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La Super League del calcio non è l'Nba (anche se guarda al basket)

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AGI – Una Super League in Europa esiste già ed è quella proposta dal basket d’élite. Si chiama Eurolega e vi giocano le squadre più forti del vecchio continente (allargato a Russia, Turchia e Israele) divise tra squadre fondatrici o dotate di licenza decennale, quelle con licenze pluriennale, le wild card (scelte con un sistema a inviti) e la “promozione” della squadra vincente (o finalista) dell’Eurocup, la seconda competizione europea per club.

Tra i membri attuali c’è l’Olimpia Milano che, proprio quest’anno, si è qualificata per i playoff che danno l’accesso alle Final Four, atto conclusivo della manifestazione. Alla stagione 2020-21 partecipano 4 squadre spagnole, 3 russe, 2 tedesche, 2 turche, 2 greche, 1 lituana, 1 italiana, 1 israeliana, 1 serba e 1 francese. 

Ed è a questo il modello a cui sembra guardare la nuova Super League proposta dai 12 club più ricchi del calcio europeo. Il concept previsto, invece, sembra assai lontano dalla Nba, la più nota lega cestistica (e forse sportiva) del mondo che ha regole profondamente diverse e difende strenuamente il concetto di “competizione” e “merito sportivo”.

Nel caso vada in porto, si può descrivere il progetto di Juventus, Inter, Milan, Manchester United, Manchester City, Liverpool, Chelsea, Tottenham, Arsenal, Real e Atletico Madrid e Barcellona come una lega privata a cadenza annuale la cui partecipazione è legata alla ricchezza e al blasone dei club. L’idea di base è un campionato europeo di 20 squadre, infrasettimanale, con girone all’italiana e playoff, una fase finale a eliminazione diretta e senza retrocessioni. 

LE GRANDI DIFFERENZE CON LA NBA

Per provare a capire quanto siano distanti le due realtà, si può partire dalla geografia. La National Basketball Association nasce nel 1946 per opporsi alla Nbl, sviluppatasi nel 1937. Entrambi i campionati ospitano le migliori squadre di basket degli Stati Uniti attraverso un sistema differente da quello europeo, molto eterogeneo, meno legato alle tradizioni locali e più incentrato su quelle nazionali.

I “Lakers”, per fare un esempio, oggi sono la squadra di Los Angeles ma in passato risiedevano a Minneapolis (in California non ci sono laghi se vi state chiedendo l’origine del nome). Seattle ha perso la sua squadra, i Sonics, che sono diventati Thunder e oggi risiedono a Oklahoma City. Questo avviene perché esistono le “franchigie” Nba che possono spostarsi da una città all’altra: sarebbe impossibile immaginare la Juventus lontano da Torino o il Real via da Madrid.

Ma le divergenze più evidenti riguardano il lato “sportivo” della competizione. La Nba ha escogitato due misure per evitare che alcune squadre diventino troppo più forti delle altre e per garantire un ricambio frequente al vertice.

La prima è il salary cap, ovvero nessuna squadra può superare il monte ingaggi prestabilito per i suoi giocatori (in caso contrario ci sono multe salate); la seconda è il draft, ovvero la possibilità di scegliere i giocatori “nuovi”, come una vera lotteria, puntando in prospettiva a quelli con più talento 

A scegliere prima, infatti, sono le franchigie che sono andate peggio la stagione precedente e che possono così rilanciarsi subito identificando un nuovo campione. In Nba non ci sono vivai (si pesca da università o dai giocatori in giro per il mondo) e i roster cambiano profondamente ogni anno. 

La Nba, inoltre, è una lega “governata” dai giocatori e non dai club. Non esiste la possibilità di “comprare” cestisti come avviene nel calcio, il significato di “plusvalenza” è sconosciuto, non ci sono debiti finanziari come li conosciamo da questa parte dell’oceano. Tutti concorrono per l’esportazione esterna, e quindi la vendita in ogni luogo, dell’intero prodotto e non del singolo club-giocatore. A

lla Nba, infine, non c’è alternativa: i campionati minori sono cosiddetti “di sviluppo” e non esiste una Serie A, una Liga o una Premier League che può fare concorrenza alla “Super Lega”.

LE SOMIGLIANZE CON L’EUROLEAGUE 

Nel giugno del 2000 nove squadre si staccarono dalla vecchia formula della “Champions League” di basket per formare la propria Lega. Real Madrid, Barcellona, ​​Baskonia, Olympiacos, Zalgiris Kaunas, Aek Atene e le italiane, Benetton Treviso, Kinder Bologna e Fortitudo Bologna, ne diventarono i membri fondatori.

Queste squadre si scontrarono con la Federazione internazionale di pallacanestro (Fiba) andando a formare l’Unione delle leghe europee di pallacanestro (Uleb) e la nuova competizione iniziò nella stagione 2000/01. La divisione durò appena un anno con molte squadre che, saltando sul carro del nuovo venuto, vi aderirono un anno dopo. Nel 2004 la vecchia competizione (denominata Suproleague) venne sciolta.

Nel 2105 si registra una nuova rivoluzione con la partecipazione garantita a 13 squadre per 10 anni, compresa l’Olimpia Milano e con l’invito esteso ad altre squadre partecipanti consegnando licenze minori (solitamente di due anni) o singole. A questo nuovo sistema si è affiancato un contratto televisivo del valore di 630 milioni di euro che ha fatto definitivamente decollare il progetto.

Qualche settimana fa, però, sette squadre si sono riunite in segreto ad Atene e, si vocifera, che nuovi cambiamenti potrebbero essere in atto. Ma stavolta si tratterebbe di novità a livello organizzativo e non si ipotizzano nuove scissioni. Ma tutto, il calcio insegna, può ancora accadere. 

Source: agi


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