AGI – La terza serata del Festival di Sanremo, quella dedicata alle cover, comincia con l’omaggio a Lucio Dalla da parte dei Negramaro, tutto molto bello, bisogna ammetterlo, anche se poi scegliamo la pillola sbagliata offerta da Giuliano Sangiorgi in versione Morpheus e capiamo che Sanremo è solo una versione beta di Matrix ideata da Pippo Baudo.
È il Sanremo dei monologhi, non c’è dubbio, ne fa uno anche lo stesso Sangiorgi, non si capisce granché, ma a quanto pare i Negramaro giocheranno domenica col 5-5-5. L’esibizione si conclude con “Che il mondo torni ad essere meraviglioso!”, ma poi Amadeus rassicura che prima delle due il letto non lo vediamo.
Grandi ringraziamenti all’orchestra da parte di Amadeus, questa è la sera in cui è chiamata a votare: “Non potremmo fare a meno di voi” dice il conduttore, anche perché senza di loro Sanremo diventa una videocall.
Fiorello si fa tagliare i baffetti sul palco perché gli hanno detto, a ben ragione, che sembra Massimo D’Alema, a lavoro finito diventa Carlo Ancelotti, esteticamente non fa sto gran salto di qualità, ma forse prenderebbe più voti. Quasi tutte le esibizioni hanno riportato problemi tecnici evidenti, il nuovo capo dello staff dell’Ariston si giustifica dicendo che, sa com’è, “Le brutte intenzioni, la maleducazione…”.
La mezzanotte è passata da 22 minuti quando inquadrano Monica Guerritore che parte con un altro monologo, ottima idea per tirarci un po’ su; serve da introduzione al momento di Achille Lauro, questo perché piove sempre sul bagnato.
La notizia è che questa “Penelope” non è affatto male, come al solito di troppo invece la scenografia stile live di X-Factor e, come al solito, anche il video in cui se la canta e se la suona da solo; lui filosofeggia ma sembra la pubblicità di un profumo.
All’01:37 del mattino, mentre ancora mancano tre esibizioni, Amadeus dichiara orgoglioso che il Festival “Entra nelle case di più di 20 milioni di famiglie nel mondo”, ai termini di legge, vale come confessione?
La serata la vince nuovamente Ermal Meta, mettendo una seria ipoteca sulla vittoria finale, anche perché, anche non dovesse essere il preferito della sala stampa che voterà domani, e non dovrebbe esserlo, sabato si va al televoto e la sua fanbase è un esercito compatto che non fa prigionieri.
Però, attenzione, è interessante notare come i voti dell’orchestra abbiano sparigliato le carte della classifica parziale dopo le tre serate: Meta e Annalisa rimangono ai primi due posti, guadagna il gradino più basso del podio Willie Peyote, cui brano dopo i preascolti era dato tra i favoriti per il premio Mia Martini, ciò vuol dire che è uno di quegli artisti che alla stampa specializzata piace. E se stampa e popolazione indie, là fuori, si compattassero per spedirlo in cima? Sarebbe un mondo stupendo.
