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Nella Super League l'ascensore sociale non funzionerebbe

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La tentazione è forte. Sto parlando di come si sente un milanista come me di fronte alla possibilità della Super League, di come rischia di travolgermi la voglia rossonera di entusiasmarmi perché il club del mio cuore grazie al nuovo torneo rientrerà nel giro che conta.

Vedi Paris Saint Germain-Bayern e verifichi quasi sperimentalmente l’abissale distanza tra la  squadra che ami e le migliori squadre d’Europa. E allora che ci sia un torneo simile alla NBA dove per forza di cose, alla lunga, anche la squadra che ti fa fremere se la vedrà alla pari con le migliori del continente, seduce il tifoso che è in me.

Però, poi, però… se metto a tacere il tifoso e faccio parlare l’uomo, non dico il cristiano, rimango pensieroso, poco convinto. Perché il calcio è passione, è verità, è trasparenza. Il fascino della Champions League, di cui la Super League di fatto prenderebbe il posto, sta tutto nell’essere la cima di un’unica catena montuosa, quella del calcio, considerata come tutta collegata, unita.

Nel calcio, e anche nella Champions League, “l’ascensore sociale” calcisticamente inteso, funziona. Io, quest’anno, credevo davvero che l’Atalanta potesse eliminare il Real Madrid: squadrone che forse tra pochi giorni alzerà la “coppa dalle grandi orecchie”. E chissà come sarebbe andata se non fosse stato per l’ingiusta espulsione di Freuler.

Il tifoso milanista dentro di me risponde: anche nel nuovo torneo ci sarà ricambio perché ogni anno potranno subentrare cinque nuovi club. L’uomo oggettivo che è dentro di me però replica: vero, ma bisognerà vedere a quali condizioni.

E la riflessione torna su quell’ascensore sociale calcistico che la nascita della Super League calcistica bloccherebbe. L’ascensore sociale è quel meccanismo per cui la composizione della società può cambiare grazie al merito, cioè grazie al lavoro, all’intelligenza, all’istruzione. L’ascensore sociale è bloccato laddove i ricchi diventano sempre più ricchi, studiano sempre gli stessi o i loro figli: funziona invece se tutti, grazie al sudore della loro fronte, possono arrivare alle conoscenze che contano. Se il figlio di due immigrati pakistani diventa sindaco, come accaduto a Londra per Sadiq Khan, l’ascensore sociale funziona.

Tornando al calcio, negli ultimi anni il nostro “ascensore sociale” calcistico ha dato egregia prova di sé. L’Atalanta, cresciuta grazie al lavoro splendido di tutta la società e non solo dell’allenatore, non è un’eccezione. Ci sono il Sassuolo, il Verona e tante altre squadre. Il Benevento sconfigge la Juventus senza batter ciglio, e molte squadre sconosciute trionfano nelle serie inferiori.

Questo meccanismo però si blocca quando si arriva all’Europa: lì, da anni, vincono sempre le stesse. Per i soldi? Forse. L’anno scorso il Bayern  Monaco ha incassato un miliardo grazie alle diverse competizioni vinte e il Real Madrid poco meno. Forse allora il meccanismo dell’ascensore sociale calcistico, in Europa, è già bloccato e il vero compito sarebbe sbloccare quello, non includere tra i vincenti alcune poche squadre e poi erigere un muro a protezione della casta.

Intanto però, dopo l’annuncio della loro adesione al nuovo torneo, Juventus e Manchester United volano in borsa…

Source: agi


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