di Carmelo Finocchiaro – Presidente Nazionale Confedercontribuenti
Questo nostro Paese fatto di imprese e famiglie ha bisogno, e lo abbiamo sempre detto, di un “Patto Fiscale” fra cittadino e istituzioni siano esse nazionali che locali. Una battaglia che da sempre abbiamo ribadito essere “centrale” per risollevare le sorti di un’economia che ha mietuto migliaia e migliaia di piccole e medie imprese e sovrindebitato milioni di famiglie. La classe politica è sempre stata sorda a questo allarme. In maniera irresponsabile perché l’apparente rigore ha portato ad un “cosiddetto” magazzino fiscale inesigibile e prescritto nei termini per la riscossione di quasi 900 miliardi.
Questo è il frutto di un sistema fiscale che negli anni precedenti se da un lato non era attrezzato ad effettuare in maniera rigorosa la riscossione, dall’altro adottava un sistema sanzionatorio assolutamente punitivo al punto che per anni Equitalia è stata sinonimo di usura di Stato. Poi decisero di applicare la cosiddetta “rottamazione dei ruoli”, interessante nelle sue linee teoriche ma utilizzabile solo dai piccoli debitori. Una norma dove la rateizzazione in cinque e tre rate ha impedito alle PMI di potere aderire in maniera rilevante perché incompatibile e insostenibile con la crisi di liquidità delle aziende, ormai massacrate da anni di crisi.
La politica non ci ha mai voluto ascoltare quando abbiamo detto che i piani di pagamento andavano fatti non eccedendo il quinto del reddito aziendale o familiare. Avremmo avuto tanti incassi diluiti in molti anni senza mortificare i saldi di bilancio dello Stato, in quanto sanzioni e interessi non costituiscono voce di entrate. Ma i politici hanno sempre detto no. Quel Governo che pensava che il Paese avesse le casse piene di soldi e non di debiti verso il sistema bancario. Non hanno voluto comprendere che sarebbe stato un modo per salvare migliaia di aziende dai fallimenti, con un gravissimo impatto sociale oltre che economico per la Nazione. Una classe politica che, proclamando il rigore, ha nei fatti impedito che lo Stato “incassasse” i soldi, mettendo un tassello fondamentale verso un “Patto Fiscale” fra Stato e cittadino. Poi con il nuovo governo è arrivata la proposta della cosiddetta “pace Fiscale” sul modello della vecchia adesione tremontiana. Abbiamo accolto questa proposta come un segnale “forte” per rilanciare l’economia. Sui giornali abbiamo letto varie possibili modalità applicative, anche se non ci è stato mai detto come renderla compatibile con i conti dello Stato. In questo da “contribuenti” saremo contenti che Ministero delle Finanze e Ragioneria Generale dello Stato trovassero le dovute soluzioni.
Da settimane però è sceso nuovamente il silenzio e per noi “contribuenti” è un problema. Non abbiamo riscontro di alcuna iniziativa del Governo o del Parlamento. E iniziamo ad essere preoccupati. Perché questa norma potrebbe costituire, insieme ad una più complessiva revisione del sistema fiscale, un tassello fondamentale per la centralità della difesa degli interessi nazionali, che per noi hanno due punti centrali: l’uscita dalla crisi delle famiglie e la rinascita del sistema della piccola e media impresa da sempre una risorsa insostituibile del nostro Paese.
Aspettiamo e ci contiamo. Desideriamo tempi certi e monitoreremo la situazione, come sempre.