Il mondo dei videogiochi sta cambiando. Non solo grazie alle tecnologie, sempre più innovative e immersive, ma anche a causa di nuove forme di narrazione e di interazione tra personaggio e giocatore, tra dimensione ludica e mondo fisico. Keith Stewart, giornalista del Guardian, ha incontrato al Festival Celsius 232 alcuni tra i principali sceneggiatori di storie per videogiochi.
Insieme agli autori di storie di grande successo, come Faster Than Line e Witcher 3, ha provato a immaginare quali saranno le novità che andranno a comporre lo storytelling di questo universo in continua evoluzione. “Dieci anni fa, con GTA o Assassin’s Creed, i narratori diedero spazio e importanza a quelle trame secondarie che permettevano di uscire, liberamente, dal tracciato originario per abbandonarsi a nuove possibilità”. Oggi, secondo Stewart, ci sono 5 ragioni per credere che siamo di fronte a una svolta simile.
I controller di gioco, con la loro moltitudine di pulsanti e leve, rappresentano uno degli ostacoli più grandi da superare. Secondo Tom Jubert, creatore di Bungie, gli sceneggiatori si devono impegnare a immaginare soluzioni alternative che mettano al centro il linguaggio naturale e le sue elaborazioni. Il gioco del futuro dipenderà moltissimo da una comunicazione diretta tra giocatori e personaggi dove saranno i comandi vocali a determinare quello che succede.
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Jubert, ad esempio, immagina di poter trasformare quello che viene detto in sentimenti, argomenti e azioni: “In una partita di mezz’ora si potrebbe fare un interrogatorio nei confronti di un sospetto senza sapere quanto si è riusciti ad avanzare nello sviluppo della storia. E scegliere di essere diplomatici o aggressivi, a seconda dell’obiettivo e di come ci si sente”. Quello che è certo è il desiderio di superare mouse e joypad, tastiere e altri componenti hardware che limitano tutto ciò.
All’interno di queste narrazioni c’è un unico re: il dialogo. Secondo Jakub Szamalek, invece, presto tutto cambierà. Le nuove tecnologie permetteranno a chi scrive di dare maggior risalto a elementi fino ad ora tenuti in disparte e che sono legati alla sfera del “body language”: “Sarà più semplice anche per noi rappresentare le interazioni tra i personaggi lavorando principalmente sulle espressioni facciali o su alcuni movimenti del corpo”. Personalità meno logorroiche e noiose favoriranno la velocità di fruizione dell’intero gioco.
Spesso, per raccontare gli elementi fondanti di una trama complessa, i grandi videogiochi propinano ai giocatori lunghe scene cinematografiche dove vengono narrati gli antefatti o vengono presentati particolari utili alla connotazione dei vari protagonisti. Poi, accanto a queste proiezioni, si ricorre a espedienti per fornire altre informazioni. Oggetti come pergamene o mappe. Pop-up di mail, messaggi privati o video olografici.
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L’intelligenza artificiale darà la possibilità di studiare nuovi modi per far emergere i dettagli di quello che si sta raccontando eliminando tutto ciò. Secondo Nick Abnett non si riceveranno più banali ordini come questo: “se vai nella stanza X, dentro il cassetto in basso troverai una pergamena..”. Sarà il gioco stesso a imparare attraverso l’esperienza di gioco e scegliendo il momento e il modo più adatto per far fare quella scoperta.
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Il mondo delle serie televisive, soprattutto quelle che prevedono una trama che si dilunga in molte stagioni, influenzeranno anche questa tipologia di storytelling. Gli autori dovranno dedicarsi a storie che non si perdono nell’immediato ma che avranno un respiro di mesi e anni. Per Abnett è il fumetto a dover essere preso come modello per potersi dedicare efficacemente questa tipologia di scrittura: “Nei fumetti puoi tornare indietro e riprendere fili che sono rimasti incompiuti. Così puoi rendere le tue storie facilmente componibili, collegandole insieme in una maniera che non sembra mai forzata. I videogiochi possono imparare molto da questo meccanismo”.
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La violenza è un elemento centrale dei giochi moderni. Una delle sfide del futuro sarà quella di costruire nuove storie che siano portatrici di altri sentimenti volti a unire persone che abitano in luoghi molto distanti. L’obiettivo sarà quello di far sì che si sentano sempre più parte di qualcosa di grande e di esclusivo. Margaret Stohl è convinta che Netflix possa rappresentare un altro modello da seguire per “riuscire a rivolgersi a un pubblico sempre più globale. Che aspetto ha un eroe in Cina? E in India? Quali sono le linee narrative veramente importanti e universali?”. Ed è rispondendo a queste domande che, secondo l’autrice, cambierà il modo di scrivere sceneggiature: “Per questo il nuovo Harry Potter verrà proprio dal mondo dei videogiochi”. C’è solo da attendere per capire come sarà.
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Fonte: cultura agi