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Lo spread e i 10 anni sulle montagne russe

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AGI – Era l’estate del 2011 quando gli italiani hanno conosciuto lo spread. C’era il governo Berlusconi IV, a luglio era stata approvata la manovra correttiva da 24 miliardi di euro con la quale il ministro dell’Economia Giulio Tremonti si era impegnato a raggiungere il pareggio di bilancio tre anni dopo, nel 2014. Non bastò a rassicurare i mercati europei scossi dalla crisi dei debiti sovrani. In 5 giorni il differenziale tra il Btp decennale e l’omologo Bund tedesco toccò 112 punti base. La fiducia degli investitori sulla capacità dell’Italia di ripagare i propri debiti cominciava a traballare. Oggi è sceso sotto la soglia dei 100 punti, ma ci sono stati periodi in cui abbiamo ‘veleggiato’ spediti verso i 600.

La lettera di Trichet a Berlusconi

Altra data cruciale nella storia dello spread italiano è quella del 5 agosto. E’ il giorno della lettera del presidente della Bce, Jean Claude Trichet, e del governatore di Bankitalia Mario Draghi al governo italiano, in cui venivano indicate una serie di misure urgenti e riforme strutturali per uscire dalla crisi finanziaria. A Berlusconi e Tremonti viene chiesto tra le altre cose di anticipare il pareggio di bilancio al 2013. Quel giorno lo spread batte un nuovo record e sfiora i 400 punti base.

Il G20 di Cannes

I primi di novembre sono i giorni del G20 di Cannes durante il quale l’Italia, di fatto, viene commissariata. Roma verrà posta sotto un monitoraggio fiscale del Fondo monetario internazionale e della Commissione Ue che controlleranno i progressi nel risanamento dei conti pubblici.

Il record di 575 punti base

Arriviamo al 9 novembre 2011: il differenziale tra Btp e Bund a 10 anni segna il livello record di 575 punti, con il tasso del Btp al 7,47%. Milano crolla del 3,78% e contagia Wall Street. Berlusconi annuncia le proprie dimissioni una volta approvata la legge di bilancio. Inizia a prendere corpo l’ipotesi di un governo guidato da Mario Monti anche se l’ipotesi di elezioni anticipate viene vista dai mercati come una ulteriore minaccia alla luce dell’incertezza dell’esito del voto.

Arriva al governo Mario Monti

Una settimana dopo, il 16 novembre 2011, è il giorno del passaggio di consegne tra Berlusconi e Monti. Lo spread scende a 530 punti. Il 2012 è comunque un anno difficile in cui il differenziale non si raffredda. Il picco si raggiunge il 13 luglio (480 punti) quando Moody’s taglia il rating italiano da A3 a Baa2. Una settimana dopo, il 20, si allarga ulteriormente tornando sopra 500 punti in un venerdì nero per la paura che Italia e Spagna possano contagiare l’economia globale. 

Il “whatever it takes” di Draghi

Il 26 luglio del 2012 è il giorno del “Whatever it takes” di Mario Draghi. L’italiano era diventato presidente della Bce a novembre 2011, la speculazione finanziaria continuava ad attaccare gli stati sovrani europei più deboli dal punto di vista finanziario (Italia, Spagna e Grecia). “Fare tutto il necessario” per salvare l’euro ha rappresentato una svolta per l’Europa, l’Italia e la moneta unica.

Nel 2013 il differenziale è pressoché stabile sopra i 250 punti base, compreso il 29 aprile giorno in cui debutta il governo di Enrico Letta. Arriviamo al 2014. Il 21 febbraio è il giorno della nascita del governo Renzi lo spread scende sotto i 200 punti (a 194) mentre 7 mesi dopo il 24 settembre tocca i minimi dall’inizio della crisi del 2011 a 129 punti base. Il 2015 si apre con l’esortazione di Beppe Grillo a uscire dall’euro proprio a causa dello spread. Nel suo blog il comico genovese scrive: “Lo spread è raddoppiato” negli ultimi 10 anni, “gli italiani si sono impoveriti. Fuori dall’euro!”. In quei giorni tuttavia la forchetta è intorno ai 130 punti. 

Il 27 febbraio 2015 torna dopo 5 anni sotto 100 punti

Il 27 febbraio torna per la prima volta sotto i 100 punti dal maggio 2010. Da lì a poco infatti (il 9 marzo 2015) sarebbe partito il Qe (60 miliardi di euro al mese) deciso dall’allora presidente della Bce, Mario Draghi. Gli acquisti dell’Eurotower raffreddano le tensioni sul debito sovrano italiano e bisogna arrivare al 24 giugno del 2016 per avere una nuova fiammata.

