“Il Senato della Repubblica ha approvato la fiducia su una manovra di bilancio che non contiene un solo provvedimento in grado di invertire il declino economico del Paese e la crescita anemica del Pil che, secondo le ultime stime dell’Istat, aumenterà – nel 2024 – della metà rispetto a quanto previsto nel Piano strutturale di bilancio, e di 0,4 punti percentuali in meno nel 2025″. Lo dichiara Christian Ferrari, segretario confederale Cgil. E osserva: “Anzi, i tagli lineari alla spesa pubblica e agli investimenti comprimeranno ancor di più la domanda interna e impediranno di mettere in campo una politica industriale all’altezza della sfida cruciale che abbiamo di fronte: la transizione digitale, energetica ed ecologica del nostro sistema produttivo.
Durante l’iter parlamentare, il provvedimento è stato addirittura peggiorato, a partire da due interventi che vale la pena sottolineare”. Prosegue Ferrari: “L’ennesimo ‘saccheggio’ alle risorse per lo sviluppo e la coesione, 3,88 miliardi di euro, per finanziare il Ponte sullo Stretto. Il fondo, destinato a ridurre i divari territoriali e rilanciare il Mezzogiorno, viene ormai utilizzato da Palazzo Chigi come un bancomat cui ricorrere a piacimento. La diminuzione dell’aliquota Ires che – oltretutto – riguarderà le poche imprese non in difficoltà. Si tratta di una scelta di impatto marginale, ma comunque rivelatrice dell’approccio del Governo: mentre lavoratori dipendenti e pensionati pagheranno, a causa del drenaggio fiscale, un maggior gettito Irpef di ben 17 miliardi nell’anno in corso, alle imprese che hanno aumentato a dismisura i profitti si continuano ad abbassare le imposte”.
Avverte il segretario confederale Cgil: “Se l’esecutivo proseguirà – contro ogni evidenza – con le politiche di austerità (si tagliano oltre 14 miliardi di euro nel triennio 2025 – 2027 ai Ministeri, all’Istruzione, alla Ricerca, a Regioni ed Enti locali, e si definanzia pesantemente il Servizio sanitario nazionale) e rinuncerà a una vera strategia di politiche industriali per difendere e rilanciare occupazione e capacità produttiva, le conseguenze sono facilmente prevedibili. Si moltiplicheranno le crisi aziendali e i livelli occupazionali – sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo – ne risentiranno in maniera significativa.
Le nuove generazioni, che soffrono sulla loro pelle una precarietà sul lavoro che il Governo aggrava anziché risolvere, continueranno a lasciare il nostro Paese per cercare opportunità di realizzazione all’estero. Lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, che hanno sopportato un brutale impoverimento causato da un’inflazione da profitti cui non è stato posto alcun rimedio – sottolinea – subiranno anche gli effetti dell’indebolimento di un welfare sempre meno pubblico e meno universalistico”.
E continua: “Neppure in questa legislatura ci sarà alcuna modifica della Legge Monti – Fornero, che intanto sono riusciti a peggiorare. I soli a guadagnarci saranno: chi sta accumulando profitti, grandi patrimoni e rendite; chi opera nel settore militare (l’unico capitolo di spesa che crescerà, da qui al 2039, di ben 35 miliardi, circa 3 miliardi in media all’anno) e gli evasori, per i quali viene escogitato ogni strumento possibile e immaginabile per consentirgli di non pagare il dovuto al fisco”.
Tutto questo, ricorda Ferrari, “lo abbiamo denunciato con lo sciopero generale dello scorso 29 novembre. E non abbiamo alcuna intenzione di fermarci. Continueremo a batterci per ottenere risposte per le persone che rappresentiamo e per cambiare le politiche inique e fallimentari dell’Esecutivo.
Il Paese descritto dalla presidente del Consiglio esiste solo nella sua immaginazione. La realtà è tutt’altra (l’economia è in evidente crisi, la produzione industriale in calo da 21 mesi consecutivi, la cassa integrazione in crescita), e presto presenterà il conto”. (AGI)