di Costanza Braccesi
Il 14 Luglio 1811 il “Journal de Physique, de Chimie, d’Historie Naturelle et des Art” pubblicò l’articolo di Amedeo Avogadro (Torino, 9 agosto 1776 – Torino, 9 luglio 1856) in cui per la prima volta veniva formulata la legge che porta tutt’oggi il suo nome e che afferma che «a parità di condizioni di pressione e temperatura, volumi eguali di gas contengono un egual numero di molecole». Questa ipotesi, fondamentale per lo sviluppo della chimica moderna, ha fornito il supporto teorico indispensabile per determinare le masse molecolari relative dei vari elementi. Uno dei grandi meriti di questo eclettico scienziato e ricercatore (in realtà laureato in diritto canonico) sta nell’aver differenziato la natura delle particelle che costituiscono i corpi, distinguendo i concetti di atomo e molecola che fino ad allora erano stati usati come sinonimi. Come disse il premio Nobel Linus Pauling nel 1956: «Il lavoro di Avogadro costituisce la base di tutta la chimica teorica […]. Avogadro fu il primo uomo al mondo a sapere che l’acqua è H20, composta di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno».
Ma Amedeo Avogadro è stato anche un personaggio del Risorgimento Italiano, coinvolto in prima persona nella repressione seguita ai tumulti del 1821. Pur non avendo partecipato direttamente ai moti, fu rimosso nel 1823 dalla sua cattedra torinese di Fisica Sublime, con la motivazione ufficiale che l’università era «lieta di permettere a questo interessante scienziato di prendere una pausa di riposo dai pesanti doveri dell’insegnamento, in modo da essere in grado di dare una migliore attenzione alle sue ricerche».
Dal 1809 al 1819 Amedeo Avogadro fu professore nel Regio Collegio di Vercelli, e in quella città visse il periodo più creativo della sua straordinaria ricerca scientifica. Durante quegli anni vennero infatti pubblicate le sue opere più famose, in un campo, quello della chimica, che all’epoca cominciava a compiere i primi passi per diventare una scienza in senso moderno.
Fonte: indire.it/