Dagli attentati incendiari a metà degli anni ‘90 all’incontro con Antonello Montante. Così Pietro Di Vincenzo, teste e parte offesa, racconta al processo sul “Sistema Montante” che si celebra a Caltanissetta l’incontro con quel giovane imprenditore rampante di Serradifalco e quello con Vincenzo Arnone, ritenuto boss di Serradifalco, arrestato nel 2001 nell’ambito dell’operazione antimafia della Dda di Caltanissetta “Urano” e condannato in via definitiva per associazione mafiosa. Dopo gli attentati incendiari Di Vincenzo incontrò Montante il 30 aprile del 1996 nella sua azienda. “Antonello Montante mi disse che poteva mettermi in contatto con Vincenzo Arnone per sistemare le cose. Ringraziai e dissi di no. Non volevo dare altri soldi ai sanguisuga”, ha affermato. Di Vincenzo, a cui è stato confiscato tutto il patrimonio pur non avendo condanne per associazione mafiosa o concorso in associazione mafiosa, è stato presidente degli industriali di Caltanissetta; ha raccontato il periodo della sua presidenza e la scalata di Antonello Montante tra gli industriali nisseni. Alle persone vicine a Di Vincenzo, lo stesso Montante avrebbe consigliato di stargli lontano. Alla domanda dell’avvocato di Montante, Giuseppe Panepinto, se durante l’incontro con Montante nel ‘96 si parlò esplicitamente di denaro, Di Vincenzo ha risposto: “Non mi parlò esplicitamente di denaro, ma per me era evidente che si riferisse a una situazione con esborso di denaro per far finire gli attacchi della criminalità organizzata. Per la mia esperienza di imprenditore tutte le volte che qualcuno si è messo in mezzo per ‘mettere le cose a posto’ mi è stato poi chiesto del denaro. A quel punto feci buon viso a cattivo gioco, lo ringraziai e gli dissi che non era il caso. Già pagavo il pizzo ad altri soggetti e quindi non ritenevo di aggiungere altri sanguisuga alla mia tasca. Da allora ho sempre cercato di avere con lui un atteggiamento garbato ma con una notevole diffidenza nei suoi confronti”. (AGI)
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