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Mangiare con la cultura: chi ci riesce e chi no

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di Valentina Montalto

Le statistiche sull’occupazione in ambito culturale segnalano una netta ripresa negli ultimi anni. Il settore è però complesso e gli aumenti sono concentrati solo in alcune professioni, mentre per altre le difficoltà si accentuano.    

I dati sull’occupazione nel sistema culturale

L’occupazione culturale è in netta ripresa, come confermano le più recenti statistiche europee sul tema, soprattutto per le donne. In media, nei 27 paesi Ue è aumentata del 4,5 per cento dal 2021 al 2022, e del 3,86 per cento per gli uomini e di ben il 5,12 per cento per le donne. In aggiunta, l’occupazione culturale contribuisce di più a quella totale rispetto all’epoca pre-pandemica, passando dal 3,7 per cento nel 2018 al 3,8 per cento nel 2022 (Eurostat, 2023). Ma il diavolo, si sa, sta nei dettagli. E in questo caso, di dettagli a cui fare attenzione ce ne sono parecchi.

Settori in crescita e settori in crisi

I dati mostrano una ripresa concentrata in alcuni settori: audiovisivo e arte e intrattenimento, in primo luogo, con un aumento dell’11,26 per cento già nel biennio 2020-2021 per il primo e un +15,07 per cento per il secondo settore tra il 2021 e il 2022. Il dato si spiega facilmente con il boom di produzioni audiovisive che ha caratterizzato la pandemia, dopo un’iniziale battuta d’arresto, e la ripresa, molto più graduale, delle attività culturali dal vivo. Il recupero praticamente non c’è per l’editoria, la cui occupazione è in leggero aumento, ma resta ben al di sotto dei livelli pre-pandemici, né tantomeno c’è per le attività di stampa e per quelle radiofoniche, la cui occupazione è in netto calo dal 2020. Va poi molto bene l’occupazione nei servizi creativi (come pubblicità e design) e, seppur in minor misura, nel settore del patrimonio.

Figura 1 – Variazioni % dell’occupazione culturale per settore, 2019-2022

Fonte: Eurostat, 2023

La questione di genere

Benché il divario di genere tocchi il punto più basso, con una differenza di 1,6 punti percentuali nel 2022 (50,8 per cento contro 49,2 per cento) rispetto agli 8,4 nel 2013 (54,2 per cento contro 45,8 per cento), c’è da chiedersi se il cambio di passo dipenda da un miglior ingresso nel mercato del lavoro delle donne – in media molto più istruite degli uomini: nel 2021, il 64 per cento degli studenti nel settore dell’istruzione terziaria che studiano discipline legate alla cultura sono donne – o piuttosto da un relativo peggioramento delle condizioni di lavoro, che potrebbe colpire di più le donne (in generale, tra le più danneggiate dalla pandemia). In questo senso, sarebbe importante capire se si sono o meno ridotti anche i divari salariali e se è migliorata la composizione di genere delle posizioni dirigenziali, aspetti che non riusciamo a esplorare con questi dati, ma che diversi studi evidenziano come ancora molto problematici nell’ambito culturale.

Figura 2 – Evoluzione dell’occupazione culturale nell’Unione europea per genere, 2013-2022

Figura 2 – Evoluzione dell’occupazione culturale nell’Unione europea per genere, 2013-2022

Le categorie più deboli

Se il mercato del lavoro si è globalmente rafforzato a seguito della pandemia, questo non vale per tutte le professioni. In particolare, lacategoria di artisti-autori sembra più fragile che mai: la quota di lavoratori con un contratto di lavoro a tempo indeterminato cala al 73,3 per cento nel 2022 (dal 75,1 per cento nel 2019) mentre quella degli autonomi passa al 46 per cento (dal 44,4 per cento nel 2019). È anche vero, però, che è aumentata la quota di lavoratori a tempo pieno (+2,4 punti percentuali) e con un solo lavoro (+1 punti percentuali). L’aumento può essere attribuito in parte alla ripresa delle attività culturali dal vivo e all’apporto sostanziale fornito dai Piani nazionali di ripresa e resilienza. In altre parole, sembra che gli artisti-autori lavorino generalmente a tempo pieno e facciano meno lavori in parallelo rispetto al passato, ma cambiano spesso occupazione, più che in epoca pre-pandemica. Che tra questi ci siano soprattutto donne? I microdati per genere potrebbero fornire una lettura migliore dei cambiamenti in corso.

Figura 3 – Variazione in punti percentuali della quota di occupati nell’Unione europea per caratteristiche occupazionali, 2019-2022

Fonte: Eurostat, 2023

Sebbene i dati sull’occupazione culturale costituiscano un importante punto di riferimento per la comprensione del settore, in realtà aprono la porta a molte più domande che risposte. In fondo, la statistica è quella materia secondo cui se in media due persone hanno mangiato mezzo pollo ciascuno, è possibile che uno dei due sia in realtà morto di fame. È la distribuzione delle risorse che conta. E una distribuzione più equa richiede misure strutturali, come il reddito di discontinuità appena introdotto per i lavoratori dello spettacolo. Ma è solo un inizio, per un settore complesso e dai profili sempre più diversificati.

Fonte: La Voce