di redazione
Si avvicina il momento cruciale per il governo Draghi, che entro il prossimo 30 aprile dovrà definire il testo del Pnrr, il Recovery Paln italiano, sul quale subito dopo si aprirà la partita con Bruxelles.
Ma prima di questo decisivo appuntamento, entro il 10 aprile, come ogni anno in tutti i paesi dell’Unione Europea, il governo dovrà presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanza (Def), e subito dopo, sempre entro il 30 aprile, anche quel testo dovrà essere trasmesso per l’approvazione all’Unione Europea, che potrà formulare le sue raccomandazioni o indicazioni.
Quindi è nei prossimi giorni, da qui a Pasqua, che il governo Draghi deve definire, con la sua eterogenea maggioranza, gli obiettivi di politica economica, modellati in base alle previsioni di crescita sulle quali vorrà attestarsi.
Nel Def, che ha una proiezione triennale, si delineano gli obiettivi da raggiungere, i target come si dice, rispetto ai principali dati macroeconomici, come il PIL, il deficit, il debito pubblico, così come le stime previsionali sul mondo del lavoro e sull’inflazione.
Il Def contiene il Programma di stabilità e il Programma nazionale delle riforme da attuare nel triennio, che hanno bisogno del via libera dell’Unione Europea.
Anche se non è una legge, ma un documento programmatico, il Def, assieme al Nadef, la nota di aggiornamento del Def, da approvare entro 27 settembre, costituisce la base sulla quale elaborare la Legge di bilancio.
Il presidente Draghi e il ministro dell’economia, Franco, hanno dunque il quadro macroeconomico da rivedere, devono correggere gli obiettivi programmatici individuati nella Nadef dell’anno scorso.
Il problema che Draghi e Franco hanno davanti nell’impostazione del Def 2021 è quello di liberare risorse, si parla al momento di almeno 15 miliardi, per mantenere tre impegni impegni fondamentali e urgenti: la riforma degli ammortizzatori sociali, da estendere ad autonomi e partite IVA, l’avvio della riforma fiscale e il problema di evitare, sul fronte delle pensioni, lo scalone previdenziale, cioè la disparità di trattamento, provocato dal termine, alla fine dell’anno, della sperimentazione triennale di “Quota 100”.
Il riordino degli ammortizzatori potrebbe essere agganciato ad una delle “missioni” del Recovery plan, ma in ogni caso è probabile che si renda necessario un nuovo scostamento di bilancio.
Anche per la riforma fiscale bisognerà trovare le risorse necessarie, compito tutt’altro che facile. Giungono pressioni da tutto il centrodestra e dai renziani di Italia viva per fermare l’operazione cashback, fortemente voluta dal governo “Conte 2”. Fermare il cashbacck già a giugno farebbe recuperare circa 3 miliardi, ma è da vedere, se sarà fatta tale scelta, se questa somma verrà dirottata sulla riforma fiscale o su altre voci.
Infine, sul come affrontare il delicato passaggio pensionistico di fine anno non si hanno indicazioni. L’ipotesi di una mini-proroga è scartata da Draghi. I sindacati chiedono un nuovo sistema flessibile ma anche per questo bisogna trovare le risorse.
Tra le ipotesi allo studio del governo c’è anche “Quota 92”, che consentirebbe il pensionamento con una somma tra età anagrafica ed età contributiva pari a 92 anni, magari stabilendo un’anzianità minima per l’una e per l’altra.
Si tratta di un’ipotesi legata alla necessità di favorire il turn-over, soprattutto nella Pubblica Amministrazione, secondo la filosofia esposta dal ministro Brunetta nel presentare il Piano di innovazione e digitalizzazione della PA, per favorire il prepensionamento di tutta quella parte dei dipendenti pubblici ormai demotivata e non in grado di adattarsi all’uso delle nuove tecnologie informatiche e nuove modalità digitali del lavoro da svolgere.
Sul tema dei pensionamenti e della riforma della PA il governo si è impegnato ad aprire subito un tavolo di confronto con i sindacati, che hanno molto apprezzato.
C’è tanto da studiare, da decidere, da fare, mentre il tempo stringe e la pandemia non dà tregua.