“La filosofia di questo provvedimento ci trova favorevoli, così come apprezziamo le modifiche che hanno impedito le inaccettabili differenze tra studenti di serie A e di serie B a seconda della loro provenienza o delle loro condizioni economiche. Siamo a favore della libera scelta degli studenti, ma sarebbe sciocco nascondere la realtà: abbiamo bisogno di maggiore qualità formativa e se allarghiamo le maglie potremmo perderla e non essere più quell’eccellenza che viene invidiata anche all’estero. Non facciamo proclami sull’abolizione del numero chiuso a medicina, perché non è avvenuto. Abbiamo semplicemente cambiato la modalità di accesso. Ma oltre che preoccuparci della formazione dei nostri medici, forse dovremmo anche preoccuparci di quanto li paghiamo dopo e di come rendere appetibili le specialità che oggi vanno deserte nonostante siano le più necessarie”. Lo dice in Aula a Palazzo Madama Elisa Pirro, senatrice del Movimento 5 Stelle, in sede di discussione generale del disegno di legge delega sull’accesso alla facoltà di medicina. “Mettendo da parte i colori politici, quindi, dovremmo discutere – riprende – di come pagare più adeguatamente i medici che lavorano solo nel Servizio sanitario nazionale pubblico, in modo da raddoppiare le loro indennità. Noi al contrario li spremiamo come limoni e quando li abbiamo esauriti li facciamo scappare a fare i gettonisti. Ma affrontiamo anche il problema degli infermieri a cui abbiamo reso la professione così gravosa e inappetibile che per loro non esiste il problema di accesso alla professione. Chiediamoci che cosa offriamo ai nostri giovani prima di dare il ‘liberi tutti’, spendere soldi pubblici per formarli e poi vederceli scippare da Paesi che li pagano come si dovrebbe. Come ripetiamo sempre, è ora o mai più: se continuiamo a sfilare risorse e professionisti dai nostri ospedali, i concorsi continueranno ad andare deserti. Per questo motivo – sottolinea Pirro – si tratta in definitiva di un provvedimento demagogico, di facciata. Se non faremo quello che veramente serve alla nostra sanità pubblica, cosa troveremo domani quando busseremo alle porte di un pronto soccorso? Che qualità di cura potremo aspettarci? Quella dell’Italia di oggi o di un Paese del terzo mondo?”. (AGI)