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Legge Zan eticamente necessaria ma praticamente inutile

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di Antonino Gulisano

Non mi sono molto interessato sulla questione del ddl Zan. Lo faccio in questa occasione della interferenza della Santa Sede verso uno Stato sovrano e libero.

È molto giusto che i reati contro i cittadini Lgbt siano equiparati a quelli motivati dal razzismo e dall’odio religioso, anche se il reato e le aggravanti sono già previste dall’ordinamento e la maggiorazione della pena purtroppo non cancellerà i comportamenti criminali, come la Legge Mancino non ha cancellato il razzismo o l’odio religioso.

Il disegno di legge Zan che prevede l’inasprimento delle pene contro i crimini e le discriminazioni nei confronti di omosessuali, transessuali, donne e disabili è un provvedimento necessario, doveroso ma, io temo, sul piano pratico, completamente inutile. Necessario perché in una società moderna i reati dettati dall’omofobia è giusto che siano equiparati a quelli motivati dal razzismo e dall’odio su base religiosa. Ma il ddl Zan è anche uno strumento inutile perché non sarà certo l’aggravante della pena, di una pena quindi che è già prevista nei codici, a impedire i crimini e le discriminazioni contro i cittadini Lgbt.

Pestare a sangue un essere umano è un crimine a prescindere dall’orientamento sessuale o religioso della vittima, ma nel caso in cui la motivazione sia vile e spregevole, cioè se il crimine è stato dettato dall’omofobia, è già previsto che sia punito maggiormente con le aggravanti. Più controversa è la questione legata alla cosiddetta identità di genere, contestata non solo dai settori più retrivi della società o dalla Chiesa cattolica, ma anche dalle femministe storiche che dopo aver lottato per l’emancipazione della donna preferirebbero non essere trattate di nuovo come una minoranza da proteggere. La proposta Zan, su questo punto, è soltanto una solenne presa di posizione pubblica, una specie di post indignato per le brutture del mondo. Gli oppositori del ddl Zan, invece, sostengono che questa proposta vuole imporre l’idea che la biologia non esista e che ciascuno possa decidere quando, come e tutte le volte che vuole se si sente uomo o donna o altro, e che la società deve adeguarsi di conseguenza. Questa cosa, in realtà, nella proposta Zan non c’è.

Ripercorrendo la filosofia di Hegel ci si imbatte nella sua “Fenomenologia dello Spirito”, che tratta della questione del riconoscimento. Nella famosa triade dell’IO si pone sempre come il suo alter ego il NON IO, per poi tornare nella sintesi dell’auto coscienza. Ma il riconoscimento avviene sempre dall’IO fuori dall’IO, cioè da un altro IO. Tu sei Nino affinché gli altri ti riconoscono come Nino e non altro.

Le due visioni, il pensiero laico e il pensiero religioso, si differenziano per due concezioni diverse. In quello religioso il principio è nella natura, nel pensiero laico il principio è quello illuminista della ragione come concetto. Un esempio elementare: si può procreare se non si incontrano le due cellule necessarie per la procreazione, ovulo e spermatozoo? In natura avviene in un rapporto fisico che può avere implicazioni sentimentali, ciò che si definisce amore, o che è sancito da un rapporto stabile di unione tra un uomo e una donna. Esiste anche una procreazione fuori dal rapporto fisico tra una donna e un uomo, ma deve avere un mezzo anche eterologo che crei l’occasione dell’incontro delle due cellule: l’ovulo e lo spermatozoo. Nel nuovo concetto laico e razionale due soggetti possono decidere di convivere e scegliere la loro relazione, che viene normata dalla legge.

Una società libera non può che lasciare al singolo individuo il diritto di scegliere se vivere da uomo o da donna e di cambiare idea, cosa che in Italia è garantita anche in assenza di ddl Zan, ma è altrettanto vero che quella scelta individuale non può essere imposta a tutti gli altri che hanno altrettanto diritto di andare in bagno o su un palco o in carcere senza doversi confrontare con qualcuno che ha deciso, magari temporaneamente, di negare la biologia.

Poi c’è il famigerato articolo 4, che nella logica del ddl Zan nasce per rassicurare chi è preoccupato che la sua proposta limiti la libertà d’espressione, riconoscendo, dunque, che qualche problemino o rischio c’è. Solo che la formulazione dell’articolo è infelice, ai limiti dell’inaccettabile: «Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Andrebbe scritto al contrario, il ddl Zan: anche sui temi Lgbt, la libertà di espressione è assoluta e insindacabile, fatte salve le condotte idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

Se la strada del disegno di legge contro l’omofobia è sgombrata da dubbi e perplessità lo si deve al presidente del Consiglio Draghi, il quale con poche parole, secche, ancora una volta ha dato la linea. Non a caso parlando al Senato il presidente del Consiglio ha di fatto respinto l’offensiva del Vaticano contro il disegno di legge Zan e, «senza entrare nel merito», ha ricordato che siamo «uno Stato laico e non confessionale» e che «il Parlamento è libero di legiferare». Punto. Senza alzare la voce o intonare toni laicisti o mangiapreti che pure si sono molto ascoltati in queste ore, di fatto Draghi si è quanto meno assunto l’onere di sbloccare una situazione complicata.

Sgombrando la strada da dubbi e perplessità, una volta di più il presidente del Consiglio si è rivelato leader politico a tutto tondo. Assumendosi la responsabilità di rischiare quello che sarebbe potuto diventare un incidente di percorso molto serio, Draghi ha messo la dignità dello Stato laico davanti ai giochetti della politica.