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L'orso artiglia i ghiacci, così la Russia punta a dominare l'Artico

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AGI – C’è chi è arrivato a prevedere che l’Artico sarà l’epicentro della Terza guerra mondiale. Di certo il “continente bianco” sarà uno dei teatri geopolitici da tenere d’occhio per i prossimi decenni, la nuova frontiera dello scontro fra le super potenze mondiali. E’ una regione immensa e sostanzialmente extra-territoriale, sempre più liquida e navigabile per lo scioglimento dei ghiacci prodotto dai cambiamenti climatici, un crocevia di interessi economici, commerciali, energetici e militari che contrappongono Russia, Stati Uniti e Cina

Il Consiglio artico

In questi giorni si è riunito a Reykjavik il Consiglio artico, la principale organizzazione intergovernativa per promuovere la cooperazione nella regione, di cui oltre alla Russia fanno parte Stati Uniti, Canada, Norvegia, Danimarca, Svezia, Finlandia e Islanda. Mosca ha assunto la presidenza di turno e i temi discussi dai ministri degli Esteri sono stati la cooperazione artica e la sostenibilità ambientale.
Sullo sfondo, però, c’è la sfida militare per il controllo di un ‘continente’ strategico che contiene più di un quinto di tutte le risorse ancora inutilizzate di idrocarburi, ricco di rame e di giacimenti di minerali rari

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La base russa

Non a caso per l’occasione Mosca ha esibito i muscoli aprendo alla visita dei giornalisti la sua base militare più a nord situata nell’oceano Artico, nel remoto arcipelago della Terra di Franz Josef, il paradiso dei trichechi.
Si tratta di un complesso costruito sulle rovine di un sito sovietico che si sviluppa su oltre 14.000 metri 
quadrati, con sistemi missilistici e in grado di resistere fino a un anno ad assedi o catastrofi naturali grazie a una centrale elettrica, un impianto per la depurazione dell’acqua e un impianto di riscaldamento. C’è anche un aeroporto (a due ore di volo da Murmansk, quartier generale della Flotta del Nord) e tutte le strutture sono collegate da tunnel riscaldati per evitare i rigori di temperature che possono raggiungere i 40 gradi sotto zero, essendo meno di mille chilometri sotto il Polo Nord. 
La base, soprannominata Trifoglio artico per la sua forma, è dotata anche di comfort per i suoi 150 militari: ci sono una palestra, un cinema, una sauna ma anche una clinica e una chiesa. Erano partiti da questa base i due MiG-31 che a marzo  hanno sorvolato tutto il Polo Nord a marzo, il primo per la marina russa.

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Le nuove rotte 

L’Artico è anche strategico per le rotte commerciali: la Terra è più stretta ai Poli e con la diminuzione della copertura di ghiaccio si apre la possibilià di un risparmio di distanze enorme per le navi, come già avviene per i voli intercontinentali da New York a Pechino o dall’Europa al Giappone. I passaggi marittimi a Nord-Ovest o a Nord-Est, un tempo impraticabili, sono ormai percorribili per molti mesi all’anno.

Si prevede che l’Oceano Artico entro il 2040 sarà senza iceberg, e quindi pienamente navigabile, per tutta la stagione estiva. La Russia, priva di sbocchi sui mari del Sud, prevede che 
il traffico cargo lungo la rotta polare sarà decuplicato. E ora spera di utilizzare il canale di spedizione della rotta del Mare del Nord per esportare petrolio e gas verso i mercati esteri. Già nel 2017 una petroliera russa è stata la prima nave della storia a viaggiare lungo la rotta polare senza essere scortata da una rompi-ghiaccio: portò un carico di gas naturale liquefatto dalla Norvegia alla Corea del Sud in 19 giorni, il 30% di tempo in meno rispetto alle rotte che usano il canale di Suez.

Le pretese di Mosca

Mosca esige un diritto di controllo sulle acque che vanno dal porto siberiano di Yamal fino allo Stretto di Bering in Cina e pretende che le navi chiedano il suo permesso per il transito, di fatto limitando l’accesso e la libertà di navigazione. 
Gli Stati Uniti non stanno a guardare in questa partita e, dopo aver accusato la Russia di “militarizzare” l’Artico, hanno dispiegato per la prima volta quattro bombardieri B-1 e 200 militari in Norvegia, nella base di Orland. Per l’Amministrazione Biden le questione commerciali e di sicurezza si incrociano con l’impegno ambientale, in una delle aree più delicate del pianeta.
Anche la Cina, pur non affacciandosi sull’Artico come gli otto Paesi del Consiglio, dal 2018 si è auto-definita uno Stato “quasi-Artico” e punta ad aggiungere una Via della Seta Polare alla sua Belt and Road. L’Ue, con i Paesi nordici in prima linea su questo immenso mare di ghiaccio, punta sulla salvaguardia ambientale, la sicurezza della navigazione e la cooperazione tra Stati per non restare schiacciata nella Guerra fredda che si delinea al di sopra del Circolo polare artico

 

 

 

 

Source: agi


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