Partono dalla Tunisia, dalla Libia, dal Marocco, dalla Turchia, alla volta dell’Europa: se sono fortunati, dopo giorni incrociano navi in grado di soccorrerli o lanciare allarmi; altrimenti muoiono di fame, di sete, annegano: sette sono affogati a metà strada tra Malta e l’Italia, 41 al largo del Marocco, di decine di altri non si ha neanche notizia. Lampedusa accoglie i morti e i vivi, questi ultimi ammassati in oltre 2.000 in un hotspot indegno della civiltà europea.
Non erano neanche sbarcati tra Pozzallo e Augusta i 727 migranti soccorsi la notte scorsa dalla nave Diciotti (circa 400 a Pozzallo e circa 300 ad Augusta), che i ‘volenterosi del mare” si sono dovuti rimettere all’opera. Nella notte sono approdati a Lampedusa in 267, soccorsi dalla ong Louise Michel e dalle motovedette della Guardia di finanza. Altre dodici imbarcazioni sono arrivate sull’isola nella giornata per un totale di 512 migranti. Il totale di sbarchi, dalla mezzanotte, è di 19: 762 migranti in tutto. All’hotspot di contrada Imbriacola, da dove ieri sono state trasferite 525 persone, al momento oltre 2.000 persone a fronte di poco meno di 400 posti disponibili. “La Sicilia è un esempio storico di accoglienza. Lo è nella sua stessa identità. Non può essere lasciata sola, dobbiamo aiutarla”, ha detto il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, oggi a Siracusa per l’apertura dell’Anno mariano indetto dall’arcivescovo di Siracusa Francesco Lomanto. Nell’isola sono giunti i sette cadaveri di un naufragio avvenuto nella Sar maltese: li hanno recuperati, insieme a una decina di sopravvissuti, la Guardia costiera e le Fiamme gialle italiane. Nella stessa Sar la nave Life Support di Emergency ha salvato 78 persone che navigavano su un gommone di circa 12 metri. Al momento del soccorso, il natante stava già imbarcando acqua. Tra loro 3 donne, di cui una incinta di due mesi, due bambine accompagnate di 8 e 6 anni, 28 minori non accompagnati, tra cui un bambino di 9 anni. Le persone soccorse provengono da Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Guinea Conakry, Liberia, Niger, Nigeria, Mali, Sud Sudan, Sudan, Somalia. Si tratta per la maggior parte di Paesi dilaniati da guerre civili e da insicurezza alimentare. “Le persone soccorse hanno viaggiato per più di 20 ore senza bere né mangiare – riporta Eliza Sabatini, infermiera a bordo della nave Life Support – Da una prima valutazione, risultano tutti debilitati e disidratati. Nelle prossime ore esamineremo i casi individuali”. “Erano le 21 quando abbiamo ricevuto la segnalazione di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali – afferma Emanuele Nannini, capomissione della nave Life Support – Arrivati sul posto, abbiamo trovato il natante sovraffollato e alla deriva, senza possibilità di usare il motore perché era terminata la benzina. Il gommone riportava già danni strutturali, ovvero aveva i tubolari quasi sgonfi. Abbiamo informato tutte le autorità e iniziato subito le attività di soccorso”. “Il natante si trovava in acque internazionali della zona ricerca e soccorso maltese – prosegue Emanuele Nannini – Malta, pur essendo stata informata immediatamente, non ha coordinato le attività di soccorso né offerto un porto di sbarco sicuro”. La nave ha successivamente soccorso e salvato altre 83 persone: 38 in un barchino e 45 in un altro, alla deriva “da oltre 24 ore”. I migranti a bordo delle due imbarcazioni provengono da Camerun, Congo, Costa d’Avorio, Guinea Conakry, Liberia, Mali, Mauritania, Senegal. Tra queste, due donne incinte di pochi mesi, 23 minori non accompagnati, quattro bambini. “I naufraghi avevano già passato tre giorni in navigazione, senza mangiare né bere e in posizione rannicchiata – afferma Alberto Radaelli, soccorritore della Life Support – e non si reggevano in piedi: abbiamo dovuto sollevarli a forza. Una volta messi in salvo a bordo della nave, due persone hanno avuto un mancamento. Tutti avevano addosso un forte odore di gasolio, a causa del rovesciamento di taniche a bordo”. C’erano “numerosi bambini e neonati che non mangiavano e bevevano da ore, così come le due donne in stato di gravidanza”. Le barche erano in attesa di soccorsi già da 24 ore, in una situazione drammatica: due natanti di ferro di 7 e 8 metri, al limite della galleggiabilità e che rischiavano di capovolgersi da un momento all’altro”. “I pescherecci che avevano lanciato l’allarme – ha aggiunto – avevano già segnalato alle autorità, diverse volte e con apprensione” la presenza dei bambini a bordo. Sul luogo era presente anche una terza imbarcazione in pericolo, il cui soccorso sarà effettuato dalla Guardia Costiera italiana.
La nave, alla quale è stato assegnato il porto di Ortona dopo tre interventi di salvataggio di migranti compiuti, ha dato la propria “disponibilità” alle autorità italiane a soccorrere “altre quattro imbarcazioni in pericolo nella rotta tra la Tunisia e Lampedusa”.
Se i ‘volenterosi’ soccorrono, i libici sparano: la nave Ocean Viking ha dovuto lasciare la Sar libica, acque internazionali, dopo il colpi di avvertimento di una motovedetta di Tripoli.
Sale a 90 il conto delle vittime del naufragio di Cutro: il cadavere di un uomo di circa 30 anni è stato avvistato in mare e recuperato. Un altro naufragio è avvenuto al largo della Marocchina Dakhla: i sopravvissuti sono 9 su 50.
Quanto accaduto nelle ultime ore è solo un assaggio diu ciò che verrà: la Guardia costiera tunisina ha bloccato 79 “attraversamenti clandestini delle frontiere marittime” sulle coste di Sfax e Cheba in 3 giorni, fermando circa 3 mila migranti. (AGI)