Questo terremoto accaduto 330 anni fa rappresenta una vera e propria “pietra miliare” nella storia sismica del nostro paese. Nell’attuale versione del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11) risulta essere il più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale. Inoltre, per vastità dell’area colpita, numero di vittime e gravità degli effetti provocati, è tra i terremoti maggiormente distruttivi della storia sismica italiana; infine, riveste un’importanza enorme per la colossale e problematica opera di ricostruzione e di riedificazione che modificò radicalmente l’intera rete insediativa di una ampia parte della Sicilia.
Il terremoto colpì un territorio vastissimo in due riprese, con due violentissime scosse avvenute a distanza di due giorni. Il primo forte evento si verificò il 9 gennaio 1693 attorno alle ore 21:00 GMT (il tempo medio di Greenwich, orario riportato per convenzione nei cataloghi sismici), le 4:30 secondo l’uso orario “all’italiana” in vigore all’epoca. Nonostante questa prima scossa sia avvenuta a meno di 48 ore dal secondo, ben più grave terremoto, il quadro complessivo dei suoi effetti macrosismici risulta comunque ben documentato. Secondo lo studio di Guidoboni et al. (2007), ripreso dal catalogo CPTI11, la scossa raggiunse un’intensità epicentrale valutabile tra i gradi 8 e 9 della Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). I danni furono gravissimi in centri come Augusta, Avola (l’attuale Avola Vecchia), Noto (l’attuale Noto Antica), Floridia e Melilli, dove crollarono molti edifici. Gravi danni e crolli interessarono anche Catania e Lentini. A Catania, già seriamente danneggiata dalla distruttiva eruzione dell’Etna del 1669, molti palazzi e abitazioni, nonché chiese e monumenti, subirono lesioni diffuse, alcune case private crollarono provocando la morte di 16 persone. A Siracusa molti edifici furono lesionati, alcuni rimasero pericolanti, ma nel complesso i danni furono meno gravi rispetto a Catania. La scossa fu avvertita fortemente, ma senza danni, a Messina e a Malta, e sensibilmente fino a Palermo.
Il secondo terremoto – preceduto circa 4 ore prima da un’altra forte scossa che però non aggravò sensibilmente i danni della prima – avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 13:30 GMT (circa le 21 secondo l’orario “all’italiana” in vigore all’epoca) ed ebbe effetti veramente catastrofici. L’enorme gravità di tali effetti fu dovuta anche al fatto che questi andarono in parte a sovrapporsi a quelli della scossa del 9 gennaio. E’ anche vero, però, che l’area colpita fu molto più vasta rispetto a quella interessata dal primo terremoto, tanto che molte località che erano state solo leggermente danneggiate, o non danneggiate affatto il 9 gennaio, questa volta subirono danni importanti o vere e proprie distruzioni. Basti pensare che solo l’area dei danni più gravi risultò estesa su un vasto territorio di oltre 14.000 kmq, che venne completamente devastato. Tutta la Sicilia orientale fu gravemente colpita. Crolli e danni gravi si ebbero fino a Messina e alla costa tirrenica (Patti e Naso), verso nord, e fino a Malta verso sud. Danni diffusi e rilevanti furono riscontrati a Reggio Calabria, Agrigento e addirittura a Palermo, situata a più di 150 km dall’area epicentrale. Danni più leggeri si ebbero fino alle Isole Eolie e in alcuni centri della Calabria centro-meridionale.
La vastità dell’area danneggiata, al di là degli effetti cumulati delle due scosse più forti, suggerisce che quello dell’11 gennaio sia stato un evento di magnitudo veramente elevata.
Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI11), che riprende lo studio di Guidoboni et al. (2007), classifica questo terremoto con un’intensità epicentrale pari al grado 11 MCS e una magnitudo momento equivalente (calcolata sulla base della distribuzione degli effetti macrosismici) Mw pari a 7.4, tra le più alte dell’intera area mediterranea.
Nella estrema parte occidentale della Sicilia (Trapani, Mazara del Vallo, Marsala) la scossa dell’11 gennaio fu avvertita molto fortemente, ma non sono ricordati danni. Sembra accertato, inoltre, che fu avvertita sensibilmente fino alla Calabria settentrionale e sulla costa tunisina, dunque in un’area vastissima.
Le distruzioni più gravi si ebbero nella zona sud-orientale della Sicilia e interessarono i territori corrispondenti alle attuali province di Catania, Siracusa e Ragusa. Furono gravemente colpiti tutti i centri di grande importanza economica e culturale dell’area. Catania, Acireale e i piccoli centri del versante sud-orientale dell’Etna furono quasi interamente distrutti. Tutti i centri della Val di Noto furono praticamente rasi al suolo: tra questi, solo per citarne alcuni, Sortino, Ragusa, Modica, Melilli, Lentini, Avola, Augusta, Noto. Molti crolli e danni estesi si ebbero a Siracusa, Caltagirone, Vittoria, Comiso. Complessivamente si verificarono effetti uguali o maggiori al grado 9 MCS in una settantina di località.
Il terremoto, soprattutto la grande scossa dell’11 gennaio, ebbe un forte impatto anche sull’ambiente naturale, producendo effetti d’intensità e dimensioni notevoli su un’area molto vasta. In molte località della Sicilia orientale, sparse tra Messina e l’area iblea, si aprirono fenditure nel terreno dalle quali, in molti casi, furono segnalate fuoriuscite di gas o di acque calde e altri materiali fluidi. Nel territorio ibleo, dove si ebbero i massimi effetti, ci furono frane e smottamenti, che in alcuni casi sbarrarono e ostruirono corsi d’acqua portando alla formazione di nuovi invasi. Tutto il periodo sismico fu, inoltre, accompagnato da un’intensa attività dell’Etna.