Si chiama “transizione ecologica” e rappresenta il processo per realizzare un cambiamento pervasivo di molti dei paradigmi sui quali è andata avanti finora la nostra società e che riguardano: lavoro, istruzione, impresa, ridisegnati in ottica di piena sostenibilità ambientale.
Lo sviluppo sostenibile, nelle tre dimensioni economica, sociale e ambientale, è il focus dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, declinato in 17 Sustainable Development Goals – SDGs, ovvero obiettivi di sviluppo sostenibile, e nei 169 sotto-obiettivi ad essi associati, di cui fanno parte quelli specificamente riguardanti misure ecologiche urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze, per conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine, per proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, per gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e per fermare la perdita di biodiversità.
Tutto, a partire già dal nostro stile di vita, dovrà concorrere a mantener fede all’Accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, di cui l’UE e i suoi Stati membri sono tra le sue 190 parti firmatarie, e agli ambiziosi obiettivi fissati dall’UE per il 2030: ridurre del 55% le emissioni di gas a effetto serra, raggiungere una quota di energia rinnovabile pari almeno al 32%, aumentare l’efficienza energetica di almeno il 32,5% tra i principali, che concorrono al più ambizioso di tutti, ovvero quello di andare verso un’UE a impatto climatico zero entro il 2050. E’ la cosiddetta Carbon Neutrality, ovvero la neutralità climatica, il punto in cui le emissioni di gas a effetto serra non superano la capacità del pianeta di assorbirle. Entro il 2050 l’Europa vuole diventare il primo continente a impatto zero sul clima. Vediamo come.
Digitalizzazione e transizione energetica sono due temi di fondamentale importanza in chiave innovativa, nell’ottica della riduzione dell’inquinamento. Per il nostro futuro sostenibile si punta su rinnovabili ed efficienza energetica, ma la transizione energetica e la sostenibilità ambientale devono andare di pari passo con la transizione digitale.
Le tecnologie hanno e avranno sempre di più un ruolo fondamentale nel nostro modo di vivere il mondo. Le emergenze ambientali, oltre a quelle economiche e sociali come quella che stiamo vivendo, spingono verso soluzioni ad alta tecnologia e nuovi modelli di business in ambiti quali:
Una strada necessaria alla transizione energetica, e che presuppone grandissimo uso di tecnologia avanzata: ma non solo. Il cambiamento deve essere anche sociale, deve riguardare nuove abitudini, una nuova educazione, una crescita economica sostenibile capace di contribuire alla competitività mondiale a lungo termine dell’economia dell’UE promuovendo l’innovazione nelle tecnologie verdi, e deve intervenire su lavoro e istruzione, adattandoli al progresso sostenibile, quello capace di agire sostanzialmente sul riscaldamento del pianeta, producendo benefici per la salute e l’ambiente a vantaggio di tutti i cittadini dell’UE: sono questi i punti fondamentali della Strategia a lungo termine dell’UE in materia di clima.
L’UE promuove e finanzia programmi che favoriscono lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie avanzate, e adotta politiche specifiche in tema di ambiente, come il Green Deal europeo, un piano di investimenti per un’Europa sostenibile che ha l’obiettivo di “Costruire un futuro a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici” e nell’ambito del quale è stata definita la Legge europea sul clima, per introdurre nella legislazione l’obiettivo della neutralità climatica dell’UE entro il 2050.
L’azione per il clima dell’UE è al centro del Green Deal europeo, per il quale sono stati stanziati 1.000 miliardi di euro per gli investimenti sostenibili nel corso del prossimo decennio. Gli scienziati avvertono: in mancanza di interventi urgenti, il riscaldamento globale rischia di superare di oltre 2°C i livelli delle temperature preindustriali entro il 2060 e potrebbe arrivare fino a 5°C in più entro la fine del secolo, con impatti devastanti e irreversibili sulla salute della terra.
L’azione per il clima comprende la legge europea sul clima, il piano degli obiettivi climatici 2030 per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, e anche un Patto europeo per il clima per coinvolgere i cittadini nell’azione per il clima, intensificando gli sforzi in materia di resilienza ai cambiamenti climatici, anche in termini di prevenzione e formazione, e garantendo che la società sia in grado di integrare azioni e prassi contro i cambiamenti climatici.
In Italia, in linea con direttive e obiettivi europei, è stato approvato a gennaio dal Consiglio dei Ministri il Piano nazionale di ripresa e resilienza – PNRR, noto in generale come Recovery Plan italiano, finanziato con 210 miliardi di euro, che darà attuazione al Programma Next Generation EU, il Piano per la ripresa dell’Europa varato per uscire dalla crisi e gettare le basi per un’Europa più moderna e sostenibile.
Il PNRR si distribuisce sui tre assi strategici condivisi a livello europeo di digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale, e riguarda sei missioni o aree tematiche strutturali di intervento: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica (a cui sono dedicati 68,9 miliardi di euro sui 210 complessivi); infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute.
“La transizione ecologica” – si legge nel PNRR – “sarà la base del nuovo modello economico e sociale di sviluppo su scala globale, in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Per avviarla sarà necessario, in primo luogo, ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e del Green Deal europeo; in secondo luogo occorre migliorare l’efficienza energetica e nell’uso delle materie prime delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria nei centri urbani e delle acque interne e marine“.
Un cambiamento che, se anche supportato da efficaci strumenti di policy, deve cominciare da ciascuno di noi.
Source: agi