Le restrizioni poste all’attività degli aerei delle ong che monitorano le rotte migratorie nel Mediterraneo centrale sembrano figlie solo della volontà del governo di “ostacolare l’attività di documentazione e denuncia da parte della società civile delle condotte illegali delle Guardie costiere nordafricane, in particolare di quella libica, condotte che andrebbero sanzionate e che invece oggi sono sostanzialmente impunite”. Lo ha denunciato Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch Italia, nel corso di una audizione sul decreto flussi 145/2024 davanti alla Commissione Affari costituzionali della Camera.
Linardi ha puntato l’indice, in particolare, sull’articolo 11 del decreto, che impone al pilota degli aerei di ‘informare di ogni situazione di emergenza in mare, immediatamente e con priorità, l’Ente dei servizi del traffico aereo competente e il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile per l’area in cui si svolge l’evento, nonché i Centri di coordinamento del soccorso marittimo degli Stati costieri responsabili delle aree contigue’.
“L’obbligo di informazione in sé viene già rispettato in tutte le nostre operazioni di ricerca e soccorso – ha ricordato Linardi – ma allargarlo all’Enac, che non ha alcuna competenza in materia Sar, sembra nascondere solo il tentativo del nostro Paese di estendere la propria giurisdizione ben al di là dei primi limiti territoriali, ad eventi in acque internazionali, offrendo la possibilità di sanzionare velivoli con il fermo o la confisca, come già avviene per le nostre navi. Il monitoraggio aereo serve ad evitare ritardi ingiustificati nell’assistenza, omissioni di soccorso e respingimenti coatti, vietati dal diritto internazionale, verso Paesi che non possono essere considerati sicuri come la Libia e la Tunisia: quasi sempre al pilota viene detto di abbandonare l’area dell’avvistamento e questo gli impedirà di documentare le attività di intercettazione e cattura violenta di migranti da parte delle Guardie costiere nordafricane”. (AGI)