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LE MILLE E UNA NOTTE DI LOLLO

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Nove giorni di festa e mirabilia per Francesco Lollobrigida, ex cognato d’italia. Prenotata l’intera isola di Ortigia per il G7 Agricoltura e per un gigantesco Expo chiamato “Divinazione”. In prima fila Al Bano e il cerimoniere Bruno Vespa

di Carmelo Caruso

E’ un G7 Lolloland con tutta la destra, i ministri, “a cavallo”, 193 stand, stampa internazionale. Meloni viene ma “solo” per Expo Il settore agricolo è angosciato per la peste suina, e ci sono granchi e lingue blu, peronospera, brucellosi … ma l’ex cognato vuole sbalordire Il cinismo da Mitterrand ciociaro, gli addii dei collaboratori, due anni di divieti, polemiche, proposte spericolate, la nuova vita da ex cognato Ha la sua corrente di partito, ha curato gli accordi territoriali, le liste, custodisce i segreti. Cerca adesso la catarsi. Meloni lo vuole a Chigi
Roma. Festeggia a Siracusa l’addio al melonato, la separazione con la moglie Arianna, celebra al G7 Agricoltura la nuova vita da ex cognato e le sue vere deleghe: Francesco Lollobrigida, ministro delle parate, del brindisi e delle danze. Ha chiesto per l’evento la mungitura delle vacche in mondovisione, desidera l’elicottero per sorvolare la Sicilia assetata, invita il cerimoniere di stato Bruno Vespa come testimone di parentela differenziata. Adesso è il Di Caprio di Subiaco, il Grande Gatsby con la damigiana di Frascati. Il suo simbolo di partito non è la fiamma ma la trombetta di fine sera, l’expo Agricoltura lo chiama “Divinazione”, il ministero dell’agricoltura è il suo stuzzicadenti con l’oliva. Giorgia Meloni, per allontanarlo dalle fattorie, sta riflettendo, e seriamente, se affidargli le materie di Raffaele Fitto, impiegarlo a Palazzo Chigi, sotto le amabili cure di Fazzolari, il colonnello Kurtz, il vegetariano. Potrebbe promuoverlo per non farlo muovere, impiumarlo per spiumarlo e fa sapere che sarà oggi in Sicilia ma “solo” per aprire l’expo Agricoltura, l’evento collegato, e non il G7. Adesso che è il fuoriuscito, l’esule, Lollobrigida pretende spazio sulla stampa internazionale, intende spiegare che Meloni lo ha nominato ministro per lo ius “me so’ fatto il mazzo” e non per lo ius Arianna, cuoco di granchi blu, compagno di biciclettate di Andrea Giambruno, l’altro ex, l’ex fuorionda. Per il suo G7 kermesse, che si tiene a Ortigia, ha preteso nove giorni di vanità sfrenata, una marcia civile, la presenza delle partecipate di stato, le coreografie del maestro Peparini, dell’étoile Eleonora Abbagnato e di Michele Satriano, primo ballerino dell’opera di Roma. Si emette pure un francobollo G7 Agricoltura perché il ministro affranto, si affranca.
Sono i suoi giochi d’acqua, i giochi del Gatsby con la damigiana, e vengono accompagnati dalle note di Al Bano perché Lollobrigida sente che “nell’aria c’è già, la nostra canzone d’amore che va”. Ci sono anche i tavoli di lavoro moderati da Nicola Porro, Pietro Senaldi, Roberto Napoletano e il gran premio nazionale del “G7 trotto e galoppo”. Non è un G7, ma è il rave techno del peperone, 600 delegazioni convocate, 193 stand, una Lolloland con tutta la destra di governo a cavallo: Santanché, La Russa, Schillaci, Calderone, Urso, Del Mastro, Musumeci, Ciriani, Abodi, il neo ministro Giuli, sua eccellenza il Dannunzino, che suggerisce: “Cari, fagocitiamoci di cultura”. Per stabilire chi dovesse tagliare il nastro del bis evento, G7 ed Expo (il G7 è stato abbinato con l’expo; è un Lollo doppio malto) si stava quasi per riunire un Cdm che solo Meloni ha evitato: “Vengo io. Basta”. Da tre mesi, l’ex cognato scorre la lista delle televisioni estere invitate al G7 ed Expo “Divinazione” e ai collaboratori, i sopravvissuti, dice: “Dobbiamo uscire, dobbiamo uscire ovunque, all’estero, all’estero”. Ha promesso anche alle formiche: “A Siracusa, vi stupirò”. Meloni, che lo ha sentito, stava per avere un mancamento. In un post, di giovedì sera, il ministro delle parate ha commentato le previsioni del tempo, ringraziata sorella pioggia che abbevera il suo G7, “acqua preziosa per spegnere la sete che la terra siciliana ha patito”. I suoi follower, i fan, lo hanno redarguito, ricordato che in Emilia-romagna la pioggia non è preziosa ma dolore, impreparazione nazionale. Il Gatsby con la damigiana si attende milioni e milioni di applausi, come i milioni che distribuisce alle filiere, milioni e milioni per vongolari, trattoristi, forconisti. Sono i milioni che il Lollobrigida