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L’invio di armi è incostituzionale?

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Indubbiamente l’art.11 della Costituzione contiene due principi: quello del ripudio della guerra (primo comma), e quello limitativo della sovranità nazionale in favore dell’adesione alle organizzazioni sovranazionali (secondo comma). L’Assemblea dell’Onu ha approvato la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina.  La risoluzione chiede alla Russia di ritirare le sue forze armate dall’Ucraina e dà un forte messaggio contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il mondo ha massicciamente rigettato questa ingiustificata aggressione.

di Renato Costanzo Gatti

 

Art.11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Il primo decreto-legge n.14/2022 approvato dal Governo prevedeva l’invio di “mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali di protezione”, mentre il secondo, il n. 16/2022 autorizza “la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore della autorità governativa dell’Ucraina in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185” (legge che vieta “l’esportazione e il transito di materiali di armamento verso i Paesi in stato di conflitto armato” ex. art. 1, c. 6, lettera a).

I decreti sono stati convertiti in legge. C’è chi si interroga se la legge convertente il secondo decreto, quello che modifica il primo prevedendo l’invio non solo di materiali militari non letali, ma anche di materiali di armamento in deroga alla legge 9 luglio 1990 n. 185, violi o meno l’art. 11 della Costituzione.

Indubbiamente l’art.11 contiene due principi: quello del ripudio della guerra (primo comma), e quello limitativo della sovranità nazionale in favore dell’adesione alle organizzazioni sovranazionali (secondo comma).

Il primo principio costituisce il principio pacifista voluto dalla Costituzione, uno dei rovesciamenti in positivo rispetto al precedente periodo fascista. Significativa, nel dibattito della costituente, la distinzione tra il termine “rinunzia” rispetto al termine “ripudia”; termine quest’ultimo più programmatico opposto all’altro. Secondo le parole dell’on. Amerigo Crispo, dire che “(…) l’Italia rinunzia alla guerra non riproduce esattamente il concetto di ripugnanza morale per una guerra di conquista o di offesa alla libertà degli altri popoli” si è quindi preferita la formula finale di “ripudio”, a discapito di quella inizialmente approvata di “rinunzia alla guerra”, che potrebbe suggerire l’esistenza di una facoltà o di un diritto, che uno stato democratico non dispone. Il ripudio, tuttavia, non è assoluto ma relativo al caso di guerra di offesa alla libertà degli altri popoli o come mezzo di risoluzione di controversie internazionali. La guerra è legittima negli altri casi, il termine guerra, infatti, compare in altre parti della Costituzione, e contempla la deliberazione di uno stato di guerra da parte del Parlamento (art.78 Cost.), con successiva dichiarazione formale da parte del Presidente della Repubblica (art.87, comma 9 Cost.), per l’ipotesi di una guerra difensiva a titolo di sacro dovere di difesa della Patria (art.52 Cost.). Rimane il fatto che l’invio di armi all’Ucraina, ci conferisce lo status di cobelligeranti, in uno scontro che tende a risolvere una controversia internazionale.

Il secondo principio “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni

Questo consenso alla limitazione di sovranità si rivolge a quelle istituzioni che assicurino la pace e la giustizia fra le Nazioni e che potremmo oggi elencare nelle Nazioni Unite, nell’UEO, nell’OSCE e nella PESD e nella PESC. In linea di principio le decisioni degli organismi elencati hanno il potere di essere superiori alle norme derivanti dalla sovranità nazionale (principio contestato dai paesi e dai partiti sovranisti). Si pone allora la necessità di una lettura del combinato disposto tra gli artt.10 e 117 Cost. Questi, conferiscono uno status costituzionale a quelle organizzazioni internazionali che sono state erette allo scopo di raggiungere un obiettivo di mantenimento della pace, di cui ci parla il secondo comma dello stesso art.11 Cost.

Dubbi potrebbero sorgere se la norma fosse emessa dalla NATO che è una alleanza difensiva, non finalizzata al conseguimento della pace, ma al reciproco aiuto in caso di aggressione da parte di terzi, reciproco aiuto escluso nel caso ucraino che non è parte dell’alleanza.

In base a tale norma potrebbe invece ritenersi legittimo il nostro intervento in Ucraina, stante la presa di posizione che è stata fatta registrare in data 2 marzo 2022 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che riunita in adunanza plenaria ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina a grande maggioranza dei presenti.

L’Assemblea dell’Onu ha approvato la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina. Sono 141 i voti a favore, cinque i contrari (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del nord, Siria) e 35 gli astenuti, tra cui Cina e India. Un voto che dice tutto l’isolamento di Putin come dimostra il tabellone all’Onu.

Per essere adottata, la mozione doveva essere approvata dai due terzi dei Paesi membri. Il documento non ha valore legalmente vincolante ma è politicamente molto significativa. La risoluzione chiede alla Russia di ritirare le sue forze armate dall’Ucraina e dà un forte messaggio contro l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il mondo ha massicciamente rigettato questa ingiustificata aggressione. Gli attacchi sono una lampante violazione del diritto internazionale. In conclusione, si rileva che la risoluzione dell’ONU, non legalmente vincolante, pur condannando il comportamento della Russia, e intimando alla stessa di ritirare le sue truppe, non invia i caschi blu né autorizza una guerra. Viene quindi rimosso ogni dubbio sulla prevalenza della determinazione (che non c’è) dell’organismo sovranazionale cui la sovranità italiana dovrebbe assoggettarsi.