(AGI) – Palermo, 18 feb. – Se è fondato il teorema per cui è facile strappare un siciliano dalla Sicilia ma è impossibile strappare la Sicilia a un siciliano, Catena Fiorello Galeano (cognome materno aggiunto da qualche anno) ne è un’ulteriore prova, perché nella sua opera narrativa è sempre in Sicilia che torna, benché viva da molto tempo a Roma. In particolare il richiamo è quello di Letojanni, il paese dei fratelli Fiorello che vi trascorsero la prima infanzia. E proprio all’infanzia è dedicato il nuovo romanzo Ciatuzzu (Rizzoli), da considerarsi uno spin off del fortunato Picciridda uscito sei anni fa, nonché il secondo titolo di una trilogia che riguarderà ancora il tema dell’infanzia negata e che per protagonista avrà una bambina come la Lucia di Picciridda o un bambino qual è Nuzzo di Ciatuzzu. Anche loro, vittime e artefici di una storia di emigrazione che li emancipa affrancandoli dalla Sicilia, sono al pari dell’autrice legati alla terra natale nel verghiano “ideale dell’ostrica” che staccata dallo scoglio si perde in mare aperto, quello che Andrea Camilleri indica quale destino della diaspora siciliana. Se è fondato il teorema per cui è facile strappare un siciliano dalla Sicilia ma è impossibile strappare la Sicilia a un siciliano, Catena Fiorello Galeano (cognome materno aggiunto da qualche anno) ne è un’ulteriore prova, perché nella sua opera narrativa è sempre in Sicilia che torna, benché viva da molto tempo a Roma. In particolare il richiamo è quello di Letojanni, il paese dei fratelli Fiorello che vi trascorsero la prima infanzia. E proprio all’infanzia è dedicato il nuovo romanzo Ciatuzzu (Rizzoli), da considerarsi uno spin off del fortunato Picciridda uscito sei anni fa, nonché il secondo titolo di una trilogia che riguarderà ancora il tema dell’infanzia negata e che per protagonista avrà una bambina come la Lucia di Picciridda o un bambino qual è Nuzzo di Ciatuzzu. Anche loro, vittime e artefici di una storia di emigrazione che li emancipa affrancandoli dalla Sicilia, sono al pari dell’autrice legati alla terra natale nel verghiano “ideale dell’ostrica” che staccata dallo scoglio si perde in mare aperto, quello che Andrea Camilleri indica quale destino della diaspora siciliana. Ciatuzzu celebra questa condizione fatalistica evocando, nell’articolazione dei suoi personaggi e delle scene, un romanzo fondativo dell’irriducibile legame tra i siciliani e la loro origine, ovvero Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini, lo scrittore che curiosamente assomiglia in maniera impressionante al padre dei fratelli Fiorello e che fu cantante, animatore e mattatore della stessa vena del figlio Rosario. Il “signor custode” del cimitero, il “signor Pippo”, la “signora con i capelli rossi”, i quattro malviventi tarchiati, i due ragazzi che contano soldi tra le tombe sono figure in bozzetto ritagliate su quelle vittoriniane colte anch’esse nel camposanto di Neve, il paese della madre che nulla ha di diverso, se non perché montano, della Leto della Fiorello.
Lo stesso senso di morte aleggia in Ciatuzzu circonfuso nel sentimento più che vittoriniano del “mondo offeso” e del “dolore del mondo”, sindrome che Catena Fiorello rialbeggia in una deprecazione del tempo, quello degli anni Sessanta fatti di emigrazione, di povertà, di bambini soli e di bestemmie. La recriminazione contro i “due compari Lassù” (Dio e il Figlio Gesù), colpevoli di un destino collettivo di derelizione, “ladri di anime egoisti e bugiardi”, stinge un lamento comune che nel piccolo Nuzzo prefigura la consapevolezza che “la colpa era solo della malefica donna con la falce” e non di Dio che è buono. La colpa non solo di avergli rubato la madre ma anche di aver portato via il padre nelle miniere di Charleroi, la città belga dove andrà anch’egli a vivere e a rivivere entro uno schema mentale nel quale la vita “dall’altra parte”, cioè in Belgio, è analoga alla vita “nell’Altra Parte”, che è la morte. Il passaggio da Leto a Charleroi, da una vita all’altra, come per un conradiano superamento della linea d’ombra, è segnato dall’autrice da un’accelerazione del racconto che diventa quasi una mera cronologia di eventi. “È vero – dice Catena Fiorello all’AGI – nel momento del passaggio dall’età infantile a quella della preadolescenza e dell’adolescenza il ritmo accelera. Ciatuzzu vive effettivamente il precipitare