Noemi feat. Neffa – “Prima di andare via” – Voto 0: Neffa torna dopo anni di silenzio, nel frattempo lo ritroviamo uguale a Tim Roth, fisicamente e anche come cantante. Non azzecca un attacco né una parola di una canzone, tra l’altro, sua. Riguardate bene il video della fine dell’esibizione, quando consegnano i fiori di rito ad una raggiante Noemi, osservate bene il suo sorriso, avete presente quando avete litigato con la vostra compagna e siete costretti ad andare a cena fuori con gli amici, non potendo così sfogare subito la rabbia? Avete presente quell’inquietante sorriso nel volto della donna che amate? Quel sorriso che vi dice che siete morti? Quella smorfia da serial killer che non vede l’ora di arrivare in macchina per farvi esplodere la testa? Ecco…
Fulminacci feat. Valerio Lundini e Roy Paci – “Penso positivo” – Voto 6,5: Fulminacci, forse anche per bilanciare la seriosa “Santa Marinella”, decide di reinterpretare “Penso positivo” di Jovanotti. Si fa accompagnare sul palco dal trombettista Roy Paci e dal genio comico Valerio Lundini con il quale ha organizzato una simpatica coreografia minimal, un piccolo show nello show, una cosa che non solo ci fa conoscere un po’ meglio il giovane fenomeno del cantautorato italiano, ma che negli anni passati ha anche fatto la fortuna al festival di diverse canzoni, rendendo certe esibizioni memorabili; vedi Daniele Silvestri con “Salirò” o Francesco Gabbani con “Occidentali’s Karma”. Tutto ben organizzato, ben confezionato, molto bello, molto funzionale; peccato che il regista Stefano Vicario, che ha già toppato malamente durante la prima serata le esibizioni di Max Gazzè e Madame, ci nega di assistere alla performance. Muove le telecamere come se non avesse idea di cosa stava succedendo sul palco, arranca dietro alla canzone faticosamente, indugiando spesso su inutili primi piani delle coriste o di Roy Paci, che impreziosisce il tutto, ok, ma al quale in quel set spetta la parte di attore non protagonista. Risultato: a noi arriva solo l’interpretazione del brano, ben fatta, ok, ma che si declina nelle nostre case al 50% del potenziale. Un errore grave che si aggiunge ad altri errori gravi commessi in tutte e tre le serate, un lavoro degno di una tv locale.
Francesco Renga feat. Casadilego – “Una ragione in più” – Voto 4,5: Secondo specifica richiesta della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Renga e Casadilego si esibiscono terzi, questo perché superate le 23, per legge, un duetto tra Renga e Casadilego diventa tentato omicidio.
Extraliscio feat Davide Toffolo con Peter Pichler “Medley Rosamunda” – Voto 6: Sanremo si trasforma in una balera, uno di quei posti in cui vai una volta, ti ubriachi come uno scaricatore di porto uzbeko e ti riprometti, lasciando il locale, di tornarci sicuramente; fai anche una lista mentale di chi ci vorresti portare, ma non ti vedranno mai più. Ecco, l’effetto è quello: una canzone diverte, specie nella scaletta del serioso Sanremo, alla seconda, da sobri, vorresti correre verso lo spigolo più appuntito di casa. Detto ciò, sono tra i migliori outsider sanremesi degli ultimi vent’anni, ma meglio se accompagnati con qualcosa di forte.
Fasma feat. Nesli – “La fine” – Voto 5: Fasma e Nesli più che un duetto suona come uno snack. Poi tutto sarebbe andato meglio se Nesli fosse venuto davvero e non avesse mandato al suo posto Antonio Candreva. Qualcuno si dimentica di accendere il microfono di Fasma, a metà pezzo interviene Amadeus per bloccare l’orchestra, ed ha ragione, non è giusto che solo loro lì in sala si subiscano la canzone: se si soffre, si soffre tutti.
Bugo feat. Pinguini Tattici Nucleari – “Un’avventura” – Voto 6,5: Il pezzo lo attacca Bugo, da solo, e ci viene il dubbio, per la prima volta nell’ultimo anno, che forse c’aveva ragione Morgan. Per fortuna poi intervengono i Pinguini, che riescono a lasciare sempre la loro impronta, qualsiasi cosa facciano tutto si pompa, diventa un gioco, anche graffiato, scoordinato, chissenefrega. Sul palco sembrano due ragazzi che non si sono mai visti in vita loro e che si incontrano in un karaoke all’apice della sbronza, si divertono come matti e, di conseguenza, ci fanno divertire.
Francesca Michielin e Fedez – “E allora felicità” / “Le cose che abbiamo in comune” – Voto 4: Si ripete lo stesso schema della prima sera: la Michielin fa il suo, Fedez anche, quindi decide di devastare senza pietà la perla di Daniele Silvestri; vuole fare il crooner ma gli viene fuori il boss delle cerimonie. Avrebbe potuto funzionare il tocco di simpatia che volevano aggiungere con “Felicità” e “Fiumi di parole”, se non fosse che l’esecuzione, da parte di entrambi, è stata un disastro sotto ogni punto di vista possibile.
