L’età dei Florio rivive in una mostra di abiti d’epoca aperta fino a metà settembre a Mirto, nell’entroterra nebroideo del Messinese. Esposta al Museo della moda e del costume siciliano allestito in forma permanente a Palazzo Cupane, si intitola “La moda ai tempi dei Florio” ed è stata voluta e curata dal direttore e fondatore del museo, Giuseppe Miraudo, architetto, costumista con il grande Piero Tosi, promoter, per anni insegnante al Dams e poi al Coreutico di Palermo, diviso tra Palermo e Capo d’Orlando e artefice per l’inaugurazione della venuta a Mirto di Maria Grazia Cucinotta, madrina del museo, della quale è amico ventennale avendole curato in più film i costumi di scena.
Ma della famiglia Florio e soprattutto di Franca Florio, “la regina di Palermo”, non ci sono che le foto-ritratto. Capi, accessori di biancheria, borse, corpetti e scarpe sono di altre famiglie di uguale rango. Curiosità della storia: la più munifica casa palermitana a cavallo di Otto e Novecento, la più splendida in fatto di guardaroba, è quella che alla fine ha lasciato ben poco di sé, quasi che la sua stella abbia brillato della luce più intensa per poi spegnersi del tutto. Ciò che rimase, dopo le vendite massive e forzate dovute ai debiti, fu donato a Palazzo Pitti, soprattutto gli abiti, avendo i Florio preferito Firenze alla loro Palermo, dalla quale anche l’ultima erede morta da poco tempo aveva preso le distanze. A ricordare i Florio ci sono nella mostra di Mirto gli abiti analoghi a quelli che la stessa Franca commissionava alle sartorie dove si servivano le famiglie che hanno invece conservato i loro capi custodendoli per i posteri come oggetti preziosi. E in realtà la media del valore di ciascuno di quelli esposti si aggira sui tremila euro, costo che cresce non di poco se si include il necessario restauro.
Gli abiti sia femminili che maschili, sull’esempio dei Florio, venivano da Parigi da dove arrivavano in Sicilia anche i modelli all’ultima moda che esperte sartorie dell’isola realizzavano con grande abilità. E la mostra propone il senso di questa temperie che coinvolse le famiglie aristocratiche ed altoborghesi sull’esempio dell’elegantisima Franca Florio e in un clima decadente e per ultimo americaneggiante alla Grande Gatsby.
La rassegna conta circa centocinquanta pezzi tra abiti e accessori e vanta il suo punto forte nei cinquanta capi femminili grande soirée che coprono un arco di tempo compreso tra i primi del Novecento e gli anni Trenta, proprio quelli che coincidono con la parabola dei Florio, dal successo alla decadenza. “Ci ho lavorato più di un anno – dice Giuseppe Miraudo all’Agi – convinto che il nome dei Florio costituisca ancora oggi un’attrazione per il loro casato e per l’epoca in cui vissero. Non è stato facile raccogliere gli abiti e il resto: mi sono rivolto alle Fondazioni, come quella dei Piccolo di Calanovela, alle famiglie palermitane più in vista, ai collezionisti e ho girato case private così come ho fatto in tanti anni per mettere su il museo”.
In realtà la mostra è inscindibile dal museo che la ospita in tre stanze fra cui il salone delle capriate. Ne è un elemento intrinseco per cui è stata allestita nel piano riservato agli abiti appartenuti alle famiglie aristocratiche, dove si integra alla perfezione con i reperti permanenti del museo. Il quale è come un palazzo barocco che si arricchisce di florilegi e ghirigori più si sale in alto. “A pianoterra – spiega Miraudo – abbiamo allestito gli abiti e gli accessori popolari, di contadini e artigani, i più difficili da trovare perché, essendo sempre riutilizzati, si andavano via via rovinando. Al primo piano abbiamo collocato il guardaroba della piccola borghesia dove si cominciano a vedere le prime livree, quindi si sale alla sezione dedicata alla grande borghesia arricchita e affermata, dei Sedàra per capirci, per poi arrivare al piano dei principi di Salina, alla vera nobiltà. Tutto repertorio unicamente siciliano. E di siciliano abbiamo anche la parte riservata alle sartorie siciliane alle quali si devono fulgide pagine della storia della nostra moda. Basta pensare a Madama Ferraro di Messina, un’istituzione in Sicilia, dai cui eredi abbiamo avuto in donazione un centinaio di abiti”.
Il museo raccoglie pezzi che vanno dal Settecento (oggetto di una mostra allestita a Villa di Palagonia di Bagheria) ai nostri anni Ottanta, ma il meglio si può dire che sia compreso tra la Belle Époque e la Dolce vita. “Molti capi li abbiamo acquistati anche all’asta – dice il direttore – mentre altri ci sono stati donati, tanto che in qualche circostanza siamo stati fortunati, come quando una nobildonna palermitana ci ha donato un abito che è una vera rarità, creazione della prestigiosa casa Fortuny di Venezia, la quale peraltro ha provato ad averlo, ma è qui. esposto come eccellenza del nostro campionario”. Da Mirto la mostra sul tempo dei Florio si sposterà in autunno al Vittorio Emanuele di Messina, prima tappa di un possible tour ancora da definire. Essa si raccomanda per la bellezza dei manufatti d’epoca e la loro ottima conservazione, ma soprattutto per la forza che ha, in un contesto architettonico congeniale nel cuore di un paesino di soli novecento abitanti e dal sapore antico, di trascinare nel passato ed evocare suggestioni remote fatte di vesti struscianti, candelabri, sigari, baciamani, saloni, feste e profumi. “Gli abiti d’epoca sono una fascinazione – dice Miraudo. – Costituiscono la testimonianza storica, palpabile e reale di ciò che è stato prima di noi, la migliore macchina del tempo”. (AGI)
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