minore, Manlio Messina, vice capogruppo di FDI alla Camera, ha speso da ex assessore al Turismo della Regione siciliana, oltre 23 milioni per spot sulle reti televisive, per esportare la Sicilia sulla Croisette, a Cannes, e pure alla decadenza estetica; la Sicilia che ora accoglie l’ex cognato, lo spiumato. La Sicilia sta a Lollobrigida come Long Island all’eroe di Fitzgerald, è la sua villa delle feste, il parco giochi della corrente turistica, la corrente di FDI, di Lollo, la corrente che vive al massimo. Gli iscritti, gli eletti, sono i turibolari del ministro e hanno il curriculum: provate competenze di scialo, in regioni e comuni, abiti da gagà, pubblicità sui netwooorks, all’americana, alla Jonny Stecchino. Il settore agricolo è angosciato per la peste suina, e ci sono granchi e lingue blu, peronospera, brucellosi … ma l’ex cognato deve sbalordire perché come dice Arianna, che lo ha lasciato, informandoci, “l’amore è un’altra cosa”, e nel caso di Lollobrigida pure il ministero. Prima vengono le cerimonie, le promozioni, che l’ex cognato ha affidato a Marco Bruschini, già in Enit, nuovo dirigente di Agebil, l’agenzia che valorizza il ministero dell’agricoltura, le attività ludiche del ministro, un uomo dalle tante proposte spericolate, l’ultima, a giugno: “Ho proposto di trasformare la padella in racchetta di padel”. L’intero ministero dell’agricoltura è stato trasferito, e si spera non in treno, con il Frecciarossa, a Siracusa. Tutto il ministero continua a scambiare l’isola di Ortigia, il centro storico di Siracusa, per una città, e ringrazia “il sindaco di Ortigia”, al punto che i siracusani, sfiniti, hanno ricordato: “Ortigia è l’isola di Siracusa! Capito?”. Per la gloria, la parata, ci sono esercito e fanfare presenti, e sarà impedito il centro storico, Ortigia, invaso da tendoni, plexiglass, macchine agricole. Dice un residente: “Alla fine forse saremo tutti felici, ma al momento siamo tutti incazzati”. E’ da giorni che l’ex cognato impagina quotidiani, rilascia dichiarazioni per garantire
“non sono isolato”, “non lo sono”, prova a strappare la mala pianta dei giornalisti che fanno “gossip”, i maramaldi, gli edotti, su cui aveva già detto ogni cosa Meloni, nel suo libro, “Io sono Giorgia” (Rizzoli): “Se sanno fare il loro lavoro, i giornalisti non sono amici tuoi”. E’ da quando si è insediato il governo che Lollobrigida è il ministro “ma lo sai che Lollo…”, lui che a Subiaco, il paese di origine, dove non si possono fare domande (l’inviata di “Piazza Pulita”, Roberta Benvenuto, lo ha mostrato) è chiamato “lo stallone di Subiaco”, onorificenza che il suo staff rivendica più della targa da ministro dell’agricoltura, delle cerimonie e del brindisi. E’ da quando si è insediato che il Gatsby con la damigiana fa il saputo d’italia perché non è vero che l’ex cognato non sappia comunicare. Al contrario. Quando deve dare una notizia la dà in uno speciale modo. Se ripete la domanda che gli viene posta è una conferma che l’indiscrezione è vera. Da inizio legislatura, prima di fuoriuscire da casa Meloni, si muove come il latifondista Don Lollò di Pirandello, della Giara, “occhi lupigni e guance rase”, ma dopo essere andato in Turchia, per rinfoltire la chioma, da allora è l’ataturk del cuoio capelluto, lo stallone di Ankara. In Italia il pelo, evidentemente, non germogliava. Sovranità? Prima di essere l’ex cognato esibiva il cinismo da Mitterrand ciociaro, nato a Tivoli (due fratelli, uno frate, Don Maurizio, ex ultra della Lazio) lontano parente della Bersagliera, Gina Lollobrigida, ex consigliere provinciale che nel 2000, insieme a Meloni, invocava l’istituzione di un comitato di saggi per una valutazione sulla veridicità e l’obiettività dei testi scolastici. Come in Francia, Lollobrigida propone di abbassare le accise sull’alcol, perché “lo fanno in Francia”, ma la Francia gli serve quando deve attaccare la sinistra che non beve vino italiano, ma “champagne”. Merde! Prima di incoronarsi ministro delle cerimonie, il Gatsby con la damigiana, per mesi, si è convinto di essere il duro pasta e fagioli e anche il Foglio aveva riconosciuto che era lui “il corazziere” di governo, il libro mastro: “Chiedete a Lollo; se ne occupa Lollo”. Dopo quelle che Arianna Meloni ha definito “cattiverie”, i veleni, sparsi dal suo stesso partito, Lollobrigida a una richiesta di intervista rispose: “Perdonatemi, ma un po’ di rispetto, apprendo di avere perso uno dei tanti figli che la stampa mi ha attribuito”. Ed era il sagace di FDI anche dopo le scivolate sulla sostituzione etnica, l’accusa