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L'ombra cupa della crisi che aleggia sul governo Draghi

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AGI – L’ombra di una crisi di governo aleggia sempre più cupa su Mario Draghi e i suoi ministri, complice la lunga serie di strappi e distinguo del Movimento 5 Stelle sulla questione delle armi da inviare in Ucraina, e non solo.

Ma se Giuseppe Conte e i suoi continuano a chiedere un voto e una discussione in Parlamento, giovedì il presidente del Consiglio si presenterà in Parlamento per riferire sullo stato dell’arte della crisi Ucraina, anche alla luce della fitta interlocuzione fra il premier e i partner internazionali.

Lo farà con la formula dell’informativa che non prevede voto né discussione fra i gruppi parlamentari. Se il M5s vorrà mettere al voto la linea del governo, quindi, occorrerà presentare una mozione, discuterla in conferenza dei capigruppo, calendarizzarla. Tempi lunghi. Il che, da una parte, potrebbe essere un vantaggio per il governo, che potrà prendere tempo sperando che la strada diplomatica alla soluzione della crisi finirà per essere quella battuta dai contendenti in campo.

Dall’altra, però, potrebbe allungare la scia di scontri e polemiche interne alla maggioranza, logorando il governo negli ultimi mesi di legislatura, quelli più delicati per una serie di dossier, a cominciare dal Pnrr e dalle riforme.

Per questa ragione il segretario dem tenta di raffreddare gli animi. “Io per quello in cui credo, per il modo di essere del mio partito, l’ultima cosa che temo è andare in Parlamento. Ci saremo giovedì prossimo, ascolteremo Draghi, interverremo. Ci saranno passaggi che richiedono dei voti? Li faremo”.

Arrivando a Sorrento per partecipare al Forum organizzato da Mara Carfagna, Enrico Letta appare sicuro sulla tenuta dell’esecutivo. “Non ho nessun dubbio che questo governo arriverà alla fine naturale della legislatura e che sia l’ultimo governo della stessa“, scandisce Letta con una rassicurazione che suona anche come un avvertimento. Come a dire: nessuno pensi di approfittarne per strappare un rimpasto e accontentare chi, all’interno dei partiti, reclama ruoli di primo piano. Insomma, se cade Draghi si va al voto, con tutto ciò che ne consegue per chi aspira a essere ricandidato in un parlamento a ranghi ridotti per il taglio dei parlamentari.

“Se ci fosse una crisi ora si andrebbe alle urne”, sottolinea Letta: “Ma arriveremo fino alla fine perché il Paese ha bisogno delle riforme chieste per il Pnrr, le abbiamo promesse”. Una linea che contrasta con i continui distinguo di Conte e dei suoi. Anche oggi, il presidente del M5s non ha mancato d’inviare un segnale al governo: “C’è’ una misura a me molto cara per il Mezzogiorno, da rendere strutturale, che invece è in scadenza: la decontribuzione per il Sud. Vorrei sapere il governo cosa ne pensa”.

Parole che sembrano rimarcare una distanza fra M5s ed esecutivo. Da parte del segretario Pd, gli ‘strappi’ di Conte e del M5s sono derubricati a “discussioni naturali in una fase di dibattito forte. Non sono minimamente infastidito da questo”, aggiunge Letta.

Nonostante questo, tuttavia, dal Nazareno viene segnalato che “rimangono tesi i rapporti con il M5s, anche dopo il duro confronto” fra Letta e Conte di pochi giorni fa. Letta, in ogni caso, è fermamente intenzionato a tenere il punto. E cioè: “Sostegno al popolo ucraino”, da parte del governo, come fatto finora. Dal Pd, infatti, spiegano che “se oggi si parla di negoziati è perché il popolo ucraino ha resistito anche quando i carri armati russi erano a trenta chilometri dalla capitale ucraina”.

Rimane la convinzione, in Letta, che alla fine si troverà “unità d’intenti” all’interno della maggioranza: “Io penso che sia un momento in cui qualunque governo e maggioranza vivrebbe delle tensioni, con il conflitto in corso dopo una pandemia, con effetti drammatici su economia. Sta a ciascuno di noi fare la sua parte per superarle. L’Italia ha una forte unità, mi sento di fare un appello perché questa forte unità delle forze politiche continui, con l’Italia protagonista nella ricerca della pace”. 

Source: agi


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