Irama – “Cyrano” – Voto 5: Ma si…ravviviamo lo show con un po’ di Guccini, che fa sempre varietà. Scherzi a parte, Irama canta la canzone in maniera semplice, asciutta, senza approfittare dell’occasione per lasciarsi andare a un guizzo. Forse l’esibizione è da considerarsi duetto con Massimo Di Cataldo, nel quale Irama si sta evidentemente trasformando.
Maneskin con Manuel Agnelli – “Amandoti” – Voto 7,5: Vi immaginate i Maneskin e Manuel Agnelli che cantano “Amandoti” degli CCCP? Ecco, esattamente quello che si è materializzato sul palco del Festival. Una cover coi fiocchi, i ragazzi (e includiamo ovviamente anche Agnelli vestito come Shaquille O’Neal in “Kazaam”) hanno schitarrato, hanno sudato, hanno cantato con veemenza, sono stati bravi. Ma alla fine a vincere, bisogna dirlo, è il brano, uno dei più belli mai stati scritti nella nostra lingua.
Random con the Kolors – “Ragazzo fortunato” – Voto 2: Random non è pronto per palchi così importanti, forse neanche per palchi più piccoli, forse nemmeno per la sua stanzetta usando una spazzola per microfono. Nemmeno gli apprezzabili spunti musicali dei the Kolors, per l’occasione con Luis Muriel alla voce, riescono a salvarci da tutto ciò.
Willie Peyote feat. Samuele Bersani – “Giudizi universali” – Voto 6: La combo è micidiale, poteva diventare esplosiva, è quello che ci aspettavamo, ma Willie Peyote non rappa. La canzone è semplicemente eseguita, e se Bersani è Bersani, indiscutibile, come sempre, e parliamo di “Giudizi universali”, un altro capolavoro assoluto della storia della nostra musica, Willie Peyote non è un cantante. Ma canta lo stesso, e l’effetto è quello di chi ha idea di come si canta ma non lo fa per mestiere. Il fatto è che da uno come Willie Peyote, che ha rivoltato come un calzino il “Bombarolo” di De Andrè, ci saremmo aspettati che inserisse qualche barra qua e là, per creare un corto circuito, un petardo, qualcosa che rendesse l’esibizione un vero e proprio incontro tra due grandissimi artisti. Invece purtroppo sa di ospitata, l’esibizione vive della canzone, fortuna vuole che parliamo di una gran canzone e che stasera Bersani non aveva di meglio da fare.
Orietta Berti feat. Le Deva – “Io che amo solo te” – Voto 5,5: Non sappiamo chi siano Le Deva e non ci sentiamo in colpa per questo, sappiamo solo che sono un evidente omaggio alle All Saints, il che ci piace assai. L’esibizione fa molto Domenica In, Oriettona si è vestita come un Lindor ma non sbaglia una nota. Ok, non sarà cool, non sarà avanguardia, non sarà modernismo, ma non stecca una nota in una serata in cui sono stonati anche gli applausi finti.
Gio Evan feat. I Cantanti di The Voice Senior – “Gli anni” – Voto 4: In scena Gio Evan, definito “il profeta di Instagram” da quelli del bar sotto casa per prenderlo in giro, si presenta con un completo giacca e pantaloncini corti di rara bruttezza, è evidente che punta al diversivo. Vorremmo commentare anche quei tizi alle sue spalle, ma siamo tra i tanti che non hanno visto, e lo rivendicano con orgoglio, nemmeno un istante di The Voice Senior. A occhio possiamo dirvi che abbiamo riconosciuto tra loro Maurizio Mattioli e Nicola Berti, ed entrambi cantano meglio di Gio Evan.
