In crescita al Sud la povertà minorile e la povertà assoluta. Gli assistiti dai centri di ascolto parrocchiali sono aumentati dell’8%. Zuppi: l’ascensore sociale è rotto da tempo
fonte@Ansa di Paolo Lambruschi
La pandemia economica e sociale non è mai finita. La ripresa dell’Italia post Covid ha lasciato infatti indietro un italiano su dieci soprattutto al sud. E, oltre a una preoccupante povertà minorile da record, crescono le probabilità per chi ha una famiglia numerosa di non arrivare a fine mese. i dati dell’”Anello debole”, il rapporto sulla povertà della Caritas Italiana presentato come da tradizione oggi, 17 ottobre, giornata mondiale di lotta all’indigenza, fotografano il 2021 nero dell’Italia nascosta, che non ce la fa, la,popolazione che convive con la povertà quotidiana ai massimi storici e nemmeno la metà ha avuto il reddito di cittadinanza.
Il paese degli ultimi l’anno scorso si è ulteriormente ingrandito fino a contare 1 milione 960mila famiglie in povertà assoluta, pari a 5.571.000 persone che sono il 9,4% della popolazione residente. L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10%) mentre scende significativamente nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%). Tra il 2020 e il 2021 la povertà è cresciuta più della media nelle famiglie con almeno 4 persone, con persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni. le famiglie degli stranieri e quelle con almeno un reddito da lavoro.
I livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori, ovvero quasi 1,4 milioni di bambini e ragazzi, scende all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni e all’11,1% per la classe 35-64 anni, mentre scende al 5,3% per gli over 65. Gli immigrati tornano ad essere la maggioranza degli assistiti dalle Caritas parrocchiali le quali hanno ricevuto quasi l’8% in più di richieste di aiuto nel 2021.
Uomini e donne e sono la metà esatta degli assistiti mentre l’età media è quasi di 46 anni. Spesso sono “equilibristi” che per i lavori precari entrano ed escono dallo stato di bisogno. E’ cresciuta rispetto al 2020 l’incidenza degli stranieri, il 55% a livello nazionale con punte del 65,7% e del 61,2% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est dove la presenza degli immigrati è superiore e la vita è più cara. Nel Sud e nelle Isole prevalgono gli assistiti italiani, rispettivamente il 68,3% e il 74,2% dell’utenza.
La rete Caritas ha erogato nel 2021 quasi un milione e mezzo di interventi. Tre quarti degli aiuti riguardavano la spesa alimentare e circa il 5% sussidi economici per il pagamento di affitti e bollette. Questi, però, già nel 2021 per i rincari da transizione energetica hanno assorbito, oltre tre quarti delle spese. Quest’anno con i rincari la situazione è destinata a diventare molto più difficile. Il reddito di cittadinanza, rivela il rapporto Caritas, arriva solo al 44% delle persone in povertà assoluta. .
E nell’Italia dove la mobilità sociale è ferma da molti anni, oltre ad esserci sempre più minori in stato di indigenza, la povertà è diventata ereditaria come conferma una ricerca intergenerazionale sui beneficiari. Sono infatti i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente. Al contrario tra i figli di laureati, oltre la metà arriva a un diploma superiore o alla laurea. Più del 70% dei padri degli assistiti risulta occupato in professioni a bassa specializzazione mentre 7 madri su 10 sono casalinghe. Circa un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e il 42,8% ha invece sperimentato addirittura una mobilità discendente.
“L’ascensore sociale è guasto, è rotto da tempo – e pochi sono interessati ad aggiustarlo – ha denunciato il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, intervenendo alla presentazione del Rapporto della Caritas italiana a Roma -. Il problema- non è soltanto cercare di fare quello che si può, ma bisogna fare quello che serve, quello che si deve, quello che ci viene chiesto, quello che è necessario per rispondere alle tante domande”.
Quando ai dati sulla povertà emersi nel rapporto, Zuppi ha osservato che ”e’ un Rapporto preoccupante, un rapporto che ci deve aiutare a scegliere e a vivere consapevolmente delle settimane e dei mesi difficili verso cui andiamo incontro che richiedono e richiederanno tanta solidarietà, delle risposte rapide, perché la sofferenza non può aspettare, non deve aspettare, ma anche delle risposte che sanno guardare al futuro. Per guardare al futuro però dobbiamo capire bene il presente, altrimenti ci accontentiamo di alcune enunciazioni, oppure la visione del futuro resta del tutto staccata dai dati reali”.