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Letteratura: morto l’autore albanese Ismail Kadaré

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Dopo un esordio nella poesia che gli valse ampi riconoscimenti, Kadaré acquisì notorietà internazionale con una produzione narrativa in cui, cogliendo le aspirazioni profonde del suo popolo, elaborava motivi storici e leggendari dell’Albania. Tra i principali romanzi: ‘Il generale dell’armata morta’ del 1982, sulla pietosa ricerca delle salme dei caduti italiani; ‘La città di pietra’ del 1991, su un episodio della guerra partigiana; ‘Il palazzo dei sogni’, anche questi del 1991, che ripropone l’impero ottomano come simbolo del dominio straniero e del potere che arriva a controllare i sogni dei suoi sudditi. Candidato più volte al premio Nobel per la letteratura, nel 2005 gli è stato assegnato il premio Man Booker, e nel 2018 il Premio internazionale Nonino.
Dopo la laurea a Tirana e gli studi specialistici a Mosca, soggiornò in Cina, negli Usa e in Francia, dove nel 1990 ottenne asilo politico. Nel 1992, con la caduta del regime, tornò in patria. Negli anni Novanta la sua produzione è proseguita copiosa sulla falsariga dell’allegoria storica. In ‘Da un dicembre all’altro’, ha raccontato la sofferta decisione di lasciare l’Albania. In ‘La piramide’ viene rievocata la storia della costruzione della piramide di Cheope come metafora di un totalitarismo utopistico in nome del quale furono commesse enormi atrocità (Premio Grinzane Cavour nel 1998).
Nel 2003 ha pubblicato ‘La figlia di Agamennone’, in cui descrive i freddi ingranaggi del regime comunista albanese, invadente anche nella sfera personale. (AGI)