La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non nasconde la sua soddisfazione per i progressi fatti in Europa sulle migrazioni. Rivendica un cambio di punto di vista e di passo; accoglie la proposta della Commissione di stanziare 12 miliardi di euro per la protezione dei confini nella revisione del bilancio Ue e chiede che la cooperazione con i Paesi terzi, Tunisia in primis, non sia limitata alle migrazioni. Nel lungo dibattito con i Ventisette deve però fare i conti con la resistenza del premier polacco, Mateusz Morawiecki, che non vuole arrendersi all’accordo sulla solidarietà obbligatoria raggiunto l’8 giugno scorso dai ministri dell’Interno e chiede che sulle migrazioni si legiferi all’unanimità. Ma al tavolo difficilmente può trovare sostegno che vada oltre a quello del collega ungherese, Viktor Orban. Quello che oggi c’è scritto nelle conclusioni del Consiglio europeo era probabilmente impensabile otto mesi fa. Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista, anche col contributo di altre nazioni, dall’annosa divisione tra Paesi di primo approdo e Paesi di movimenti secondari a un approccio unico che risolve i problemi di tutti, che è quello sulla dimensione esterna”, ha detto la premier al suo arrivo al Palazzo Europa dove si riuniscono i leader.
Un cambio di paradigma – secondo la premier – che emerge anche dal fatto che “ci sia un paragrafo dedicato alla Tunisia, non nel capitolo delle migrazioni ma in quello delle dimensioni esterne” e questo racconta “l’idea di partenariato strategico con i Paesi del Nord Africa che per noi è un cambio di passo molto importante sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo di cui l’Italia è stata portatrice in questi mesi”. Così come accoglie la richiesta della Commissione di destinare 12 miliardi: “Un buon punto di partenza, vanno concentrati sul Mediterraneo centrale, cosa che finora non era stata fatta”.
Tutti elementi che vengono riconosciuti anche dagli altri leader in un’alleanza che per la prima volta mette insieme Mediterraneo e Nord, Paesi di primo arrivo e Paesi secondari; conservatori (salvo ovviamente il premier polacco) e socialisti. “Sono molto felice dell’accordo perché prevede un meccanismo di solidarietà di cui l’Europa aveva bisogno da tanto tempo. Esige qualcosa da tutti: gli Stati che hanno frontiere esterne nell’Ue fanno la loro parte, registrano chi viene e gli danno la possibilità di presentare domanda d’asilo. Allo stesso tempo, significa che in un tale meccanismo di solidarietà ci assumiamo naturalmente la responsabilità di alcuni rifugiati, in modo che tutto non rimanga agli Stati di confine”, ha confermato il cancelliere tedesco Olaf Scholz. “Per inciso, la storia degli ultimi dieci o vent’anni ha dimostrato che ogni Stato che crede che questo sia un problema per gli altri, a un certo punto scopre che può diventare anche il proprio. Questa, penso, è forse la storia che avremmo dovuto imparare dal passato. Forse ha contribuito a rendere possibile questo buon consenso tra i ministri dell’Interno”, ha rimarcato il cancelliere socialista. “Non possiamo ignorare l’aspetto della dimensione esterna”, ha richiamato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. “Dobbiamo guardare a tutte le possibilità che abbiamo per combattere i trafficanti. Abbiamo visto con le tragedie nel Mediterraneo quanto operino in modo cinico e il nostro obiettivo principale è fermare questo crimine organizzato”, ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Non si arrende invece il premier polacco, Morawiecki, che si è presentato al vertice con il piano ‘Europa delle frontiere sicure’. “Significa no all’immigrazione clandestina, no all’imposizione di sanzioni pecuniarie o a sanzioni varie” per chi non accetta di aiutare i Paesi che ricevono più migranti, come stabilito di recente dal testo approvato in Consiglio Ue col voto contrario di Varsavia. Il piano polacco, ha spiegato, “è un no all’abbandono della regola dell’unanimità e un sì alla sovranità, alla sicurezza, soprattutto a quella dei confini polacchi, delle strade polacche, delle città e dei villaggi polacchi. Ma ovviamente auguriamo lo stesso ai nostri amici europei”. “La Polonia sa molto bene cos’è la solidarietà e non abbiamo bisogno che ci venga insegnata. Abbiamo accolto oltre tre milioni di rifugiati. Un milione e mezzo sono ancora nel nostro Paese. Abbiamo aperto case polacche”.
Eppure, ha sostenuto Morawiecki, “nel caso dell’Ucraina, la Polonia ha ricevuto scarso sostegno: alcune decine di euro per rifugiato. Nel caso di un rifugiato non accettato dal Medio Oriente, dobbiamo essere puniti con una multa di 20 mila euro o più. Non siamo d’accordo”, ha rivendicato. Ci tiene tuttavia a sottolineare l'”ottimo rapporto” con Meloni e l’impegno comunque per trovare una soluzione condivisa.
Dall’altra parte, le porte per Morawiecki sembrano serrate. “Siamo pronti a discutere dalla migrazione ma non riapriamo l’accordo raggiunto”, ha messo in chiaro la premier estone, Kaja Kallas. (AGI)