Con le immagini del radiotelescopio Alma, in Cile, un team di ricercatori giapponese ha per la prima volta osservato in dettaglio le fluttuazioni della materia oscura nell’universo su scale inferiori a 30mila anni luce. Lo studio, pubblicato su “The Astrophysical Journal”, rappresenta un passo importante per verificare la teoria della materia oscura e per chiarirne la vera natura
Circa il novanta per cento del nostro universo è composto da materia oscura, invisibile, enigmatica, di cui abbiamo notizia solo attraverso “esperimenti naturali” indiretti. Esperimenti con lenti gravitazionali, ad esempio. E non stiamo parlando di occhiali spaziali. A volte, per caso, due oggetti a distanze diverse nell’universo si trovano lungo la stessa linea di osservazione, guardando dalla Terra. Quando ciò accade, la curvatura spaziale causata dalla materia intorno all’oggetto in primo piano agisce come una lente, piegando il percorso della luce proveniente dall’oggetto in secondo piano e creando un’immagine lenticolare. Tuttavia, anche in questo modo, è molto difficile raggiungere l’alta risoluzione necessaria per rilevare ammassi di materia oscura più piccoli delle galassie.
Poiché la materia oscura non è uniforme nello spazio, ma è raggruppata in ammassi e “grumi” (clumps), la sua gravità può modificare leggermente il percorso della luce e delle onde radio provenienti da sorgenti luminose distanti. Le osservazioni di questo effetto di lensing gravitazionale hanno dimostrato che la materia oscura è associata a galassie e ammassi di galassie, ma non si sa come sia distribuita su scale più piccole. Questi aspetti rendono la materia oscura, che ha giocato un ruolo importante nella formazione di stelle e galassie, un’entità ancora più misteriosa e impenetrabile.
Un team di ricercatori giapponesi guidati da Kaiki Taro Inoue dell’Università Kindai di Osaka ha utilizzato l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), in Cile, per studiare il sistema di lenti gravitazionali noto come Mg J0414+0534, in direzione della costellazione del Toro. L’oggetto “sotto la lente”, a una distanza di 11 miliardi di anni luce dalla Terra, è un quasar e costituisce la regione centrale compatta di una galassia con una luce estremamente brillante e con una grande quantità di polvere che emette onde radio.
Osservato con Alma, uno dei più grandi interferometri di onde radio al mondo, a causa dell’effetto di lente gravitazionale della galassia massiccia in primo piano – che, con la sua forza gravitazionale, agisce sulla luce – questo quasar sembra “farsi in quattro”: l’emissione radio del quasar forma infatti non una ma quattro immagini, visibili qui sopra con i colori blu e azzurro. Le posizioni e le forme delle immagini apparenti fornite da Alma si discostano da quelle calcolate unicamente in base all’effetto di lensing gravitazionale della galassia in primo piano, indicando che è in gioco anche l’effetto di lensing dovuto alla distribuzione della materia oscura su scale più piccole – i “grumi”, appunto. Con l’aiuto dell’effetto di curvatura e di un nuovo metodo di analisi dei dati, il team giapponese è stato così in grado di rilevare le fluttuazioni nella distribuzione della materia oscura lungo la linea di osservazione con una risoluzione più elevata che mai, arrivando fino a una scala di “appena” 30mila anni luce.
Gli effetti di lente gravitazionale dovuti ai grumi di materia oscura trovati in questo studio sono così piccoli che sarebbe estremamente difficile coglierli, spiegano gli autori della ricerca. Tuttavia, grazie all’azione della lente gravitazionale prodotta dalla galassia in primo piano e all’alta risoluzione di Alma, è stato possibile rilevarli per la prima volta.
Le fluttuazioni osservate forniscono nuovi e più dettagliati vincoli sulla natura della materia oscura e sono coerenti con i modelli di particelle di materia oscura “fredde”, che si muovono lentamente. Questo risultato, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal, si ricollega, dunque, ai modelli di materia oscura fredda, stando ai quali i grumi di materia oscura risiedono non solo all’interno delle galassie (colore giallo pallido, nello schema qui sopra), ma anche nello spazio intergalattico (colore arancione). Inoltre, lo studio dimostra che la materia oscura fredda è favorita anche su scale più piccole delle galassie massicce e rappresenta, per questo, un significativo passo avanti verso la comprensione della vera natura della materia oscura.
Fonte: https://www.media.inaf.it/ – di Chiara Badia