Il problema dell’eutanasia investe sia il piano materiale dell’immanente, terreno della politica, sia la questione spirituale, che non è da meno, investendo il piano del trascendente e quindi la dimensione spirituale dell’esistenza. La decisione sarà affidata al referendum
di Anna La Mattina
L’Europa ed anche il nostro Paese, si stanno interrogando su una questione che, ancora una volta sta dividendo l’opinione pubblica, proprio come succede, nell’affrontare i grandi temi, inerenti la vita dell’Uomo (la U maiuscola è d’obbligo!)
Quando tali temi si sciorinano su di un tavolo, è ovvio che vi sono ragioni da entrambe le posizioni: i sostenitori dell’Eutanasia, come l’Associazione “Luca Coscioni”, guardano soprattutto alla condizione delle persone gravemente ammalate, che non hanno alcuna possibilità scientifica di invertire la tendenza del loro male in direzione di una guarigione, anche parziale, che consentirebbe loro una vita “degna” di essere vissuta, affrancata dal dolore e dalla sofferenza, che ne limita l’azione ed anche la dignità.
Ragion per cui, se la persona interessata, che vive in questa descritta condizione, decide di voler porre fine alla propria esistenza, deve essere messo nelle condizioni di farlo “legalmente”, nella più completa garanzia della riuscita dell’operazione, tutelando anche colui/colei (operatori sanitari, presumo) che darebbero esecuzione alla volontà dell’ammalato.
Ma pare che, dentro tale soluzione, potrebbe rientrare anche la volontà di “farla finita”, per la non accettazione di un male “incurabile”, ma soprattutto “inguaribile”, che certamente condurrebbe alla morte in atroci sofferenze e perdita della dignità, appunto.
I movimenti per la vita, in massima parte di ispirazione cristiana, sostengono invece che tale posizione è contraria al concetto di dignità umana, proprio perché negherebbe l’esistenza di un’anima, la parte “incorporea” dell’uomo e quindi ad una visione “trascendente” della vita stessa. Secondo queste persone, la vita è un gran mistero, così come lo sono il dolore, la sofferenza e la morte; sostengono che l’ultima parola non spetta all’uomo, ma a Dio stesso, il creatore, il datore della vita e che il dolore e la sofferenza siano in effetti “funzionali” ad una maturazione dell’anima, prima di consegnarsi alla morte e quindi di entrare in quel mistero insondabile che, per chi ha fede, rappresenta l’incontro con Dio o con qualcos’altro non bene identificato…
E si..! Perché la verità è che nessuno sa cosa ci sia dall’altra parte: soltanto i credenti lo sanno, per rivelazione di Gesù Cristo, che è morto e risorto e che ha promesso che un giorno sarà così per ciascun credente.
Al netto di tutto ciò, è evidente che dalla questione non se ne uscirà facilmente… poiché il problema dell’eutanasia investe sia il piano materiale dell’immanente, terreno della politica, sia la questione spirituale, che non è da meno, investendo il piano del trascendente e quindi la dimensione spirituale dell’esistenza. La destinazione sarà il referendum.
“Ammalarsi fa parte della vita. Come guarire, morire, nascere, invecchiare, amare. Le buone leggi servono alla vita: per impedire che siano altri a decidere per noi.” Questo è lo slogan che gira da parte delle associazioni che difendono il diritto ad una scelta libera sul fine-vita e che stanno promuovendo un referendum entro la primavera del 2022: hanno già depositato, a tale scopo, un milione di firme in Corte di Cassazione.
Aldilà delle posizioni dei due schieramenti, pro e contro, come tutte le questioni alte, scottanti, che riguardano la nostra vita (perché tutto ciò riguarda ognuno di noi!), vi sono alcune domande che sorgono spontanee… e non nascondo un certo personale imbarazzo, nel trattare un argomento così delicato, che non vorrebbe mai vedermi “schierata” da una parte o dall’altra. La questione è così delicata e complessa, che francamente non so come facciano le persone a proferir parola sull’argomento, con tanta facilità, senza che provino la sensazione di un magone, come quello che sto provando io mentre scrivo…
Mi chiedo “Chi e cosa” porteranno a stabilire quando è veramente il momento per definire insopportabile e “indignitoso” uno stato di vita, segnato dalla malattia: sarebbe necessario un testamento biologico della persona, mentre è assolutamente capace di intendere e di volere, immagino! Perché non credo che nessun altro abbia il diritto di farlo! Questo dovrebbe essere ben chiaro nella legge.
Altra riflessione: siccome le cose umane non sono mai state semplici nella storia e l’uomo ha dato sempre prova del peggio di sé, mi sorge spontaneo il dubbio, circa le maglie che si andrebbero ad aprire con una tale legge, se per caso non fosse scritta con il massimo del rigore possibile.
Per fare la parte del diavolo, potrei pensare al caso estremo in cui qualcuno volesse sbarazzarsi di parenti scomodi, ma comodi per il lascito dei loro beni… Sono esagerata? Ni!
Se gli italiani, nel prossimo referendum, dovessero esprimersi in maggioranza a favore dell’eutanasia, vorrei poter sperare in legislatori capaci e scrupolosi, in grado di scrivere una legge che garantisca proprio tutti… anche coloro che pensano che la vita e la morte, la gioia ed il dolore, siano degni di essere vissuti fino in fondo e, per questo, valori non facilmente negoziabili.