Sandro Veronesi è un grande scrittore. Sa tenere il lettore sospeso per tutto un romanzo, lo sa far vibrare in attesa di un finale annunciato come sconvolgente. Sa creare pathos, complicità col lettore, empatia e ansia. E così accade anche in questo suo ultimo romanzo, ‘Settembre Nero’, pubblicato ancora una volta (la tredicesima, per la precisione) da La nave di Teseo. Una storia in cui il protagonista, Gigio Bellandi, è un anziano che torna col ricordo a quando aveva 12 anni e ha vissuto la sua ultima estate in Versilia, a Fiumetto, con la mamma irlandese e la sorella Gilda – entrambe delicatissime, bianche e con i capelli rossi, sensibili al sole al punto che la bambina di 9 anni poteva restare in spiaggia, al Bagno Stella, solo nelle ore meno calde e assolate – mentre il padre, grande appassionato di vela e proprietario di una barca, Tivatù, con cui viaggiava per mare appena poteva, faceva su e giù da Vinci e Firenze dove lavorava come avvocato penalista, prima di un evento che avrebbe cambiato tutto per sempre. In attesa di questo, annunciato fin dall’inizio e cronologicamente già inquadrato – anche nel titolo – in un momento storico tra i più drammatici e sconvolgenti degli anni ’70, l’assalto terroristico palestinese ai Giochi di Monaco ’72 con il rapimento e l’assassinio di 11 atleti israeliani e l’omicidio di un poliziotto tedesco, Veronesi racconta le emozioni di un adolescente che scopre l’amore e crede di aver finalmente raggiunto la felicità. Il piccolo Gigio, di madrelingua inglese (da grande diventerà un interprete e un traduttore) grazie alla mamma, riesce a diventare inseparabile della bambina tredicenne più bella della spiaggia, Astel Raimondi, figlia di un imprenditore toscano di nome Lucido e di una bellissima etiope. Attraverso i ricordi di Gigio, Veronesi ripercorre un periodo storico che ha vissuto e che un po’ lo emoziona: le biglie in spiaggia che corrono su piste modellate col fondoschiena, la musica di David Bowie, Joe Cocker o Procol Harum, le Olimpiadi e i vari eroi dello sport, da Merkx eterno vincitore sopra Gimondi a Mark Spitz, Klaus Dibiasi o Novella Calligaris, la passione per la Juventus o quella per la Ferrari di Jacky Ickx. Lo fa cercando di tornare a guardare la vita con gli occhi innocenti di un bambino, malgrado sappia che c’è incombente, alla fine di quell’estate, un evento che cambierà tutto e, si sa da subito, avverrà in concomitanza con quello tragico di Monaco di Baviera. E così, sospeso tra l’attesa di un evento annunciato e la scoperta della vita, dell’amore, del mondo adulto di un adolescente, il lettore viene trasportato nell’estate in Versilia del 1972. Non contento di tenerlo sulla graticola, lo scrittore si diletta anche in una digressione fuorviante e ugualmente importante per far salire il pathos: torna col racconto al recente passato del protagonista, alla sua vita di adulto con la moglie che assiste a una tragedia in spiaggia. Un evento che a ben guardare non riguarda nulla della storia passata, ma riesce a rendere ancor più angosciante e ansiogena la scena in cui racconta del gioco di Gigio di infilarsi sotto le cabine, scavando nella sabbia e avanzando pancia a terra in un ambiente claustrofobico e apparentemente pericoloso. La scrittura di Veronesi come sempre è coinvolgete, capace di attirare il lettore e di catturare la sua attenzione anche quando racconta situazioni normali e descrive immagini semplici. Perché, in realtà, non è mai del tutto onesto e non fa nulla per nascondere questo aspetto della sua vis narrante: anche se parla di un 12enne innamorato, se parla di un padre con la passione maniacale per la sua barca, di ‘zio’ Giotti che per abitudine lascia sempre l’ultimo boccone nel piatto o di una bambina di 9 anni più matura e indipendente del fratello maggiore per cui avverte un senso di protezione, sotto sotto lascia qualcosa in sospeso. La situazione o il personaggio restano a galleggiare in un mondo sotto il quale viaggia una realtà parallela. Quella vera che è destinata a salire in superficie e prendere il sopravvento. E questo c’è sempre, anche quando non c’è niente sotto. E così l’attesa dell’evento che per tutto il romanzo è una presenza incombente, alla fine si esplicita ed è davvero sorprendente. Perché, a ben guardare, non è sorprendente affatto. Veronesi ci ha ingannato e ci ha trasportati nel suo gioco facendoci ‘scrivere’ un finale immaginato più volte durante le 290 pagine di racconto. Un finale che nella nostra mente è cambiato più volte e che alla fine non è quello che ci eravamo immaginati. ‘Settembre Nero’ è un libro in cui Veronesi non raggiunge le vette letterarie di ‘Caos calmo’ né crea una struttura narrativa superba come per ‘Il colibrì’, ma gioca col lettore con suggestioni, informazioni più o meno vere accanto ad autentici depistaggi (dall’invettiva in inglese della mamma di Gigio contro un “bastardo” che guarda col binocolo” alla tragedia a cui assiste la moglie di Gigio adulto), promesse di imminenti colpi di scena che non arrivano mai, fino all’epilogo finale in cui la rivelazione dell’evento che gli ha cambiato la vita lascia stupiti e interdetti. Per tutto il libro si attende il momento in cui la narrazione cambierà ritmo (come ne ‘Il colibrì’ con la morte della figlia), ma questa volta Veronesi cambia gioco e, malgrado il titolo, stavolta la narrazione scorre lineare senza sobbalzi o strappi narrativi. (AGI)
CAU