Ghemon feat. Neri per Caso – L’essere Infinito – Voto 7: Irama tenta di intrufolarsi sul palco travestito da Ghemon ma evidentemente lo hanno placcato prima perché quando Ghemon inizia a muoversi capiamo che non può essere che lui, non c’è una sola persona sulla faccia della terra che si muove con tale magnetica disarmonia. I Neri per Caso restano fantastici, esattamente come ce li ricordiamo tutti, quando ipnotizzarono l’Italia intera con il loro “Techetè”, qualcuno ci spieghi perché sono stati scaricati dalla discografia con tale nonchalance. L’esibizione è uno spasso, loro sono freschissimi, bravissimi, non è che semplicemente cantano a cappella, reinterpretano qualsiasi cosa e la fanno risplendere. Ghemon in questo gioco si inserisce con timidezza, non andando oltre, non strafà e anche questa è stata una buona idea.
La Rappresentante Di Lista feat. Donatella Rettore – “Splendido Splendente” – Voto 8: La rappresentante di Lista non solo ci offre un gran momento di musica, ma anche un gran momento di spettacolo. Ma non solo, anche un salto in un passato in cui la nostra musica produceva capolavori di tale portata, proponeva personaggi che erano miti veri, spregiudicati, con un furore dentro che li spingeva sempre a dire qualcosa, a prendere una parte, a diventare paladini di qualcuno. Tant’è che la Rettore entra, spacca tutto e se ne va, portandosi dietro tutta la nostra malinconia.
Arisa feat. Michele Bravi – “Quando” – Voto 7: Questo crossover tra Pino Daniele e Peter Pan è affascinante, sembra una versione alternativa del video del brano girata da Tim Burton. Loro cantano bene come sanno fare, ma anche stavolta senza alcuno spunto divertente, originale, alcuna rielaborazione, o a Sanremo o al compleanno della zia di Michele Bravi sarebbe stata la stessa cosa.
Madame – “Prisencolinensinainciusol” – Voto 8: Se la scelta di portarsi sul palco il cast di “Grease” funziona tanto quanto, troviamo addirittura geniale mandare in onda negli schermi dell’Ariston una serie di studenti in DAD che sbattono i pugni sulle scrivanie a tempo del pezzo. Peccato che Vicario non vuole che li vediamo, rovinando l’ennesima esibizione della serata. Tra l’altro, deve proprio stargli antipatica sta ragazzetta, perché ci viene ancora il mal di mare a pensare alla performance della prima serata, con quegli zoom improvvisi e scoordinati. La canzone è realizzata benissimo, ottimamente riarrangiata, ma soprattutto lancia un messaggio preciso, ci ricorda che c’è un mondo là fuori e che sta andando a scatafascio, dove esistono anche ragazzini ai quali stiamo stracciando in faccia l’adolescenza. Madame adolescente lo è, non se lo dimentica, e rende omaggio al disagio di tutti quei coetanei che attendono pazientemente in casa il tana libera tutti.
Lo Stato Sociale feat. Francesco Pannofino ed Emanuela Fanelli – “Non è per sempre” – Voto 10: L’idea di far cantare Sam Rockwell è controversa, ma Lo Stato Sociale è una realtà unica nel panorama musicale italiano, proprio perché bada al contenitore ma non dimentica mai il contenuto. La canzone era una sfida ed è stata vinta, ma a loro fregava, è evidente, la parte in cui hanno provato a sensibilizzare il pubblico, per la prima volta in questo festival in maniera dichiarata e plateale, verso il problema dei lavoratori dello spettacolo, senza dubbio la categoria di lavoratori che più di tutti hanno subìto i colpi inferti al mondo del lavoro da questa pandemia; e che non sono stati trattati da professionisti, ma come bambini che sbattevano i piedi perché volevano continuare a giocare in un momento poco opportuno. Che poi è un problema che si riflette direttamente sulle nostre vite, su quella parte della nostra anima fondamentale da salvaguardare, per restare umani, ma nessuno sembra capirlo. Solo per questo i regàz di Bologna, che di fatto sacrificano la carta dei duetti per lanciare un messaggio politico, anziché trovare l’ospite giusto con il quale cazzeggiare a favore di camera, meritano il massimo dei voti.
Annalisa feat. Federico Poggipollini – “La musica è finita” – Voto 4,5: Più che un brano, una spiegazione alla presenza di Annalisa a Sanremo. La accompagna Mauro German Camoranesi, bravo, ma che continuiamo a preferire sulla destra. Non c’è niente da fare, questa ragazza senza cognome sarà intonata ma non arriva. Un’altra performance che finisce dritta dritta dentro una cassaforte gettata in fondo all’oceano dei nostri ricordi. Adieu.
