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Messina era 'cosa loro'. Affari, voti e lockdown dei boss dello Stretto

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AGI – Messina era ‘cosa loro’. Estorsioni, droga, scommesse on line ed elezioni: tutto nelle mani di tre clan che avevano stabilito una pax strategica. Anche il funerale del boss con ‘inchino’ che sfidava il primo lockdown nei tempi più duri del Covid, serviva a far capire chi comandava. Elemento di spicco il capomafia che, uscito dal 41 bis, si era ripreso redini, affari e potere. 

Sono 33 le misure cautelari eseguite nella notte – 21 in carcere, 10 agli arresti domiciliari e 2 obblighi di presentazione alla  polizia giudiziaria, nonché il sequestro di due imprese del settore del gioco, delle scommesse e della ristorazione – da carabinieri, Guardia di finanza e polizia di Stato nell’ambito dell’operazione “Provinciale”.

Contestati i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso. 

“Da questa inchiesta emerge una mafia che vuole crescere, ma che ha grosse difficoltà a farlo perché la pressione delle forze dell’ordine sul territorio è molto importante. Lo Stato è più forte”, commenta il procuratore Maurizio De Lucia.

PACE E AFFARI

I gruppi colpiti dal blitz hanno “strettissimi profili di collegamento”, adottano “strategie criminali condivise” e operano “in piena sinergia” per il raggiungimento “del controllo del territorio” delle rispettive zone di appartenenza, ricadenti nei quartieri di Provinciale e Maregrosso. 

Documentati, così gli affari dei gruppi di mafia attivi nella zona centro della città dello Stretto, nel settore delle estorsioni ai danni di esercizi commerciali, del traffico di stupefacenti e del controllo di attività economiche della ristorazione, del gioco e delle scommesse su eventi sportivi. In particolare, le indagini dei carabinieri di Messina hanno riguardato la cosca Giovanni Lo Duca, attiva, fra l’altro, nelle estorsioni e nel traffico di sostanze stupefacenti e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica. 

Le indagini della Guardia di finanza hanno interessato il gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, nel rione Fondo Pugliatti, registrando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse. La questura ha infine fatto luce sul clan guidato da Giovanni De Luca, nel rione di Maregrosso per il controllo della sicurezza ai locali notturni e nel traffico di stupefacenti, gruppo già oggetto dell’indagine “Flower” conclusa nell’ottobre 2019.

RITORNO AL COMANDO DOPO IL 41 BIS

Le indagini sono state avviate dopo la scarcerazione del boss 49enne Giovanni Lo Duca, tornato in libertà dopo 13 anni di reclusione, trascorsi anche in regime di 41 bis, e adesso finito nuovamente in carcere. Il capomafia aveva ripreso le redini dell’organizzazione, proponendosi quale punto di riferimento sul territorio, capace di intervenire nella risoluzione di controversie fra esponenti della locale criminalità. 

Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i carabinieri del Nucleo investigativo hanno documentato il sistematico ricorso a pestaggi e spedizioni punitive per affermare la propria egemonia e controllare le attività economiche, nonché per recuperare i crediti legati al traffico di droga dalla gestione delle scommesse sportive. 

AL BAR LE SCOMMESSE SONO SERVITE. LA GIUSTIZIA MAFIOSA

Base operativa della cosca di mafia era il Bar “Pino” gestito da Anna Lo Duca, sorella di Giovanni, il quale trascorreva le sue giornate nell’esercizio commerciale – che è stato sequestrato – dove incontrava gli affiliati per pianificare le attività criminali e raccogliere le scommesse sportive in assenza di licenza e per conto di un allibratore straniero privo di concessione. Un controllo capillare del territorio, tanto che qualsiasi iniziativa assunta nel rione era assoggettata al preventivo placet di Lo Duca che si proponeva quale soggetto in grado di sostituirsi allo Stato nella gestione delle “vertenze”.  

