È uscito per la casa editrice Fox&Sparrows il romanzo “Il giro di Stoia” di Alessandro Mocenni in cui viene raccontata la tematica dell’esodo istriano-dalmata da un nuovo punto di vista. Quello della generazione successiva, ovvero dei figli dei profughi e dei rimasti. Ogni anno il 10 febbraio in Italia si commemora questa drammatica vicenda. Per un lungo periodo questa tragedia è stata usata come mezzo di scontro politico e i trecentocinquantamila profughi sono stati accusati di aver fatto quella scelta perché fascisti. Un errore grossolano. Molti di quei profughi, anzi, erano antifascisti e moltissimi gli apolitici. Semplicemente avevano deciso di vivere in Italia tra gente con le stesse tradizioni, usanze e lingua. Altri decisero di rimanere. Tanti di loro non ci sono più. C’è però una seconda generazione, i figli dei profughi e degli italiani rimasti. Di questa seconda generazione molti hanno preferito soprassedere sulle proprie origini, altri non hanno mai dimenticato da dove provenissero. Tanti di loro non sono mai tornati nella terra degli avi, ma una parte ha continuato a frequentare quei luoghi vivendo come stranieri a casa propria assieme ai rimasti. È una vicenda poco conosciuta. Nel romanzo Il giro di Stoia, Alessandro Mocenni, giornalista e saggista, racconta, attraverso una gara di tuffi del 1982, la storia di un gruppo di questi ragazzi di tredici-quattordici anni, alcuni nati in Italia, altri a Pola, nell’ultima estate, vissuta tutti assieme, in un anno emblematico per l’Italia e anche per la Jugoslavia che di lì a poco sarebbe esplosa, e del loro destino quasi quarant’anni dopo. Un viaggio nel recente passato della città principale dell’Istria che, attraverso il microcosmo di uno stabilimento balneare e delle sue vicende umane, ripercorre gli avvenimenti che hanno segnato Pola, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla dissoluzione della Jugoslavia e alla nascita della Croazia. (AGI)