AGI – Un’assemblea riunita da remoto per apportare modifiche tecniche allo statuto, in base alle indicazioni arrivate dalla Commissione Trasparenza della Camera il 6 luglio: tanto basta per rinfocolare gli animi di chi, dentro il Partito Democratico, “si preoccupa della mano che scriverà le liste per le prossime politiche”, come dice un esponente della maggioranza Pd.
Infatti, nelle modifiche approvate venerdì da remoto, con 200 voti a favore, 1 contrario e otto astenuti (ma valeva il silenzio assenso), si sono stabiliti due punti che rispondono alle richieste arrivate dalla Commissione Trasparenza di Montecitorio: il primo era di indicare il numero dei componenti della segreteria e si è risposto mettendo nero su bianco che i membri vanno dai 12 ai 20, escluso il coordinatore.
Assieme a questo, però, si è confermato che sei mesi prima della scadenza del mandato, il segertario indice il nuovo congresso. Un passaggio già presente nello statuto del Pd, non una novità. Ora, spiegano autorevoli fonti dem, “indire il congresso non significa che questo viene celebrato sei mesi prima”. Il segretario, infatti, può anche decidere di celebrare il congresso 20 giorni prima la scadenza del mandato, e indire per quella data l’inizio della fase congressuale.
E comunque, sottolinea un componente della direzione dem “il congresso si farà dopo le politiche”. Alla base di tutto, viene spiegato ancora, “c’è la preoccupazione di chi non vuole che a fare le liste elettorali sia il segretario in carica, evidentemente perchè teme di essere escluso da quelle stesse liste”. Gli occhi di molti nel Pd si rivolgono, allora, verso i colleghi di Base Riformista.
Una ricostruzione confermata dalla segerteria dem che sottolinea come sulla modifica della norma dello Statuto del Partito Democratico concernente la scadenza del mandato del Segretario e dell’Assemblea nazionale, si leggono interpretazioni del tutto fantasiose e prive di qualsiasi ancoraggio alla realtà. M
olto semplicemente, continua la nota del Nazareno, il testo dell’articolo dello Statuto che disciplina la “durata dei mandati del Segretario e dell’Assemblea nazionale” è rimasto del tutto identico, tranne che per la modifica della numerazione dei commi a cui si fa rinvio per disciplinare il caso di cessazione anticipata dal mandato, necessaria per adeguare lo Statuto a precedenti modifiche statutarie.
Di conseguenza, la data di scadenza del mandato dell’attuale Segretario nazionale rimane immutata (17 marzo 2023), così come i termini e le modalità di indizione del nuovo congresso per l’elezione del Segretario e dell’Assemblea
“Vorrebbero il congresso per candidare Bonaccini contro Letta e, così facendo, sperare di ottenere un posto in lista”, è la lettura offerta da un esponente della sinsisra che aggiunge: “Noi siamo tutti con Letta perchè ha portato avanti quella penetrazione nell’elettorato moderato iniziata con Zingaretti. Abbandonare questa strada per inseguire il disegno di una confederazione della sinistra, schiacciandoci magari su M5s, ci farebbe rischiare di perdere al congresso”, viene aggiunto.
A scandagliare gli esponenti di Base Riformista, non emerge alcuna fretta di andare alla conta: “Ora pensiamo unicamente a vincere alle amministrative, è inutile fare polemiche”, viene assicurato. “E’ interesse di altri buttare la croce addosso a Base Riformsita. Ma noi siamo concentrati sul voto delle amministrative perchè se si vince alle amministrative vince tutto il Pd”, aggiungono dall’area che fa capo a Lotti e Guerini. Dentro il partito, tuttavia, gli animi sono agitati.
Le parole di Goffredo Bettini sul governo Draghi e il ruolo del Pd hanno rianimato sospetti e vecchie tensioni. “C’è un dibattito sui prossimi passaggi dell’elezione del Capo dello Stato e sulla durata del governo”, conferma un esponente dela sinistra dem. Sinistra che non marcia compatta su questo: quella di Bettini, infatti, appare a molti esponenti una “accelerazione pericolosa”.
E’ innegabile, è il ragionamento offerto da fonti parlamentari, che il governo Draghi, per come è composto, “non può essere il governo del Pd e la stessa agenda non può essere l’agenda del partito”. Si ricordi, viene aggiunto, “che governiamo con la Lega e Forza Italia, che non sono certo partiti compatibili con il Pd e la sua storia. E’ una fase eccezionale che terminerà con la fine di questo governo“. E con questo si apre il secondo tema, quello della durata dell’esecutivo.
E’ questo il punto su cui la sinistra dem si divide, con Bettini e gli esponenti a lui più vicini che vedrebbero bene una fine anticipata della legislatura per eleggere Draghi al Quirinale e il resto dlela sinistra che frena: “Noi avremmo tutto l’interesse ad andare alle elezioni il prima possibile, ma sappiamo anche che questo non è possibile. Intanto perchè, per Draghi al Quirinale, bisognerebbe sciogliere il nodo Mattarella. E questo non è stato ancora fatto. In secondo luogo sappiamo tutti qual è l’avviso degli eletti che si chiudono rispetto all’idea di un voto anticipato”.
Source: agi