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M.O.: Erdogan attende Raisi,focus su Gaza e stabilità regione

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Il presidente iraniano Ebrahim Raisi e’ atteso oggi ad Ankara, dove avra’un’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. I due Paesi da mesi lavorano a una serie di protocolli di cooperazione e domani e’ attesa la firma di 10 documenti che sanciranno un consolidamento delle relazioni commerciali, economiche a anche culturali tra Ankara e Teheran. E’ tuttavia la crisi in corso a Gaza e l’intervento israeliano nella Striscia a determinare l’andamento dei rapporti tra i due giganti del mondo islamico, rappresentanti rispettivamente dell’universo sunnita la Turchia e sciita l’Iran. Entrambi i Paesi sono tradizionalmente critici nei confronti delle scelte del governo israeliano e storicamente schierati al fianco della Palestina, tuttavia il fatto che Erdogan non abbia interrotto le relazioni commerciali con lo Stato ebraico ha sollevato le critiche di Teheran. Appena ieri il quotidiano israeliano Jerusalem Post pubblicava la notizia della presunta intenzione di Erdogan di sanzionare il fiorente interscambio commerciale tra Ankara e lo Stato ebraico. Notizia cui rispondeva l’agenzia iraniana Irna, secondo cui il governo turco non avrebbe in realta’ intenzione di compiere questo passo Va sottolineato che nonostante alcune divergenze di vedute questa guerra ha riavvicinato i due Paesi. “Non c’e’ alcuna ragione per non compiere passi al fianco dell’Iran”, ha dichiarato Erdogan all’indomani del vertice di Riyad tra i rappresentanti dei Paesi islamici, rivelando una convergenza di interessi e strategie rispetto alla crisi in corso. Il dialogo tra Erdogan e Raisi seguira’ le linee dettate dal conflitto in corso ed e’ per questo destinato ad andare oltre la Striscia di Gaza. Nelle ultime settimane Israele ha colpito membri di Hamas e miliziani vicini all’Iran in Libano, Siria e Iraq; Teheran ha risposto colpendo una presunta base di spie israeliane in nord Iraq e mostrato di poter colpire anche oltre il confine pakistano. Scambi di colpi che hanno fatto crescere il rischio di una escalation del conflitto. Le azioni militari iraniane fanno seguito alle minacce proferite dal regime degli ayatollah e mostrano che Teheran non ha remore e possiede le armi per colpire oltre confine. A preoccupare la Turchia sono sopratutto gli Hezbollah libanesi, sostenuti dall’Iran, che continuano a minacciare il nord di Israele e allargare il conflitto al Libano. Erdogan ha la assoluta priorita’ di evitare crisi umanitarie ai propri confini. Dopo aver rischiato alle scorse elezioni, il presidente turco non vuole affrontare la questione profughi in un Paese ormai insofferente quando si parla di migranti, anche perche’ in vista ci sono le importantissime elezioni comunali di fine marzo. Elezioni in cui Erdogan e’ deciso a riprendere i centri nevralgici del Paese, Istanbul e Ankara, persi nel 2019. Il presidente turco vuole evitare che il conflitto si allarghi al Libano, Siria ed Iraq e per contenere la reazione degli Hezbollah libanesi e delle milizie filo iraniane in siria e Iraq ha bisogno di Teheran. In questo momento in cui sembrano essere riaperti spiragli per trattative con lo Stato ebraico va sottolineato che l’Iran e’ uno dei principali sostenitori, anche finanziariamente, di Hamas, mentre la Turchia offre un porto sicuro ai leader del movimento palestinese in esilio. La oste tra sabato e domenica il leader politico di Hamas, Ismail Haniye, ha avuto un faccia a faccia con il ministro degli Ester, turco. Ankara e Teheran sono tra i pochi a mantenere vivi i rapporti con Hamas e poter mediare per la liberazione degli ostaggi. Erdogan ha inoltre una strategia in tre punti che trova il favore di Teheran Primo obiettivo del presidente turco e’ portare aiuti umanitari alla popolazione civile di Gaza. Secondo obiettivo del leader turco e’ un cessate il fuoco permanente. Terzo obiettivo di Erdogan e’ quello di fungere da garante per i palestinesi e spingere per un sistema di garanzia che porti alla progressiva creazione di uno stato palestinese. Una prospettiva da cui il governo iraniano non puo’ permettersi di rimanere tagliato fuori. Il dialogo con la Turchia inoltre permetterebbe all’Iran di avere un intermediario con gli Stati Uniti e allo stesso tempo a Erdogan di agire da interlocutore tra Teheran e occidente. In attesa di vedere che risultati produrra’ la visita di Reisi ad Ankara, quello che si e’ registrato fino ad ora e’ un riavvicinamento tra due giganti del mondo islamico. Un riavvicinamento che, come nel 2010, va di pari passo con il deterioramento dei rapporti tra Erdogan e Israele. Rimangono tuttavia divergenze: Ankara punta alla creazione di una Palestina secondo i confini del 1967; Teheran rifiuta di riconoscere Israele e propone uno stato unico per musulmani, ebrei e cristiani. Ipotesi praticamente impossibile da percorrere che Teheran usa a fini retorici; al contrario un riavvicinamento verso Erdogan contribuirebbe ad alleviare l’isolamento degli ayatollah, il cui ruolo in una eventuale transizione post conflitto rischia di essere sempre piu’ marginale. L’incontro tra Erdogan e Raisi era stato inizialmente previsto alla fine di novembre, salvo essere poi posticipato a causa della missione negli Stati Uniti del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan. Riprogrammato per l’inizio di gennaio, la missione del presidente iraniano e’ saltata una seconda volta a causa dell’attentato che ha colpito la citta’ di Kerman, uccidendo circa 100 persone. Dopo l’attacco, rivendicato dall’Isis, Erdogan ha telefonato a Raisi ribadendo l’intenzione della Turchia di collaborare con l’Iran nel contrasto al terrorismo. (AGI)
TUY/TIG