E’ a processo per abbandono di minore la madre naturale del bimbo trovato in strada a Ragusa. Il padre naturale, deceduto per cause naturali nella notte tra il 2 e 3 giugno scorso, il 4 novembre del 2020 ne simulò abbandono e ritrovamento davanti al suo esercizio commerciale. Il piccolo da quando aveva una ventina di giorni di età è stato affidato a una famiglia di fuori provincia ed è al centro di una contesa legale. La Suprema corte ha riscontrato l’irregolarità procedurale commessa dal Tribunale dei minorenni di Catania che riconoscendo la preadottabilità del neonato, avrebbe di fatto privato del diritto di ravvedimento i due genitori naturali, in particolare la madre, difesa dall’avvocato Angelo Iemmolo, che rivuole suo figlio. Adeguandosi alla sentenza della Cassazione, il Tribunale dei minorenni ha stabilito che il bambino, che oggi ha tre anni e mezzo, debba ritornare dalla madre naturale, al termine di un percorso graduale di passaggio tra la famiglia adottiva e quella naturale. Contro la decisione ha promosso appello la tutrice del minore e la famiglia affidataria che sta crescendo quel bambino da quando è nato ed ha anche lanciato una petizione on line sulla piattaforma change.org “Lasciate Miele con la sua mamma e il suo papà”, che da novembre del 2023 ad oggi ha raccolto oltre 43.500 firme. Nel corso dell’udienza per abbandono di minore, che vede imputata la madre naturale del piccolo, e che si è tenuta davanti al giudice monocratico presso il Tribunale di Ragusa, dalle testimonianze dei primi testi del pubblico ministero (il procuratore capo di Ragusa, facente funzioni, Marco Rota) sono emersi diversi elementi che contrastano con la narrazione di questi anni. Si era detto che la madre naturale non sapesse di essere incinta e partorì in casa. Al momento del parto chiamò l’uomo, il commerciante con il quale aveva già una figlia, per chiedergli aiuto. Lui inscenò l’abbandono e il ritrovamento del neonato invece di portarlo in ospedale. Il commerciante in primo grado venne condannato con rito abbreviato a due anni di reclusione per lo stesso reato, abbandono di minore, per il quale la donna è sotto processo con rito ordinario. In aula hanno reso testimonianza la vice dirigente della squadra Mobile di Ragusa, reperibile la notte in cui venne allertata la centrale operativa per il ‘ritrovamento di un neonato abbandonato’. La funzionaria di polizia ha riferito delle attività di indagine condotte e che sentite le persone coinvolte al momento del ritrovamento del piccolo, qualcosa iniziava a non quadrare. Dalle intercettazioni, in particolare da due colloqui tra il padre e la madre sarebbero emersi i primi elementi importanti; il 13 novembre, 9 giorni dopo la simulazione del ritrovamento l’imputata chiamò preoccupata il commerciante e lui la rassicurò dicendole – stando alla testimonianza resa in aula – di non preoccuparsi perché non c’erano le impronte di lei da nessuna parte, ma quelle delle altre due donne che lo avevano aiutato a ‘soccorrere’ il bimbo e che quindi non sarebbero risaliti a lei. Da altri accertamenti risultò che quella sera l’aggancio alla cella telefonica collocava il padre naturale a casa dell’imputata, prima della simulazione dei fatti. Da una domanda dell’avvocato Emilio Cintolo sarebbe emerso che vennero effettuate anche delle ricerche con la collaborazione dell’Asp; la donna (anche se nella relazione è registrata con lo stesso cognome e un refuso che rende difforme il nome) si sarebbe rivolta a un consultorio a settembre del 2020, il che farebbe presumere che la donna sapesse di aspettare un bambino. tra i testi anche la ragazza che stava tenendo il bimbo in braccio all’arrivo della volante. Sua madre era stata chiamata dal commerciante che le chiedeva aiuto riferendole di avere trovato un neonato. Coinvolta dalla mamma, la ragazza era arrivata sul posto con la madre; il bambino era dentro la macchina del commerciante, avvolto in due copertine, in un sacchetto di plastica sul sedile passeggero. La giovane aveva preso tra le braccia il neonato sporco di sangue, togliendolo dal sacchetto, notando che era un maschio e che aveva ancora il cordone ombelicale attaccato e avevano chiamato l’ambulanza. Solo quando uscì la notizia che poteva essere lui il padre – sempre per quanto riferisce la ragazza -, il commerciante che la ragazza considerava come una persona di famiglia, le aveva raccontato di essere corso a Modica chiamato dalla imputata, credendo che fosse successo qualcosa alla loro figlia; quando arrivò a casa della ex compagna, l’imputata gli avrebbe consegnato il sacchetto con il bambino dicendogli “fai quello che vuoi e gli ha chiuso la porta in faccia”. Quando il test del dna accertò la paternità. l’uomo le avrebbe detto che ne aveva dubitato di essere il padre perché con la donna non aveva rapporti da tempo. L’ultima testimonianza è stata quella di una collega di lavoro dell’imputata, che lavorava alle Poste. La postina ha riferito di avere notato un rigonfiamento al ventre e di avere chiesto alla donna se fosse incinta ma lei le aveva risposto che soffriva di ritenzione idrica. Quella pancia era nascosta da abiti larghi e da una borsa tenuta; non si risparmiava al lavoro, “si caricava anche le cassette della posta”. Quando poi dei conoscenti le telefonarono per raccontarle che il commerciante con cui sapeva che la madre naturale aveva o aveva avuto una relazione, era stato convocato in questura lei chiamò direttamente la donna che le disse che era una montatura e che lo stavano incastrando. A fatti noti, sempre secondo la testimonianza della collega di lavoro, l’imputata in ufficio scoppiò a piangere e ammise che il bimbo era suo e che avevano scoperto tutto, che si sarebbe saputa la verità. Al fascicolo del processo sono state acquisite le sommarie informazioni rese dal commerciante, deceduto da qualche giorno, gli accertamenti biologici sulla paternità del bambino, la nota di Poste italiane con i periodi di congedo della donna (che comunque era madre anche di un’altra bimba piccola, figlia dello stesso uomo), con riserva delle parti di produzione documentale. La prossima udienza per sentire altri testi della pubblica accusa e della parte civile, per una singolare coincidenza è stata fissata a novembre, il giorno del quarto compleanno del piccolo. Poi sarà la volta dei testi a difesa. La donna è imputata anche in un’altra vicenda; ex postina, avrebbe, secondo la tesi accusatoria, soppresso della corrispondenza abbandonandola in alcuni sacchi a giugno del 2021. (AGI)