di Elly Schlein che gli dava del suprematista bianco, accusa a cui replicava: “Non sentivo questa parola da quando ho visto John Belushi nei Blues Brothers”. E’ anche pedagogo. Il consiglio ai ragazzi, il suo, è che se “devi farti una canna devi farla bene”, e parlando di Maria Rosaria Boccia, la non consigliera di Sangiuliano, l’ex cognato ha ritrovato l’antica boria: “Purtroppo non ho avuto il piacere di approfondire la sua conoscenza”. Ora che è ex, libero, Lollobrigida si libera anche del limite. Al Masaf, il ministero, il bilocale Lollo, nomina ex collaboratori dirigenti attraverso interpello, come nel caso della sua ex portavoce Barbara Catizzone, o dell’amico di paese, Massimiliano Rossi, l’ex assessore ai Lavori Pubblici di Subiaco. A colpi di allontanamenti, “quel dirigente non mi piace, mandalo via, trovategli un altro ruolo”, Lollobrigida ha reso arido un ministero ma da ministro parla di piante da seme. Sono andati via capi di gabinetto, vice capi di gabinetto, capi segreteria, dirigenti, commissari straordinari, ha modificato geneticamente incarichi come la multinazionale Monsanto modifica il mais. Anna Nastri, che ha lavorato con Claudio Lotito, l’editore latinorum, l’angelo Rizzoli della Cassia, da capo del cerimoniale internazionale del ministero svolge ormai il compito di portavoce, dopo le dimissioni di Paolo Signorelli, ex capo ufficio stampa di Lollobrigida, un altro che da ministro ha sacrificato, uno che ha obbedito al partito, all’ex cognato, uno che ha provato a dire: “Ministro, ma sei sicuro? Ministro, non pensi che sia meglio, per me, stare dietro?”. Signorelli si è dimesso e non risulta che il partito, la grande comunità di FDI, gli abbia permesso di ricominciare altrove. E’ stato immolato come in Grecia i figli dei sovrani. Signorelli aveva preso il ruolo di Antonella Giuli, la sorella d’italia, e del ministro Giuli, sua eccellenza il Dannunzino, la donna che per anni ha seguito Lollobrigida, e che lo ha protetto, ingentilito, allontanato questuanti, fatto passare per un sapiente, Lollo come Andrea Malraux. E sia detto con rispetto, ma sia detto: povero quel paese, quella leader, che pensa che un ex capogruppo come Lollobrigida sia impossibile da sostituire. Divieti contro la carne coltivata, decreti per vietare i vini dealcolati (che arrivano in Italia ugualmente, dall’estero) leggi per imporre piatti di formaggio nei menù dei ristoranti, prezzi di materie prime imposte dallo stato come nell’unione Sovietica; altra promessa dell’ex cognato ad Agrifood, a luglio: “Noi stabiliremo il costo medio di produzione”. I pescatori che hanno ascoltato quest’ultima grande idea si sono guardati e hanno detto: “E se la giornata è buona, le reti piene, il pescato tanto, come si fa con il prezzo medio di produzione? Chi se lo compra se non abbassiamo il prezzo medio imposto?”. Da due anni si ride, ma è un riso malandrino, del Gatsby con la damigiana, del suo treno Frecciarossa che, da ministro, ha fatto fermare a Ciampino, “fermata Lollo”, e si è riso del suo “per fortuna, quest’anno la siccità ha colpito il sud e la Sicilia”, del “quante guerre si potevano evitare con cene ben organizzate” o della pasta italiana inviata nello spazio con diretta Rai. Ora che è l’ex cognato, solo ora che ha perso il filo di Arianna, solo ora torna, agli occhi di tutti, Lollo Beautiful, l’apicoltore, che da presidente di Azione studentesca, nel 1997, organizzava la guerra “contro la scuola di regime”, contro l’allora ministro Luigi Berlinguer. Si è infatti sempre vantato di essere stato “il capo di Giorgia”, distribuiva volantini particolari che si trasformavano “in simbolici bombardieri di carta”. Ed era forse preferibile l’antico rispetto all’ex cognato stoccafisso che taceva il pomeriggio dell’aggressione a Benedetto Della Vedova da parte di Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti, l’associazione Bocconi del Gatsby con la damigiana, la Coldiretti che ha elevato a sua accademia. Arrivato al ministero, l’ex cognato si è intestardito, “voglio fare il miele”, perché con il miele si poteva scattare le foto da contadino diretto, e purtroppo non è servito a nulla l’avviso dei dirigenti di lasciar perdere. Solo ora si scopre che le api hanno invaso i corridoi del ministero, solo ora si scopre che le vespe hanno sterminato le api di Lollo. E’ un altro dettaglio insuperabile come l’innesto dei capelli che ha afferrato Simone Canettieri, insuperabile, sul Foglio, il dettaglio che ha raccontato il governo vanità, il governo che inciampa sulla presunzione.