In una circostanza, per esempio, è emerso come una donna del quartiere si fosse rivolta al boss per ottenere la liberazione del figlio minorenne che era stato trattenuto contro la sua volontà da un pregiudicato del posto che lo voleva punire per delle offese pubblicate dal ragazzo su Facebook. Lo Duca ottenne l’immediata cessazione di ogni iniziativa ostile nei confronti del minore. Di tale vicenda non fu sporta alcuna denuncia. Emblematica anche una spedizione punitiva finalizzata a vendicare uno sgarbo della vittima la capomafia: l’uomo fu malmenato davanti alla moglie e alla figlia adolescente, riportando varie fratture e lesioni procurategli con un tirapugni in metallo e sotto la minaccia di una pistola.

Il gruppo mafioso gestiva inoltre un florido traffico di sostanze stupefacenti distribuite nelle piazze di spaccio dei quartieri di Provinciale, Fondo Fucile Mangialupi. La droga veniva sistematicamente approvvigionata in provincia di Reggio Calabria, tramite un mediatore ul posto, e nella gestione di tale attività illecita, Lo Duca operava congiuntamente a Giovanni De Luca, esponente mafioso della zona di Maregrosso”, a riprova della collaborazione tra i clan per il controllo del capoluogo.

FUNERALE CON INCHINO, SFIDA AL LOCKDOWN

Il funerale del boss che ha sfidato il primo lockdown in tempo di Covid nell’aprile 2020. Le indagini hanno consentito alla Guardia di finanza di fare luce sul gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, nel rione Fondo Pugliatti, registrando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa del settore del gioco e delle scommesse.  La rilevanza per il gruppo criminale della sala giochi ha trovato conferma lo scorso 11 aprile 2020, proprio in occasione dei funerali di Rosario Sparacio, padre di Salvatore, quando il corteo funebre si è fermato proprio davanti alla sala biliardi, in una sorta di referente ‘inchino’.

I GIOCHI ONLINE, LA RICCHISSIMA ROTTA DI MALTA

Nella sala giochi “Asd biliardi Sud”, nella zona sud di Messina, controllata da Salvatore Sparacio si tenevano veri e propri summit mafiosi e si praticava il gioco d’azzardo, attraverso personal computer collegati a piattaforme di scommesse on-line con sede all’estero, imponendo l’utilizzo delle medesime piattaforme software e delle stesse video slot ai vari gestori locali. Proprio tale altissima remuneratività costituiva la ragione per cui Lo Duca e altri, come il gruppo Santapaola, individuassero in Sparacio la testa di ponte per accedere a tale settore: noti marchi di scommesse abbiano avuto accesso al territorio messinese proprio perché introdotti dal boss di Fondo Pugliatti. 

IL CANDIDATO, 10 MILA EURO PER 350 VOTI

Sparacio avrebbe esercitato la sua influenza anche nelle elezioni comunali del 10 giugno 2018, punto di riferimento di un personaggio politico locale, Natalino Summa, 52 anni, oggi sottoposto agli arresti domiciliari. I finanzieri hanno intercettato alcune conversazioni relative all’offerta di 10 mila euro al boss da parte del candidato, affinché procurasse un congruo numero di voti. Francesco Sollima, 52 anni – posto ai domiciliari – era il tramite fra il politico e il boss di mafia che l’aspirante consigliere comunale ha incontrato con il padre 79enne Antonino, anche lui agli arresti domiciliari. I riscontri eseguiti hanno documentato che l’accordo raggiunto ha consentito di raccogliere in totale 350 voti. 

Tra gli arrestati due donne, Maria Puleo e Anna Lo Duca (quest’ultima sorella del boss Giovanni), entrambe ritenute organiche all’associazione mafiosa. Sono accusate di avere provveduto al sostentamento degli affiliati detenuti e, la seconda, per avere messo al servizio del gruppo mafioso, il bar a lei intestato, dove avveniva l’attività illegale di raccolta delle scommesse online su eventi sportivi. 

Source: agi


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