classi di laurea magistrale e magistrale a ciclo unico, per il necessario parere.
Alle disciplini di base e caratterizzanti, si affiancheranno quelle “affini” e “integrative” “finalizzate all’acquisizione di una formazione multidisciplinare e interdisciplinare e ad acquisire una capacità di applicare le relative conoscenze e le competenze a tematiche innovative”. Gli studenti avranno più flessibilità nel disegnare il proprio percorso universitario. Lezioni pratiche e tirocini integreranno il corso di studi. Spazio all’apprendimento di soft skills.
In questi anni abbiamo scritto diverse volte della necessità di “innovare” il corso di laurea in Giurisprudenza per permettere nuovi innesti disciplinari collegati al digitale e non solo.
Lo schema di DM va in questo senso, forte di una proposta avanzata ad aprile scorso dallo stesso CUN, il Consiglio Universitario Nazionale. Lo schema di DM non è limitato alla classe di laurea di Giurisprudenza, ma Avv4.0 si occupiamo di questa.
“La riforma, innovando il precedente sistema e superando le sue rigidità, se attuata con cura favorisce nuove opportunità per gli atenei”, commenta Michele Caianiello, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza in Alma Mater Bologna. “La figura del giurista rimane radicata nella sapienza del diritto e nel contempo non si limita più alla conoscenza delle regole, ma al loro senso in un contesto nuovo. Gli Atenei dovranno compiere un grande sforzo organizzativo, non c’è dubbio. La flessibilità apre scenari, avvicinerà di più le università al mondo del lavoro, anche se è importante preservarne l’autonomia didattica, un asset del sapere collettivo”. Il PNRR e il milestone da rispettare
La revisione della classi di laurea risponde ad una esigenza di cambiamento imposta dalla strategia di intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), per la “necessità di superare le ossificazioni che, nel tempo, hanno spinto la formazione universitaria verso una non adeguata aderenza a modelli europei, a un disallineamento con i tempi e il mercato del lavoro, a un’autonomia limitata agli allievi nella costruzione del proprio percorso formativo, hanno richiesto una revisione, culturale e organizzativa, dell’attuale sistema delle classi di laurea”.
Lo schema di dm, dunque, unitamente a quello generale per la disciplina delle classi di laurea, costituisce attuazione della Missione 4, Componente 1, Riforma 1.5 “Riforma delle classi di laurea” del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il cui raggiungimento è previsto per il quarto trimestre del 2023 (T4 2023).
La riforma prevede l’aggiornamento della disciplina per la costruzione degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea. L’obiettivo è rimuovere i vincoli nella definizione dei crediti formativi da assegnare ai diversi ambiti disciplinari, per consentire la costruzione di ordinamenti didattici che rafforzino le competenze multidisciplinari, sulle tecnologie digitali ed in campo ambientale oltre alla costruzione di soft skills.
Il percorso dello studente
Chiariamo subito che gli studenti già iscritti non subiranno modifiche di percorso; le università dovranno provvedere ad aggiornare i propri regolamenti in tempo per l’anno accademico 2024/2025 e comunque non oltre il 2025/2026.
Fissati, sempre nel decreto, i crediti che sono assegnati autoritativamente alle materie di base e a quelle caratterizzanti (in tutto 208 sui 300 curriculari), le università potranno prevedere con maggiori libertà l’innesto con nuove discipline, per di più interdipartimentali o multi dipartimentali con altre Università.
Questo potrà avvenire tenendo conto anche delle specifiche circostanze di territorio.
