La fusione nucleare catalizzata da muoni è stata verificata sperimentalmente, ma non è energeticamente conveniente. La fusione fredda, invece, è una chimera.
A cura di Elena Buratin geopop.it/
La fusione nucleare fredda è il nome che viene dato a presunte reazioni di fusione nucleare prodotte e a pressioni e temperature inferiori rispetto a quelle tradizionalmente necessarie. Questo permetterebbe di risolvere molti problemi di natura tecnica ed energetica, anche se dopo cinquant’anni ancora non ci sono prove scientifiche dimostrate in merito alla fattibilità di questo processo. In questo articolo vedremo come mai ad oggi la fusione fredda non è possibile e cosa cambia rispetto a quella catalizzata dai muoni.
La fusione nucleare catalizzata da muoni
Attorno agli anni ’50 Andrei Sakharov partorì l’idea di sfruttare i muoni (i cugini più pesanti degli elettroni di circa 200 volte) come catalizzatori della reazione di fusione per farla accadere a temperatura ambiente. Proprio a causa delle ‘’basse’’ temperature, in origine, questo fenomeno venne definito fusione fredda e poi si convertì in fusione catalizzata da muoni – sperimentalmente provata da Luis Walter Alvarez nel 1956. Ma perché proprio dai muoni?
Quando si sostituiscono gli elettroni di legame delle molecole di idrogeno con dei muoni molto più massivi, i nuclei atomici si avvicinano e dunque si aumenta la probabilità di reazione nucleare. Per instaurare il processo di fusione nucleare, infatti, bisogna avvicinare i nuclei atomici, cosa non facile a causa della repulsione elettrostatica. Per raggiungere lo stesso scopo nella fusione calda invece si utilizza un’altra tecnica: si aumentano pressione e temperatura, confinando magneticamente il plasma caldo all’interno di un apparato molto complesso e pure costoso.
I muoni usati per la fusione catalizzata sono particelle instabili e decadono rapidamente – infatti hanno una vita media molto breve, di circa due millisecondi. Una volta generati sono capaci di far scatenare, o meglio dire catalizzare, un centinaio di reazioni di fusione. Poi, però, devono essere nuovamente generati, attraverso l’uso di sistemi energivori. L’energia spesa per produrre un muone abbastanza energetico (si parla infatti di GeV di energia) supera l’energia liberata durante le reazioni di fusione dove lui partecipa. Di conseguenza, questo processo, seppur testato e verificato, non è conveniente per la produzione di energia elettrica.
Gli esperimenti di Fleischmann e Pons sulla fusione fredda
Quando sentiamo parlare di fusione fredda, però, ci si riferisce all’ipotesi di poter generare un processo di fusione nucleare a temperatura ambiente senza l’uso di muoni. Nel 1989 Martin Fleischmann e Stanley Pons affermarono di aver realizzato la fusione fredda, tramite l’impiego di una cella ad acqua pesante. Questa cella, funzionante per elettrolisi, aveva un catodo negativo di palladio e un anodo positivo fatto di platino, ed era aperta per evitare il ristagno di alcuni elementi.
Durante i loro controversi esperimenti, misurarono saltuari aumenti di temperatura e, dunque, pensarono che fosse il calore generato dall’ipotetica reazione di fusione fredda.
Purtroppo, però, per poter affermare che si tratta di fusione fredda fra due atomi, ad esempio, di deuterio – fratelli gemelli dell’idrogeno, formati da un neutrone e un protone – si devono verificare tre condizioni:
i due atomi di deuterio devono trovarsi ad una distanza molto piccola per fondere e vincere la forza repulsiva dei loro nuclei e rilasciare energia. È dunque necessario un catalizzatore (come un muone) o un evento esterno (come l’aumento di pressione o temperatura) affinché la reazione possa iniziare;
si devono formare atomi di elio (3He) e neutroni (n);
si devono generare raggi gamma.
Ma né la quantità di energia liberata dalla loro reazione, non riproducibile, corrispondeva all’ordine di grandezza atteso da una reazione di fusione nucleare (era infatti di molto inferiore), né il numero di neutroni liberati era coerente, né fu misurata la presenza di raggi gamma.
La fusione fredda è possibile?
Per quanto ne sappiamo oggi, la fusione fredda non è possibile. Dopo le prime dichiarazioni di Pons e Fleischmann, molti ricercatori, tra i quali Steven Earl Jones, cercarono di riprodurre l’esperimento e di quantificare il rilascio di calore, di elio, di neutroni e di raggi gamma, per determinare se la fusione fredda fosse realmente possibile. Nessuna evidenza sperimentale confermò l’ipotesi di Fleischmann e Pons e, dunque, l’esistenza della fusion fredda.
Dell’energia termica supplementare era stata liberata durante gli esperimenti, ma di gran lunga inferiore rispetto alla quantità prevista da reazioni di fusione nucleare. I due ricercatori, insomma, affermarono una “scoperta” non ancora verificata e modellizzata. Ebbero quindi un atteggiamento poco oggettivo e non scientifico, rifiutandosi perfino di collaborare con la comunità scientifica, per questioni economiche legate a possibili brevetti e grants.
Alcuni ricercatori continuano tutt’oggi a studiare questo tipo di reazione nucleare, differente, ora chiamata LENR (Low Energy Nuclear Reaction) o CANR (Chemically Assisted Nuclear Reaction).