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Mafia: volume affari da 40 mld anno, oltre 2% Pil

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(AGI) – Roma, 21 gen. – La mafia produce un volume di affari stimato in 40 miliardi di euro all’anno, pari ad oltre il 2% del Pil dell’Italia. Nella settimana dell’arresto del super latitante ritenuto il vertice di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, l’ufficio studi della Cgia calcola il valore dei traffici commerciali e finanziari gestiti dalla criminalità organizzata.
I dati relativi alle attività economiche criminali, annota la Cgia, sono certamente sottostimati, in quanto “non siamo in grado di dimensionare anche i proventi ascrivibili all’infiltrazione di queste organizzazioni malavitose nell’economia legale”.
Per evidenziare come sia difficile elaborare una stima puntuale dei guadagni della criminalità organizzata, Cgia ricorda che oltre ai 17,4 miliardi di euro prodotti dalle attività illegali (tra traffico di droga, contrabbando di sigarette e prostituzione), “il nostro Pil nazionale assorbe altri 157 miliardi di euro, di cui 79,7 sono nascosti dalla sottodichiarazione, 62,4 miliardi dal lavoro irregolare e 15,2 miliardi dalla voce tra affitti in nero e mance”.
L’analisi fa notare con rammarico che “se a parole tutti siamo contro le mafie, nelle azioni concrete non sempre è così”. La Cgia definisce “quanto meno imbarazzante che dal 2014, l’Unione Europea, con apposito provvedimento legislativo consenta a tutti i paesi membri di conteggiare nel Pil alcune attività economiche illegali: come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando di sigarette”.
Secondo l’analisi dell’associazione: “Grazie a questa opportunità, nel 2020 (ultimo dato disponibile) abbiamo gonfiato la nostra ricchezza nazionale di 17,4 miliardi di euro (quasi un punto di Pil)”. L’associazione annota: “E’ come se sul piano statistico ammettessimo che anche una parte dell’economia illegale riconducibile a ‘Mafia Spa’ è buona e accettabile”.
A livello territoriale la presenza più diffusa delle organizzazioni economiche criminali si registra nel Mezzogiorno, ricorda lo studio, anche se ormai molte evidenze segnalano la presenza di queste realtà illegali nelle aree economicamente più avanzate del Centro-Nord.

La letteratura specializzata evidenzia che, storicamente, i territori dove l’economia locale è fortemente condizionata dalla spesa pubblica e il livello di corruzione della pubblica amministrazione è molto elevato sono più vulnerabili dal potere corruttivo delle mafie.
Nei territori dove il numero di denunce all’autorità giudiziaria per estorsione/racket, usura, contraffazione, lavoro nero, gestione illecita del ciclo dei rifiuti, scommesse clandestine e gioco d’azzardo è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni criminali di stampo mafioso “è molto elevata”.
L’associazione riporta anche una pubblicazione della Banca d’Italia sulla penetrazione territoriale delle mafie che indica un indice di presenza “molto preoccupante” anche realtà del Centro-Nord, in particolare nelle province di Roma, Latina, Genova, Imperia e Ravenna. Meno colpite ma comunque con forti criticità anche Torino, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Varese, Milano, Lodi, Brescia, Savona, La Spezia, Bologna, Ferrara, Rimini, Pistoia, Prato, Firenze, Livorno, Arezzo, Viterbo, Ancona e Macerata. (AGI)