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Non solo le mafie si nutrono dalla monnezza

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Il rapporto ecomafie 2021 redatto da Legambiente fotografa una situazione inquietante in Italia, dove l’illegalità ambientale nel 2020 ha raggiunto un totale di 35.867 reati. la punta dell’iceberg, quanto accertato. Quanto accertato è solo la punta dell’iceberg, enorme è il peso sociale imposto dalla criminalità che rappresenta un freno alla crescita dei territori

di Cosimo Forina

Il rapporto ecomafie 2021 (Edizioni Ambiente) redatto da Legambiente con il sostegno di “Cobat” e “Novamont” fotografa una situazione inquietante in Italia. L’illegalità ambientale nel 2020 segna reati per un totale di 35.867 (+0,6% rispetto al 2019) così distribuiti; ciclo del cemento (11.393), rifiuti (9.313), contro la fauna e racket degli animali (8.193), incendi dolosi, colposi e generici (4.233), archeomafia (501), altri reati ambientali (2.234).
Persone denunciate: 33.620 (+12% rispetto al 2019), ordinanze di custodia cautelare eseguite 329 (+14,2%), sequestri effettuati 11.427 (+25,4%), controlli 1.415.907I (1.694.093 nel 2019).
Podio per Sicilia, Campania e Puglia dove con la Calabria sono stati accertati 16.262 reati: il 46,6% del totale nazionale con 134 arresti dai 86 nel 2019.
«Il mercato illegale – riporta Legambiente – è di 10,4 miliardi di euro (- 0,9% sul 2019). Crescono gli investimenti a rischio: 11,2 miliardi di euro (+2,6 sul 2019). Campania, Sicilia, Puglia sono le regioni più colpite da illeciti ambientali. Al quarto posto sale il Lazio con 3.082 reati, con un incremento del 14,5% sul 2019, superando la Calabria. La Lombardia è la regione con il maggior numeri di arresti. Comuni commissariati per ecomafia sino a oggi, ben 32, dei quali 11 sono stati sciolti nei primi nove mesi del 2021».
Ed è solo la punta dell’iceberg, quanto accertato. Bisogna partire da questi dati per comprendere il peso sociale imposto dalla criminalità che rappresenta un freno alla crescita dei territori dove diventa difficile spesso distinguere il profitto lecito di imprese sane dall’illecito guadagno che avvelena il sistema economico e non solo, condizionandolo ai propri desiderata.
Il traffico dei rifiuti è in crescita. Il sud, in particolare, non è solo la “terra dei fuochi” campana dove una popolazione inerme, abbandonata al dramma di famiglie in lutto per l’incremento di neoplasie, sta pagando l’avvelenamento del territorio prodotto dei casalesi con lo smaltimento illecito. Sempre più isolata, ad esempio, è la voce di padre Maurizio Patricello a Parco Verde nel Comune di Caivano (Na) che con pochi altri, denuncia, prega perché non vorrebbe più celebrare funerali di bare bianche.
Il sud è diventato una estesa “terra dei fuochi”, un’area di organizzazione del traffico transfrontaliero. Dai suoi porti partono per l’Africa e per l’Oriente rifiuti pericolosi e contaminati.
A fiutare il business da sud al nord e dal nord al sud ci si sono messe la camorra, la ndrangheta, la mafia pugliese, come confermano le ultime operazioni della Procura e Dda nel foggiano.
Imprenditori senza scrupoli, ecocriminali dai colletti bianchi, alimentano il traffico adottando sistemi mafiosi, avvalendosi anche di piccoli malavitosi locali per trovare consenso alle loro nefandezze. Paradossalmente è l’imprenditore che utilizza il mafioso e non viceversa.
Smaltire un container di rifiuti contaminati ha un costo medio di 60-70 mila euro alla tonnellata. Attraverso il meccanismo criminale il costo scende a 500-600 euro a tonnellata.
Precluso il canale dell’importazione della Cina a seguito di accordi internazionali, i rifiuti pericolosi in Italia sono stati interrati, affondati nelle “navi a perdere” in pieno Mediterraneo. Ora vengono incendiati nei depositi che li contengono. Siamo arrivati alla soglia dei trecento roghi. L’ultimo, in ordine di tempo, a Mossa in provincia di Gorizia. Un disastro annunciato: oltre 4mila tonnellate di rifiuti speciali tra cui materiale plastico, polietilene e pvc.
E poi c’è la falsa certificazione per esportarli, come è avvenuto per il caso Tunisia, a Sousse, dove nel porto sono sotto sequestro 282 container di balle di rifiuti provenienti dalla Campania destinati a società fantasma. Migliaia di tonnellate di rifiuti spedite come materiale riciclabile in realtà, stando alle ipotesi investigative, erano destinate in discarica ad un prezzo inferiore a quello di smaltimento in Italia in piena violazione della convenzione di Basilea che regola i movimenti transfrontalieri sui rifiuti tra un Paese Ue e un Paese extra Ue. Dall’inizio del 2021 centinaia di ecoballe sono state abbandonate e poi date alle fiamme in Puglia nell’area del Parco Nazionale della Murgia, nel foggiano e in aree agricole della Basilicata. Rifiuti inceneriti che sputano diossina e sostanze tossiche su terreni che vengono interdetti a coltivazione e pascolo. L’assalto al territorio non si è mai fermato nonostante il Covid 19 e il lockdown. Al virus della criminalità, estirpabile, bisogna fare argine.

(Nella foto: discarica abusiva a Minervino Murge, in Puglia, febbraio 2021)