Gaia feat. Lous and The Yakuza – “Mi sono innamorato di te” – Voto 8,5: Ecco cosa ci si aspetta dalla serata delle cover: un’idea. La versione del capolavoro di Tenco proposta dalle due ragazze viene ripulita dal dramma e si trasforma in un qualcosa di ugualmente struggente ma più etereo, intimista, quasi sussurrato. La modella congolese Lous and The Yakuza poi rende meravigliosa qualsiasi cosa tocchi. Bravissime.
Colapesce e Dimartino – “Povera Patria” – Voto 8: Ci vuole coraggio a fare gli equilibristi su un brano di Battiato, specie di questo spessore, prendersi la responsabilità di andare a cantare “Povera Patria” in faccia a milioni di italiani. Chissà se almeno Colapesce e Dimartino, che si fanno umili portatori di un messaggio ben preciso, sono riusciti a risvegliare qualcuno dal torpore. Questa è la musica della quale avremmo tanto bisogno, quella che non da ma toglie, quella che apre uno squarcio, una ferita. Il momento del verso cantato da Battiato, che fa da base ad un bellissimo sguardo tra i due amici, visibilmente emozionati, è come se chiudesse in goal l’azione della squadra siciliana. Tutto molto commovente.
Coma_Cose feat. Alberto Radius e Mamakass – “Il mio canto libero” – Voto 5,5: Si sente palpabile la voglia di cantare questa canzone, molto complessa, forse anche un po’ troppo. Forse sarebbe stato anche d’aiuto approfittare della serata per portarsi dietro qualcuno che potesse aiutarli facendo da ponte tra Battisti e l’universo Coma_Cose. Resta ammirevole la passione, la necessità, ora che sono arrivati fino all’Ariston, di chiudere i conti con quella “Anima Lattina”, grazie alla quale oggi sono al Festival. Purtroppo, proprio perché conosciamo molto bene le potenzialità espressive del duo milanese, ci sa di occasione sprecata.
Malika Ayane – “Insieme a te non ci sto più” – Voto 6,5: La scelta è quella di proporre una versione del brano intimista, forse poteva andare ancora più in fondo e, per esempio, rinunciare ai tre ballerini, uno dei quali, tra l’altro, ne siamo quasi certi, è Irama.
Max Gazzè con Daniele Silvestri e la Magical Mistery band – “Del Mondo” – Voto 9: Alta scuola, un pezzo rimesso in piedi in maniera artigianale da chi, nonostante gli anni passino e a poco a poco si cominci ad assomigliare a Jeff Goldblum, vedi Gazzè, si continua a divertire con la musica, anche quando si affrontano dei brani duri come questo dei C.S.I., concepiti per lanciare messaggi precisi, dei quali loro oggi si fanno portatori. Gazzè non è andato a Sanremo per vincere, lui ha già vinto.
Ermal Meta feat. Napoli Mandolin Orchestra – “Caruso” – Voto 6: Anche in questo caso la scelta è quella di non togliere né aggiungere nulla al brano di Dalla, giocarsela sul sicuro, con una delle canzoni più amate e cantate da noi tutti. È una scelta, noi riteniamo più giusto, anche per dar senso alla serata cover, essere un tantino più audaci, ma le scelte degli altri son così, sono degli altri e si possono discutere fino ad un certo punto, specie se poi, tutto sommato, la canzone la canti in maniera pulita, senza enormi sbavature. Decisamente più opinabile la scelta di vestirsi come Bison di Street Fighter.
Aiello feat. Vegas Jones – “Gianna” – Voto 5: L’impressione è che di questa canzone il cantautore calabrese non abbia capito sto granché, soprattutto per gli ammiccamenti pseudo sexy manco fosse in un video di Ricky Martin di vent’anni fa. La performance sale di livello con le barre di Vegas Jones, uno con numeri straordinari. Ma non basta, specie alle due di notte.
Source: agi