degli eventi, che accadono con una velocità incredibile. Quando lui è bambino, vive un tempo lento, volutamente lento, perché desideravo far entrare i lettori nella sua vita, nel dolore per la morte della madre, accompagnarli a conoscere anche la bellezza del posto dove vive, il mare che lo accompagna sempre, sentire il suono delle onde, percepire la sabbia sotto i piedi. E poi, nella seconda parte, quando arriva in Belgio, la sua vita procede quasi per salti, se la deve mangiare a morsi, deve fare presto, deve darsi da fare. La vita diventa tutta un rincorrere le opportunità che gli si presentano, occasioni che deve acchiappare al volo. Per cui questa accelerazione non è solo voluta, ma necessaria”. Necessaria anche per distinguere due mondi, il primo dei quali è quello fatato e cristallizzato di Leto, dove si compie la passione di Nuzzo decenne. Non rassegnato ad aver perso la madre, va ogni giorno al cimitero, trascurando la scuola, nella speranza di rivederla realmente, perché la nonna gli ha detto che ha solo cambiato casa. Lì conosce, oltre a una galleria di figure emblematiche, appunto vittoriniane, un altro frequentatore che gli insegna a rimemorare la madre con gli occhi del cuore: fino a quando il padre non lo porta con sé in Belgio volendo che vada con profitto a scuola e sfugga alla maledizione della miniera e della miseria, destino nel quale rischiano di cadere i due fratelli, anche loro emigrati in Belgio, ma salvati poi da una presa di consapevolezza che coincide con il loro ritorno a Leto e l’apertura di una ditta edile in Via IV Novembre 62. L’indirizzo è proprio quello della nonna materna di Catena Fiorello, nonché la casa, molto modesta, nella quale i fratelli Fiorelli crebbero al cospetto del vulcanico genitore.In quella casa – dice la scrittrice – sono avvenute tante cose importanti. Mia nonna Catena D’Amore ha lottato per la sua dignità di donna, vedova con quattro figli a carico, e ha lavorato spaccandosi la schiena. Per tutta la vita è andata a pulire le campagne dei nobili, dei ricchi, fino a Mongiuffi Melia, che è un paesino in montagna dove c’è il santuario della Madonna della Catena, ma mai una volta si è lamentata o ha commiserato se stessa. Mai. In quella casa ho sentito racconti di tutti i tipi, racconti folli, belli, gioiosi, tristi, angoscianti. Mia nonna era una donna che accoglieva tutti, peccatori, non peccatori, traditori, fedifraghi, poeti e saltimbanchi. Tutti. Era una donna molto amata che sapeva ascoltare e aveva una bellissima abitudine: non giudicava mai. Lei stessa era stata, diciamo, una donna libera, emancipata. Aveva messo al mondo mio padre senza avere un marito. Vedova di guerra con tre figli, si era innamorata di un uomo che non poteva essere padre di mio padre. Aveva portato avanti la gravidanza, facendo da madre e da padre a mio padre. Ci tenevo a ricordare la sua figura, citando la strada, l’indirizzo giusto per parlare di vita, di dolore, di sacrifici”.
Via IV Novembre potrebbe dunque essere il teatro di un nuovo romanzo, quello appunto di Catena D’Amore: “Ci vorrà molto tempo per scriverlo – dice l’autrice. – Ma ci penso da anni e so che lo farò, anzi ho anche il titolo, ‘La generala’, perché mia nonna era chiamata così, lo stesso epiteto che ho dato alla nonna di Lucia in Picciridda. La vita di mia nonna è stata oltre l’immaginabile. Altro che femministe dei nostri tempi, lei femminista lo era nei fatti, nella sostanza”.
Il secondo dei due mondi ricostruiti in Ciatuzzu è quello dell’avvenire e della speranza, contrapposto all’altro dell’infelicità e del dolore. Vittorini cede il posto a Vitaliano Brancati degli Anni perduti e del sogno di una nuova vita lontano dalla Sicilia. In Belgio Nuzzo Lo Porto riscatta la propria condizione di siciliano. “Nuzzo riesce a sentirsi parte del tessuto sociale – spiega Catena Fiorello – e capisce che, sebbene in molti apostrofino quelli come lui ‘macaroni’ o ‘ritals’, ci sono anche persone come i vecchietti che lo invitato a guardare la tv a casa loro, o la sua insegnante, che comprende il suo disagio, gli fornisce il coraggio e la forza per andare avanti, gli strumenti per imparare il francese e, assieme, l’amore per lo studio. Ciatuzzu in Belgio studia, si laurea in medicina, e riconosce al Belgio, che all’epoca era dotato di politiche sociali all’avanguardia, quanto ha fatto per lui”. (AGI)