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Mattarella a Torre Pellice

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di Danilo Di Matteo

Ha avuto una buona eco la visita del presidente Mattarella a Torre Pellice (Torino), nelle valli valdesi, a conclusione del Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, anche in memoria di Mario Alberto Rollier, esponente del Partito d’Azione, presso la cui casa di Milano prese forma il Movimento federalista europeo. Ventotene fu, infatti, una delle radici di quel Movimento, non l’unica. E in queste valli, che tanto hanno donato al primo e al secondo Risorgimento, sempre forte è stato l’anelito a congiungersi con il resto d’Europa: terra di vocazione europea, dunque, rispetto all’Italia “una d’arme di lingua d’altare”.

E qui basterebbe ricordare le parole e la saggezza di Michel de L’Hôpital, cancelliere del re di Francia, il quale già nel 1562, dinanzi proprio al Consiglio del re, alla vigilia delle guerre contro gli ugonotti, ebbe a dire che non contava quale fosse la “vera religione”, bensì come si potesse vivere insieme. E in una memoria al re, nel 1568, scrisse che lasciare ai sudditi la libertà di coscienza, a condizione che essi si comportassero lealmente verso le leggi, non avrebbe rappresentato una resa: “Per voi questo è capitolare? È una capitolazione se un suddito concorda con voi sul fatto che egli riconosce il suo principe e resta suo suddito?”.

Non a caso, come nota il grande filosofo e giurista tedesco (cattolico) Ernst-Wolfgang Böckenförde, il ripudio del calvinismo da parte di Enrico IV di Navarra (a cui si attribuisce la celebre frase “Parigi val bene una messa”) nel 1593 non fu “una vittoria della ‘vera’ religione”, bensì della politica: il fine era quello “di dare finalmente al paese la pace, che solo in tal modo poteva essere raggiunta,” e di assicurare il dominio del re. Tanto che il sovrano, subito dopo aver pacificato il paese, con l’Editto di Nantes (1598) riconobbe l’esistenza giuridica degli ugonotti, garantendo loro libertà di coscienza e di culto. “Il singolo poteva essere cittadino del regno, godere di tutti i diritti civili, senza appartenere” alla “vera” confessione religiosa. “La prima, sostanziale separazione tra Chiesa e Stato era così divenuta realtà”. L’Editto “fece per la prima volta il tentativo di ammettere due” confessioni di fede in uno Stato (tanto che, secondo alcune fonti, il Papa, informato dall’inviato francese, avrebbe detto: “È la cosa peggiore del mondo”). Il vecchio rapporto tra religione e politica, in linea di principio, era giunto alla fine, anche se nel secolo successivo vi furono il sanguinoso assedio di La Rochelle (roccaforte protestante, all’epoca la terza città di Francia), con la morte di 22mila dei suoi 27 mila abitanti, e in seguito, con Luigi XIV, la revoca dell’Editto e la ripresa delle persecuzioni contro gli ugonotti.

Anche qui va cercato il senso della scelta del Quirinale di compiere questa visita.