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Meloni: su riforme o la va o la spacca.Le Pen? Punti contatto

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Fa capire di non volersi lasciare intimidire dalle proteste dell’opposizione, sulle riforme costituzionali che saranno votate il 18 giugno nell’Aula del Senato per il primo passaggio la premier Giorgia Meloni è netta: “O lo va o la spacca. Nessuno mi chieda di salvare la sedia o di restare qui a sopravvivere”. Le argomentazioni che rilancia il presidente del Consiglio al festival dell’Economia a Trento per promuovere il ddl Casellati sono le stesse di sempre: “E’ una riforma necessaria. Oltre che una misura democratica e’ una misura economica, perché la stabilita’ di un governo rafforza le opportunità di far crescere l’economia”.
Il riferimento è al passato, “noi abbiamo avuto governi che in media sono durati un anno e mezzo. Quando ho un orizzonte cosi’ breve non posso fare investimenti. Se invece un governo ha cinque anni per lavorare puo’ mettere in campo una strategia”. E dunque con il premierato “la politica stabile si riprende il suo ruolo: è meno sottoposta alle pressioni delle lobby. Tutti quelli che in questa Nazione hanno dato le carte senza doverne rendere conto ai cittadini oggi osteggiano la riforma” ma “alla fine saranno cittadini a scegliere”.
La sfida resta il referendum: “Rimettiamo il boccino delle decisioni in mano agli italiani. Perché un governo scelto dal popolo è un governo che al popolo risponde”. In gioco ci sono due modelli che si fronteggiano: quello del governo e quello del Pd che fa “ostruzionismo contro l’elezione del capo del governo e il raddoppio dei senatori a vita”. Ma non c’è alcun interesse personale in questa partita, tiene a precisare il capo dell’esecutivo. Ne vale la pena? “Secondo me sì. Non sono il tipo di persona che riesce a ripagare con la vanità le rinunce che deve fare per ricoprire questo incarico. Attualmente la mia vita più o meno si svolge così: io mi alzo la mattina, cerco di risolvere i problemi e quando riesco vado a dormire. Non c’è altro che il poco tempo che riesco a passare con mia figlia, mediamente un’ora al giorno tra la mattina e la sera. Qualcuno pensa che io davvero potrei fare questo avendo come unico obiettivo quello di rimanere a fare questo? Molti lo farebbero ma io non li capisco sinceramente. Per me vale la pena di fare questa vita se quando hai finito ti puoi guardare alle spalle, puoi guardare l’Italia”, dice Meloni, Elly Schlein, che sarà ospite al Festival dell’Economia, “mi potrà rispondere e mi risponderà”.
Il presidente del Consiglio nel suo intervento si rivolge alla sinistra in più occasioni, per rilevarne “i disastri del passato” sul tema dei salari, per dire che “Tele Meloni è una fake news. Al Tg1 sono ultima in classifica rispetto ai miei predecessori a partire da Renzi. Il problema non è che c’è Telemeloni, ma che non c’è più Tele Pd”. E per sottolineare che “il problema è che la sinistra pensa di avere piu’ diritti degli altri. Quel mondo è finito”. Meloni parla di economia (“Il governo è arrivato con un racconto delle piaghe d’Egitto, è chiaro che se vieni presentato come Attila l’Unno e invece sei Giorgia Meloni è possibile che tranquillizzi per il fatto stesso di essere Meloni…”), torna sul superbonus (“non ho bisogno di fare cassa”, una stretta “la devi mettere altrimenti rischi di andare fuori controllo”), annuncia di non escludere la vendita di quote di Poste italiane (“Ma non c’è alcuna possibilità al mondo possa essere privatizzata”), spiega “la confusione” che c’è stata sul redditometro (“Non ho cambiato idea, resto sempre contraria” ma “occorre una norma a garanzia dei contribuenti, che non dia poteri illimitati alle autorità”), conferma di volere un fisco che “dia una mano ai cittadini in difficoltà”, respinge le accuse di “essere amica degli evasori” (“I numeri non dicono questo. Il 2023 è stato l’anno record nel recupero di evasione fiscale in Italia”). E si sofferma infine sul rapporto con Marine Le Pen: “Ci sono dei punti in comune, è evidente, sul contrasto all’immigrazione illegale, sull’approccio alla transizione verde, sulla difesa della identità europea”.
Questo non vuol dire è che è alle viste un unico gruppo di destra in Europa ma, dopo la rottura con i tedeschi di Afd, l’apertura di credito alla leader di Rassemblement national c’è: “Non c’è in vista alcuna forma di unificazione fra il partito conservatori e Id. Ciò non toglie che su alcuni temi si possa collaborare come già avviene. In Ue capita che partiti da famiglie politiche diverse si ritrovino votare insieme sugli stessi dossier”.
Che cosa sta succedendo a Bruxelles? “Penso che un margine di cambiamento ci sia, quel cambiamento è dato dalla possibilità di costruire maggioranze diverse da quelle che ci sono state finora”. Dunque “basta maggioranza arcobaleno”.