I regolamenti didattici assicureranno la possibilità, su richiesta dello studente, di conseguire il titolo secondo un piano di studi individuale che può comprendere attività formative diverse da quelle previste dal regolamento didattico, purché in coerenza con l’ordinamento didattico del corso di studi dell’anno accademico di immatricolazione. Lo studente potrà cambiare corso di laurea magistrale o università e contare sul riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea magistrale di destinazione, eventualmente integrati con colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato. Se il trasferimento dello studente è effettuato tra corsi di laurea magistrale appartenenti alla medesima classe, la quota di crediti relativi al medesimo settore scientifico-disciplinare direttamente riconosciuti allo studente non può essere inferiore al 50% di quelli già maturati. I percorsi formativi dei corsi della classe prevedono (se del caso anche mediante autonomi insegnamenti con un congruo numero di crediti) attività pratiche – quali, ad esempio, laboratori, cliniche legali, corsi di scrittura giuridica – finalizzate all’acquisizione di competenze applicative e della capacità di operare in situazioni complesse con l’utilizzo di strumenti interdisciplinari. Non solo. Ciascun corso della classe potrà prevedere lo svolgimento di tirocini formativi presso enti o istituti di ricerca o altri soggetti pubblici o privati, italiani, europei o internazionali, finalizzati all’acquisizione di competenze applicative e abilità relazionali e organizzative.
Tutto ruota intorno ai regolamenti didattici
La riforma viaggerà sulle gambe dei regolamenti didattici dei singoli Atenei, coinvolti nella riforma sia che siano pubblici sia che siano privati. Sarà il regolamento didattico a indicare l’elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n.270, secondo criteri di “stretta funzionalità” con gli obiettivi formativi specifici del corso. Ogni insegnamento dovrà avere un “congruo” numero intero di crediti formativi, evitando la parcellizzazione eccessiva delle attività formative. Nei corsi di laurea magistrale a ciclo unico, di durata normale di 5, il numero massimo di esami, anche nei casi di prove integrate per più insegnamenti o moduli coordinati, è fissato in 30.
Gli Atenei possono riconoscere le conoscenze e le abilità professionali certificate individualmente (lavoro), nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso (corsi professionalizzanti) . Il numero massimo di crediti formativi universitari riconoscibili è fissato per ogni corso di laurea magistrale nel proprio ordinamento didattico e non può comunque essere superiore a 12.
Il giurista 4.0: competenze e skills
Ma qual è la figura di giurista – almeno sulla carta – destinato a prendere il posto di quello “tradizionale”? Al momento è difficile dare una risposta perché molto dipenderà dai singoli Dipartimenti di Giurisprudenza delle singole Università.
Al momento possiamo dire che, fermi restando gli obiettivi da raggiungere con le materia di base e quelle caratterizzanti (gli ordinamenti giuridici generali e specifici), i futuri laureati in Giurisprudenza dovranno essere in grado di:
lavorare in gruppo, anche con funzioni di coordinamento e in contesti interdisciplinari;
operare in autonomia e inserirsi prontamente negli ambienti di lavoro, anche con funzioni di elevata responsabilità;
saper argomentare, oralmente e per iscritto, in maniera logica, rigorosa ed efficace, con interlocutori specialisti e non specialisti;
utilizzare i principali strumenti informatici negli ambiti specifici di competenza;
aggiornare e arricchire autonomamente le proprie conoscenze e competenze in modo da contrastarne l’obsolescenza.
Ci si aspetta che, oltre agli sbocchi tradizionali dell’esame di Stato e/o dei relativi concorsi alle professioni legali e alla magistratura, i laureati potranno ricoprire funzioni caratterizzate da elevata responsabilità e nelle quali si richiedano conoscenze giuridiche avanzate all’interno delle istituzioni pubbliche e delle organizzazioni anche europee e internazionali, delle amministrazioni, delle imprese e delle organizzazioni sociali. E potranno operare nel settore del diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie e in tutti i contesti in cui sono richieste capacità interdisciplinari di analisi, valutazione e decisione in ambito giuridico.
Le materie e i crediti
Lo schema di decreto modifica la distribuzione dei crediti.
Rimangono consistenti i crediti assegnati all’ambito disciplinare storico-giudico (25 cfu); privato ne ha 24; l’area pubblicistica ne ha 18; filosofia del diritto 15.
Riguardo alle materie caratterizzanti, l’ambito amministrativistico ne ha 17; quello penalistico ne ha 15, come quello giuridico-economico; commerciale ne ha 14; le due procedure 13 ciascuna; internazionalistico, comparatistico, europeistico 9 ciascuno.
Di Claudia Morelli – fonte: https://www.altalex.com/