di Pietro Cracò
Sono tempi di guerra e sono notti lunghissime in quella “terra di confine” chiamata Ucraina.
Non semplicemente un piccolo Stato di mezzo, un ponte tra i due mondi occidente e oriente.
Uno Stato vittima della sua storia, già repubblica federata dell’URSS e dal 1991 repubblica autonoma. Una regione vittima della sua posizione geografica, divisa tra le due anime, mitteleuropea e russofona. Un popolo vittima delle volontà dei “grandi”, tra Unione Europea, Nato e quella che non è solamente la Russia come Nazione, ma lo Stato più grande del mondo, figlia di un Impero Sovietico che l’orgoglio meschino del suo leader innominabile vorrebbe far resuscitare.
Passare da virologi a esperti di politica internazionale è un attimo. Magari italianamente con un accenno alle critiche musicali per le canzoni sanremiane di poche settimane fa. Tutti lo dicono, eppure il commento con “note” di sostegno e solidarietà è così facile da parte dei tuttologi italiani di oggi, che influenzano l’opinione pubblica.
Abbandoniamo il gusto del commento con l’amara consapevolezza che l’essere umano a questo mondo è solo spettatore. Troppe le evoluzioni inaspettate, tante le soluzioni prospettate e poi smentite. Restiamo allora a guardare, ascoltare, sperare e pregare…
perché quella guerra è lì, dove solo per caso si trovano milioni di ucraini innocenti e non noi.
E allora nel cielo buio ucraino, dove le nuove stelle sono luci di guerra, dove i suoni non sono versi di canzoni, ricordiamo i versi di un cantautore italiano che ci ricorda quanto il passato sia vicino al presente:
Chissà, chissà, domani…
su che cosa metteremo le mani…
I russi, i russi, gli americani,
No lacrime, non fermarti fino a domani,
Sarà stato forse un tuono
Non mi meraviglio
È una notte di fuoco,
Dove sono le tue mani,
Nascerà e non avrà paura nostro figlio
E chissà come sarà lui domani,
Su quali strade camminerà
Cosa avrà nelle sue mani, le sue mani…
E se è una femmina si chiamerà… Futura
Il suo nome detto questa notte
Mette già paura,
Sarà diversa bella come una stella…
Aspettiamo che ritorni la luce…
All’alba del 2022, Lucio Dalla con il suo testo scritto nel 1979 viene spammato con amara forza in ricordo di quel periodo storico tanto labile quanto delicato, che ritorna. Il cantautore lasciò nella storia della canzone italiana un testo scritto a due passi da quel muro che rappresentava differenze e problemi che sembravano lontani fino a ieri. Dalla, per caso in quel di Berlino, chiese ad un taxista che lo aveva accompagnato di aspettare qualche minuto, mentre lui si sedette su una panchina a fumare, guardò il muro visibile di ieri, invisibile oggi, e in mezz’ora scrisse “Futura”.
Tornando ai nostri giorni funesti, in queste notti continue esplosioni colpiscono la capitale ucraina, i bombardamenti testimoniamo la prepotenza russa fin alle porte della città. La resistenza ucraina arretra, ma non troppo, e nel frattempo in una stazione della metropolitana, rifugio improvvisato per i civili dagli orrori di questa guerra, una notizia nel pieno del conflitto corre fino in Italia tra le agenzie di stampa, rimbalza su ogni social e media, un sussulto di speranza per un futuro diverso: è nata una bambina nella metropolitana di Kiev. Assiepati vicini, impauriti e bloccati sottoterra, guardano, come tutto il mondo, a questo piccolo miracolo di Kiev con speranza.
La bimba si chiama Mia, ma già in molti hanno scelto un altro nome per Lei, la chiameranno Libertà.