di Gianni De Iuliis
BAL AU MOULIN DE LA GALETTE – PIERRE-AUGUSTE RENOIR (1876)
Tecnica: olio su tela; Dimensioni: 131 x 175 cm; Luogo: Museo d’Orsay, Parigi
«Dispongo il mio soggetto come voglio, poi mi metto a dipingerlo come farebbe un bambino. Voglio che il rosso sia sonoro e squillante come una campana, quando non ci riesco aggiungo altri rossi ed altri colori finché non l’ottengo. Non ci sono altre malizie. Non ho regole nè metodi; chiunque può esaminare quello che uso o guardare come dipingo, e vedrà che non ho segreti. Guardo un nudo e ci vedo miriadi di piccole tinte. Ho bisogno di scoprire quelle che fanno vibrare la carne sulla tela. Oggi si vuole spiegare tutto. Ma se si potesse spiegare un quadro non sarebbe più arte. Vuole che le dica quali sono, per me, le due qualità dell’arte? Dev’essere indescrivibile ed inimitabile … L’opera d’arte deve afferrarti, avvolgerti, trasportarti».
Così Renoir sul suo modo di fare arte e sulle sue concezioni estetiche. Spesso nelle sue lettere ricorrono le seguenti espressioni: «lavorare da buon operaio»; «operaio della pittura»; «fare della buona pittura». In effetti egli non è mai stato un teorico. Fu uno degli artisti più rappresentativi dell’Impressionismo, con ben cinquemila tele e altrettanti disegni e acquerelli all’attivo. Contribuì alla causa dell’Impressionismo con il pennello, la tavolozza e il cavalletto, senza mai impegnarsi in dichiarazioni programmatiche. Rispetto all’idealismo di Monet o di Cézanne, preferiva l’insegnamento dei vecchi maestri, considerando il passato come un’eredità imprescindibile per la sua arte. Riteneva il museo luogo sacrale, metafisico, capace di andare al di là della natura stessa.
L’opera di Renoir si pone come punto di incontro tra esperienze artistiche molto eterogenee. Ma sicuramente il ruolo decisivo nella sua formazione lo ebbero i pittori di Barbizon, dai quali mutuò il gusto per il plein air e la sensibilità a rappresentare la contiguità tra paesaggio ed emozioni. Infatti tali esperienze caratterizzarono la sua famosa joie de vivre, quell’entusiasmo e quella continua meraviglia verso la bellezza della natura che trasportava con freschezza e immediatezza su ogni sua tela.
Nel 1881 decise di fare un viaggio in Italia per studiare l’arte dei maestri rinascimentali. Il suo incontro con i dipinti di Raffaello e con le pitture murali di Pompei provocarono un repentino mutamento stilistico, già ampiamente annunciato dalla sua stanchezza nei confronti dell’Impressionismo. «Raffaello, che non dipingeva all’aperto, aveva però studiato la luce del sole, perché i suoi affreschi ne sono pieni. Io invece, a forza di guardare all’esterno, ho finito per non vedere più le grandi armonie, preoccupandomi troppo dei piccoli particolari che offuscano il sole anziché esaltarlo». Tali riflessioni lo portarono a ripudiare il plein air per ritornare a dipingere negli atelier. Nasce lo stile aigre, termine che significa «aspro», a sottolineare il superamento della percezione visiva impressionista, instabile e sfocata, a favore di una pittura solida, con forme decise e disegni nitidi.
L’opera che proponiamo è una delle e più note di Renoir ed è considerata uno dei capolavori più significativi dell’Impressionismo. Il Moulin de la Galette era un locale assai frequentato dai parigini, situato sulla collina di Montmartre e nato dalla ristrutturazione di due vecchi mulini a vento. Le gallette sono le famose frittelle che all’epoca erano offerte come consumazione e comprese nel prezzo d’ingresso.
È raffigurato un ballo domenicale nella terrazza alberata del Moulin. Le figure sono spensierate, gioiose, piene di joie de vivre. Si godono il sole primaverile, il vino francese e la musica. In primo piano una tavolata di persone che conversano abilmente, mentre sullo sfondo impazza un vorticoso ballo. L’osservatore sembra rapito e coinvolto dal ritmo dei ballerini, dalle risate degli avventori, dai raggi del sole che penetrano attraverso il fogliame. L’opera trasmette energia e vitalità e a noi osservatori pare di essere lì, seduti a gustare dell’ottimo Blanquette de Limouxnel, pienamente integrati nella vita mondana parigina, ottimistica e spensierata, all’epoca della Belle Époque.