Solo ora si può parlare, liberamente, della sua ultima richiesta da G7, a Siracusa, la mungitura delle vacche (il Financial Times al posto della greppia?) il volo in elicottero per osservare la terra colpita, gli eventi collaterali (il concerto di Noemi, il 15 settembre, organizzato nell’ambito “Benvenuto in Sicilia G7 Agricoltura e Pesca”) le sue mille e notte da Lollo. Tra gli invitati a questo G7 gli sarebbe piaciuto accogliere perfino Massimo D’alema dopo aver ottenuto la disponibilità del cerimoniere Vespa, padre Vespa, che ogni sera, su Rai 1, intona il pontificale, l’adoremus Meloni. Dove c’è una parata di governo c’è anche Vespa e Vespa non cammina, ma incede, non adula ma incensa, dove c’è Lollobrigida c’è invece la politica grassa, prodiga, la moneta manza, mansueta, la moneta pulita dal selvaggiume del lavoro, c’è la politica che lubrifica i rapporti territoriali. In molti, compresi i parlamentari di FDI, si sono chiesti perché il G7 si tenesse a Siracusa e in tanti si sono dati la risposta, meglio, l’hanno vista. Nelle riunioni preparatorie era presente il deputato di FDI, Luca Cannata, il massaio dei voti di quel pezzo di Sicilia, che è passato da FI a FDI. Non è transitato solo lui, è passata anche la sorella, Rossana, ex deputata regionale siciliana, oggi sindaco di Avola (si è scambiata il ruolo con il fratello, fino al 2022 il sindaco era il deputato) e come regalo di matrimonio, accordo politico, Lollobrigida ha scelto, ed è una decisione insindacabile, la città di Siracusa. E’ troppo facile trattare Lollobrigida come l’ex cognato. Troppo facile dire come dice Arianna: “Lollobrigida è un bravo ministro”. Lollobrigida è molto di più. E’ il problema irrisolto di FDI, di casa Meloni, è il rapporto irrisolto di una leader che riesce ad assemblare solo classe dirigente femminile. Non è vero che Meloni non ha dirigenti, Meloni li ha, ma sono donne, gli uomini sono solo schiacciabottoni e ingravidabalconi. I più bravi, i pochi, sono replicanti di Meloni mentre il più ascoltato è Fazzolari, il colonnello Kurtz. E’ una donna la sola di cui Meloni si fida per maneggiare i segreti di stato (Belloni), è donna la sola che tiene il suo telefono (Scurti), è donna la vera segretaria del partito (Arianna Meloni), è donna il suo riferimento internazionale che ha indicato Fitto commissario (von der Leyen). Poi ci sono gli uomini. Poi c’è Lollobrigida, il cinico, che nelle prime sere disperate di governo, a Palazzo Chigi, risolveva: “Dite a Giorgia che ci penso io”. Tutti i parlamentari di FDI hanno sempre voluto essere come lui, e non perché fosse il cognato di Meloni. Con cerimonie e parate, Lollobrigida ha impastato la corrente dei Gatsby con la damigiana e ha sempre mostrato il ghigno perché la chiave dei sotterranei di FDI la tiene lui. In cantina le sorelle Meloni mandavano Lollobrigida, ed era Lollobrigida che trattava i passaggi dei deputati, era Lollobrigida che metteva il bollo sulle liste, lui che doveva fare il crudele, occuparsi di miserabilità, era lui che da capogruppo lottava per fare prender sul serio un partito allora minore come una lista civica. Era il naturale rivale di partito di Meloni se non fosse stato il cognato. Il G7 è la sua danza baccante, Siracusa la sua catarsi. Cerca qui l’incavo, la cava del Teatro greco, la grotta che Dionisio usava per rinchiudere, e origliare, i prigionieri. L’orecchio di Lollobrigida è la caverna di governo, Lollobrigida è l’eco delle sorelle Meloni, Eco che nel mito si perdeva, innamorata di Narciso.

Fonte: Il Foglio