AGI – Mancano cinque mesi al primo turno delle elezioni presidenziali francesi e a dominare il dibattito sono i sondaggi pubblicati quotidianamente che vedono Emmanuel Macron e Eric Zemmour come sfidanti al secondo turno.
In realtà né l’attuale inquilino dell’Eliseo né il giornalista polemista con posizioni di destra hanno ancora annunciato la propria candidatura.
Entrambi sono però già in campagna elettorale. Il discorso alla nazione di Macron mandato in onda a reti unificate martedì sera è stato considerato dal 64% dei francesi come l’intervento di un candidato, secondo un sondaggio Odoxa-Backbone Consulting realizzato per Le Figaro.
Lo stesso vale per Zemmour, il quale in una intervista televisiva ha spiegato che è tutto pronto per la sua discesa in campo e che deve solo “decidere e premere il pulsante”.
Ma oltre a Zemmour e Macron chi sono gli altri candidati? Prima di elencarli occorre tuttavia fare una importante premessa: per correre per la presidenza della Repubblica francese occorre depositare 500 “parrainages”, ovvero 500 firme di sostegno di eletti (che possono essere deputati, senatori, eurodeputati, sindaci, i consiglieri comunali di Parigi e Lione, consiglieri dipartimentali e regionali e altre categorie di eletti).
Non tutti i candidati le hanno già raccolte. Anzi, quasi tutti sono ancora in alto mare. La stessa Marine Le Pen, leader del Rassemblement National che si posiziona terza al primo turno in base alla maggioranza dei sondaggi, ha riconosciuto pochi giorni fa di essere in difficoltà per quanto riguarda questo requisito: “Fatico, come tutti gli altri credo”, ha affermato in una intervista a Bfm Tv.
Le Pen ha quindi chiesto a Macron di modificare la legge e fare in modo che la lista delle firme non sia più resa pubblica perché, a suo parere, è proprio la pubblicazione che frena alcuni eletti.
Ovviamente la raccolta delle firme è stata ideata per limitare il numero delle candidature. Secondo il sito di Vie Publique sono circa 42 mila gli eletti che possono sostenere un candidato e ciascuno può dare un solo sostegno.
Al netto di questa considerazione fondamentale, oltre agli ormai scontati Macron e Zemmour, vi sarà colui che sarà il vincitore della sfida interna al partito gollista Les Republicains nel congresso che si terrà dal primo al 4 dicembre prossimi.
I nomi sono cinque: Michel Barnier, ex commissario europeo e negoziatore dell’Ue per la Brexit; Valerie Pecresse, presidente della regione Ile-de-France, cioè quella di Parigi, che intende riunire la destra e il centro con l’obiettivo di diventare il primo presidente della Repubblica donna; Xavier Bertrand, presidente della regione Hauts-de-France e ex ministro del Lavoro e della Salute; Eric Ciotti, deputato delle Alpi Marittime che intende “tirare fuori la Francia dalla situazione di declino in cui si trova” e che rappresenta l’ala destra del partito; infine, Philippe Juvin, sindaco di la Garenne-Colombes e medico di professione che si presenta come il “candidato dei servizi pubblici”.
C’è poi Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, partito di (estrema) destra.
Figlia di Jean-Marie, cerca da anni di prendere le distanze dal padre, fondatore del Front National e considerato un erede del fascismo, soprattutto per alcune affermazioni come quella sulle camere a gas nei campi di sterminio nazisti, che per l’ormai 93enne sono sempre state un “dettaglio della Storia”.
C’è anche Nicolas Dupont-Aignan, presidente del partito Debout la France, che ha lui stesso fondato nel 1999. Si presenta come erede del gollismo ed è considerato a destra, se non all’estrema destra, dell’arco costituzionale. Correrà per la quarta volta con un programma centrato sulla lotta all’immigrazione e l’allontanamento da Bruxelles.
E poi Florian Philippot, candidato dei Patrioti, partito che ha lui stesso fondato. E’ l’ex numero due del Front National di Le Pen, che ha lasciato nel 2017. È fautore di una linea sovranista.
Jean-Frederic Poisson, candidato della Via del popolo (Via), partito cristiano-democratico che presiede. Il suo programma può essere definito conservatore.
Philippe Poutou, candidato del Nuovo Partito Anticapitalista (Npa), formazione di estrema sinistra, è un operaio e un sindacalista. Si presenta per la terza volta alle presidenziali nonostante non abbia superato l’1,2% dei consensi nelle due precedenti elezioni.
Fabien Roussel, del partito comunista francese (Pcf), è il primo candidato comunista alle presidenziali francesi da 15 anni a questa parte, cioè dalla candidatura di Marie-George Buffet. Si distingue dai discorsi tradizionali del Pcf puntando sul tema della sicurezza e non volendo dare la caccia ai grandi patrimoni.
Anne Hidalgo, sindaca di Parigi e candidata ufficiale del Partito Socialista. In base ai sondaggi ha pochissime chance di passare al secondo turno. Ha recentemente lanciato la sua campagna a Rouen all’insegna dell’ecologia e della giustizia sociale.
Yannick Jadot, eurodeputato verde, è stato direttore delle campagne di Greenpeace Francia del 2002 e del 2008. Ha vinto la sfida interna al partito Europe Ecologie Les Verts (Eelv) battendo Sandrine Rousseau. Coore per essere il “presidente del clima” con un prgramma centrato su tematiche ambientali.
Jean-Luc Melenchon, leader della France Insoumise, formazione di (estrema) sinistra. Tenterà la corsa per l’Eliseo per la terza volta: la prima fu nel 2012, come candidato della coalizione Fronte di sinistra che includeva il partito comunista, e la seconda nel 2017, come candidato della France Insomise, che ha fondato nel 2016.
Arnaud Montebourg, ex esponente del partito socialista che corre come candidato indipendente. Ex ministro sotto la presidenza di Francois Hollande, ha annunciato la sua candidatura lo scorso 4 settembre. Propone un programma centrato sulla ripartenza dell’industria e sulla sicurezza per quella che lui stesso definisce la “remontada” della Francia.
Nathalie Arthaud, che correrà per la terza per Lutte ouvriere (“Lotta operaia”), la formazione di estrema sinistra di cui è portavoce. Sia nelle elezioni del 2012 che in quelle del 2017 aveva raccolto meno dell’1% dei voti.
Francois Asselineau, presidente dell’Union populaire republicaine, partito che ha lui stesso fondato nel 2007 e che viene considerato sovranista, dato che la linea politica è fondata sull’uscita della Francia dall’Ue, dall’Euro e della Nato.
Jean Lasalle, candidato indipendente. È deputato e noto per il suo lato spiritoso. Ha annuciato che sarà candidato per la seconda volta. Le sue posizioni sono abbastanza conservatrici anche non è posizionanibile né a destra né a sinistra.
Source: agi