Fatah ha lanciato un appello ad Hamas, esortandolo a lasciare il potere a Gaza per salvaguardare “l’esistenza dei palestinesi” nella Striscia, dove Israele ha intensificato le operazioni militari dopo aver rotto la tregua martedì scorso, facendo già diverse centinaia di morti tra la popolazione palestinese.
A parlare è stato Mounther al-Hayek, portavoce del partito del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen in un messaggio fatto recapitare dall’enclave costiera. “Hamas deve mostrare compassione per Gaza, i suoi bambini, le sue donne e i suoi uomini”, ha affermato, invitando il movimento islamista “a lasciare il governo”.
Il gruppo militante palestinese deve “rendersi pienamente conto che la battaglia imminente porterà alla fine dell’esistenza dei palestinesi” nella Striscia se decide di restare al potere, ha avvertito Hayek, mettendo in guardia verso “giorni difficili, duri e dolorosi che attendono gli abitanti di Gaza”.
Hamas ha preso il potere a Gaza nel 2007, estromettendo l’Anp dominata da Fatah dopo sanguinosi scontri. Da allora, non ci sono state elezioni nella Striscia e i numerosi tentativi di riconciliazione tra le fazioni palestinesi sono falliti. Il 7 ottobre 2023 Hamas ha lanciato un attacco massiccio contro Israele, uccidendo oltre 1.200 persone e sequestrandone circa 250. Lo Stato ebraico ha risposto con una durissima guerra che in 17 mesi è costata la vita a quasi 50 mila palestinesi, secondo quanto riferito dal movimento islamista.
Il 19 gennaio, grazie alla mediazione di Egitto, Qatar e Usa, con la pressione determinante del presidente americano entrante Donald Trump, è entrato in vigore un cessate il fuoco che prevedeva tre fasi. Dopo un primo periodo di 42 giorni, in cui sono stati liberati 33 ostaggi e oltre 1.700 detenuti palestinesi, gli sforzi per trovare un accordo per proseguire sono falliti.
Le posizioni erano distanti: Hamas premeva per l’avvio di negoziati sulla seconda fase – come previsto dall’accordo – incentrati sulla cessazione definitiva della guerra e il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, in cambio della restituzione di tutti i rapiti. Da parte sua, Netanyahu puntava a un proseguimento della prima fase, con l’ulteriore liberazione di ostaggi in cambio di prigionieri palestinesi, ma senza la conclusione del conflitto o il ritiro dei soldati, condizioni che rischiavano di far cadere il suo esecutivo per la dura opposizione dell’estrema destra.
Martedì Israele ha accusato Hamas di aver respinto tutte le proposte messe sul tavolo e ha rotto la tregua, riprendendo le operazioni militari nella Striscia. Ieri, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha minacciato di annettere parti di Gaza a meno che Hamas non liberi tutti i 58 ostaggi ancora prigionieri, di cui 34 si ritiene siano morti.
Lo scorso dicembre, durante colloqui al Cairo, Hamas e Fatah hanno concordato di creare un comitato di 10-15 tecnocrati politicamente indipendenti, la maggior parte dei quali provenienti da Gaza, per gestire congiuntamente la Striscia. Due mesi più tardi, il presidente Usa, Donald Trump, ha presentato un piano per il futuro di Gaza che prevede lo sfollamento forzato della popolazione palestinese per una ricostruzione della Striscia in stile ‘Riviera’ di lusso.
Una visione duramente avversata dai leader arabi della regione che all’inizio di marzo hanno approvato un piano alternativo che vedrebbe Hamas tagliato fuori dalla gestione dell’enclave a favore di un comitato di tecnocrati palestinesi indipendenti, in vista del ritorno dell’Anp nel territorio. Israele, che punta a sradicare il gruppo islamista dall’enclave costiera, ma che è contrario anche alla gestione del potere da parte delle autorità di Ramallah, ha bocciato il progetto. (AGI)
SCA