La Brexit e il referendum del 2016

La scintilla arriva da oltremanica e a innescarla questa volta è la vittoria del ‘leave’ al referendum in Gran Bretagna sulla Brexit. Lo spread arriva a 177 punti. Da registrare altri rialzi a novembre 2016, il 14 a causa dell’incertezza sull’esito del referendum costituzionale promosso dal premier Matteo Renzi tocca a 182 punti. Il 5 dicembre Renzi si dimette dopo la vittoria del no al referendum costituzionale ma lo spread ha già scontato la vittoria del ‘no’ e chiude a 167 punti. Gli succede il governo Gentiloni.

Il governo gialloverde

Arriviamo a maggio 2018. Si palesa un governo anti-europeo formato da Lega e M5s che a metà mese stilano un contratto di governo. Nella prima bozza di accordo si fa esplicitamente riferimento all’uscita dall’euro. Lo spread comincia a risalire fino a sfondare nuovamente quota 200 punti (207) il 25 maggio. Quattro giorni dopo, il 29 maggio, arriva a 293 punti dopo aver toccato, nel corso della giornata, quota 320 per la prima volta dal 2013. Il giorno prima il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, durante le considerazioni finali, aveva giudicato le reazioni dei mercati “non giustificate”. Sono i giorni dell’incarico del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella a Carlo Cottarelli e del primo tentativo (l’ultimo è quello Draghi) di un governo del presidente.

Lega e Movimento Cinquestelle trovano l’accordo. Il primo giugno nasce il governo Conte I, lo spread chiude a 231 punti. L’estate è calda in tutti i sensi. Le dichiarazioni del presidente della commissione bilancio della Camera, Claudio Borghi, provocano un’impennata il 13 agosto. “Io sono sereno come l’arcobaleno… ormai credo che il meccanismo sia innescato. O arriverà la garanzia Bce o si smantellerà tutto… Non vedo terze vie”. L’esponente leghista minaccia l’Italexit. Interviene il deputato di Forza Italia Renato Brunetta che attacca Borghi: “In piena tempesta finanziaria, il responsabile economico della Lega Claudio Borghi e’ riuscito a chiedere alla Bce di intervenire per garantire lo spread dai mercati finanziari minacciando l’esplosione dell’euro! Una cosa incredibile, mai sentita, detta nel momento piu’ delicato. Il presidente del Consiglio Conte prenda in mano immediatamente la situazione e affidi il monopolio delle dichiarazioni economiche al ministro dell’Economia, impedendo agli economisti della Lega di dire altre sciocchezze del genere, prima che i rendimenti sui nostri Btp arrivino a livelli insostenibili”.

La battaglia governo-commissione Ue sul deficit

A ottobre 2018 in contemporanea alla presentazione della finanziaria lo spread torna sopra 300 punti. C’è la battaglia sul deficit tra il governo gialloverde e la Commissione Ue. A fine anno il differenziale si attesterà a 250 punti base con un deficit al 2,04%.

La nascita del Conte II

Ad agosto 2019 si apre la crisi del governo Lega-M5s. Il 9 lo spread sfiora i 240 punti. A fine anno il Conte II più europeista del governo precedente raffredda le tensioni sul debito e lo spread chiude l’anno a circa 160 punti.

Scoppia la pandemia

A gennaio lo spread continua la sua parabola discendente ma a febbraio scoppia la pandemia da Covid-19 e si riaccendono le tensioni finanziarie. Il 12 marzo uno scivolone verbale della presidente della Bce, Christine Lagarde va volare il differenziale a 262 punti. A precisa domanda in conferenza stampa, Lagarde risponde candidamente: “Non siamo qui per ridurre gli spread. Ci sono altri strumenti e altri attori per affrontare questi temi”.

L’affermazione provoca un terremoto. Il 18 marzo schizza a 318 punti perché gli investitori vogliono vedere il piano di stimoli del governo e capire l’effetto sul debito pubblico italiano. Lo stesso giorno arriva la ‘pezza’ della Lagarde: la Bce lancia il Qe pandemico, denominato Pepp (Pandemic emergency purchase programme) da 750 miliardi di euro. “Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie. Non ci sono limiti al nostro impegno per l’euro”, twitta Lagarde. Le parole sono una sorta di nuovo ‘whatever it takes’. I mercati si calmano. L’azione della Bce riporta la situazione sotto controllo e lo spread chiude il 2020 a 108 punti. Il resto è storia di questi giorni. (AGI)

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Fonte: economia agi


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